Capitolo 9

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9. The game begins

Alex's pov  Non riuscivo a crederci

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Alex's pov
Non riuscivo a crederci. Avevo appena trascinato una ragazza nella mia macchina contro la sua volontà. Le ragazze per poco non imploravano di salire nella mia macchina e lei che fa? Si fa portare di peso.

Ma ovviamente lei non era una ragazza qualsiasi e avevo potuto constatarlo più volte da quando la conoscevo.
Conoscere è un po' esagerato, ma comunque la osservavo, senza che lei ne fosse a conoscenza.

La osservavo mentre litigava con l'armadietto la mattina, mentre si lamentava del peso dei libri o mentre correva per i corridoi come una forsennata. La osservavo anche a mensa, quando arricciava il naso perché non trovava niente che le piacesse o quando si guardava attorno in cerca di un posto libero.

Erano piccoli gesti, piccole abitudini che caratterizzavano Katherine Stewart.
Una piccola ragazza, ma con una grande forza che aveva affrontato due coglioni del terzo anno che le avevano rovinato la vita e l'allontanamento della sua migliore amica.

Quella ragazza era un mistero, un turbine di emozioni e contraddizioni e lo aveva dimostrato anche quel pomeriggio in mensa, quando era passata dallo scherzare con le sue amiche al lanciare frecciatine a Matt, facendolo rimanere anche male.

E Matt non era stato l'unico ad essere ferito dalle sue parole, anche il sottoscritto era rimasto alquanto scosso dalla domanda che aveva fatto.

Davvero non si fidava di me?
Beh, hai raccontato a mezza scuola come ha perso la sua verginità.
Mi ha chiusa in un bagno.
Perché tu hai fatto il coglione.

Anche il mio cervello mi dava torto, ero davvero così ingiustificabile?

«Come ti sei fatto quel livido?»
Mi girai di scatto verso di lei perché sembrava inverosimile che mi avesse rivolto la parola.

Eravamo in macchina da dieci minuti e la prima cosa che mi chiedeva era come mi ero fatto male?
Ripeto, quella ragazza era un mistero.

«Ho scherzato con la sorella del ragazzo sbagliato» mi toccai l'occhio sinistro.
Cazzo, mi aveva conciato proprio male.

«Sì, ho sentito di Xander» rise lei.

«Felice che il mio dolore ti provochi così tanta gioia» mi finsi offeso.
Dovevo essere arrabbiato, ma in realtà ero divertito.

Da quando avevamo dormito insieme, Katherine Stewart era diventata il mio chiodo fisso, la mia ossessione.

Non mi era mai capitato di rifiutare una ragazza, specialmente una ragazza bella come lei. Ma quella sera, nella mia stanza mi era sembrato giusto così perché non potevo violarla più di quanto avessi già fatto in passato.

Quando la mattina dopo lei confessò di non ricordarsi nulla, rimasi deluso.
Lei non ricordava niente, io, invece, ricordavo tutto. Ogni tocco, ogni carezza, ogni bacio. Come le nostre bocche si cercavano e le nostre labbra si sfioravano.

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