River of tears

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"Cos'è stato?"
Apro gli occhi nell'oscurità della stanza con l'intento di scoprire da dove provenga lo strano verso che mi ha svegliata.
La pelle d'oca a contatto con le lenzuola avvolte al mio corpo così ermeticamente da non permettere nemmeno ad un soffio d'aria di accarezzarmi, mi fa rabbrividire.
<<Ehi, l'hai sentito anche tu?>>
Nessuna risposta.
Mi giro dall'altra parte del letto tastandone prima il cuscino, poi le coperte che lo ricoprono ancora. Mi soffermo ad accarezzarle quasi potessero anch'esse svanire all'improvviso come hai fatto tu. Non ci ha dormito nessuno qui, tu non ci sei già da un po'.
Doveva essere Edvige: avevo sopprannominato così la civetta che aveva preso l'abitudine di appollaiarsi ogni notte su di un ramo, dirimpetto alla mia finestra, stridendo fino all'alba.
Mi alzo dal letto, stirandomi una volta seduta sul bordo. Appoggio i piedi scalzi sul parquet: mi era da sempre piaciuta la sensazione che provavo camminando a piedi nudi sul legno freddo, quasi fossi più a contatto con la natura.
Apro la finestra socchiusa per cambiare l'aria assai viziata. Viziata dallo stormo dei cupi pensieri che continuavano ad aleggiare nella nostra stanza, nella nostra vita ormai perduta, sul mio cuscino intriso di lacrime salate, un tempo dell'armonia di due anime legate dalla sintonia di due cuori che battono allo stesso ritmo.

Lost in the tide, I can't keep my pillows dry

Like there's a sea in my eyes.

Un brivido mi percorre la schiena non appena il vento leggero mi scosta con delicatezza i capelli dal viso. Il mio riflesso allo specchio tradisce le poche ore di sonno che mi hanno cullata in questa notte che deve ancora concludersi. Sono soltanto le cinque e fuori è ancora buio. Apro il cassetto in cui avevo riposto con cura tutte le mie sicurezze, non trovando altro che disordine e il maglione di lino color sabbia di cui avevo bisogno per sentirmi abbracciata. C'è ancora profumo di tue felpe qui, di fiori che giacciono ormai appassiti sul fondo, di eternità incisa su di un biglietto che ormai non conta più.

Still got the flowers that you sent
And the note you wrote that said that we were meant to be forever.
I keep them all as evidence
In a drawer under the mirror filled with empty promises.

Mi porto una mano tremante fra i capelli e continuo a girovagare per le stanze vuote della casa, accendendo e spegnendo le luci, come tu solevi fare entrando ed uscendo dalla mia vita quasi fosse una noiosa partita a Monopoly. Non avevo continuato ad ipotecare i miei sentimenti nell'attesa di un tuo ritorno e tu avevi deciso di non tornare. Avevi già ritirato i tuoi 500 al via. Avevi solo da perderci ora, giusto? Non valeva la pena restare.
Nemmeno per tuo figlio.
Ci eravamo trasferiti in un posto isolato su di un monte, non appena avevo concluso i miei studi al Liceo Classico, ed un giorno avrei voluto laurearmi, non so ancora bene in cosa. Non ho più interessi ora. Tu avevi abbandonato la scuola molto prima per lavorare; non che avessi mai avuto problemi a livello economico, solo non avevi la pazienza per stare sui libri. A me non era mai piaciuto studiare, eppure tutti lo credevano, essendo uscita con il massimo dei voti. Sono sempre stata una perfezionista, per questo mi ero dedicata tanto alla scuola e in realtà ad ogni cosa che avevo intrapreso fino alla sua realizzazione; a te compreso.
Schiudo la porta di nostro figlio per entrare a lasciargli un po' d'affetto, nel caso in cui gli manchi durante la notte.

Senza far rumore, gli accarezzo piano la guancia soffice, lasciandogli poi un lieve bacio sulla fronte, privo di conseguente schiocchio. Lo avrebbe svegliato come quella volta in cui, dopo aver discusso fino a perdere la voce, io ero ritornata a casa per risolvere il casino che avevano causato quelle parole colme d'odio. Finivamo sempre per non parlarci più. Rimanevamo in silenzio per giorni, non accorgendoci che la nostra relazione si stava infrangendo contro le solide mura del disincanto.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jun 28, 2018 ⏰

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