Me la sono davvero vista brutta, quel giorno, Hajime. Ho rischiato di morire a 16 anni.
Ero rimasto coinvolto in un incidente mentre tornavamo da scuola. Tu eri con me, Hajime, ma io camminavo di fretta per farti un dispetto, ed ero qualche passo avanti a te.
C'erano le strisce pedonali, mi sentivo quasi al sicuro, ho guardato di sfuggita prima di attraversare.
Un motorino passò troppo velocemente, e mi prese in pieno. Non so dirti esattamente dove, lo sentivo dappertutto. Seppi di aver sbattuto la testa, piangevo senza nemmeno rendermene conto, il ginocchio mi faceva male, Hajime, malissimo, come se mi avessero sparato sulla rotula.
Qualcuno gridava. Qualcuno eri tu.
Svenni con le tue grida che mi esplodevano nelle orecchie.
Quando mi svegliai non ebbi la forza di aprire gli occhi, però ero sicuro di essere sveglio. L'odore era quello del disinfettante e naftalina, tipico degli ospedali. C'era qualcuno vicino al lettino dell'ospedale. Percepivo l'ago della flebo sotto pelle, sentivo la carezza delle bende che mi avvolgevano le tempie, mi faceva male ovunque. Sentivo un po' di freddo, il vento primaverile proveniente dalla finestra aperta mi pungeva la pelle.
Tuttavia ricordo precisamente la tua presenza. Ti sentivo piangere. È stata la prima volta da quando eravamo bambini che non trattenevi i singhiozzi, Hajime. Le tue mani stringevano la mia destra fra le tue. Era una stretta calda, estremamente rassicurante.
Le tue lacrime mi bagnavano il braccio, le sentivo cadere morbide sul braccio e scivolare verso il lenzuolo bianco.
Il te piangente si figurò improvvisamente nella mia testa: ti immaginai con i capelli scompigliati, gli occhi verde-grigio lucidi, le guance arrossate, le labbra tremule.
Non ebbi il coraggio di sbriciare, perché avevo paura che avrei cominciato a piangere anche io, e non mi sentivo abbastanza forte per farlo.
Non so quanto tempo passò prima che parlassi. Mi stavo per riaddormentare, i tuoi singhiozzi si erano fatti più quieti, avevi il respiro leggermente affannato, mi sei sembrato esausto. Per quanto avevi pianto, Hajime?
Sentii la tua mano muoversi leggermente sulla mia. Intrecciasti le nostre dita e ci poggiasti la fronte con delicatezza, scottavi.
"Devi tornare da me, amore."
Pensai di averlo immaginato. La tua voce era debole, tremante, come te. Non stavamo ancora insieme, Iwa-chan, e tu non sai che a ogni lezione di fisioterapia ti risentivo per farmi forza. Era una canzone triste, ma troppo bella e necessaria. Era la mia forza, Hajime.
Comunque all'inizio non compresi perché mi avevi chiesto di restare con te. Sapevo di non essere esattamente in buone condizioni, ma ero messo davvero così male?
Seppi qualche giorno dopo che ero rimasto in coma per 3 giorni e 2 notti, mi ero svegliato mentre c'eri tu.
Non ho mai avuto il coraggio di chiederti se non fosse stata una fantasia.
Alla fine, me l'hai raccontato tu, sono passati due anni. Ci sono le stelle, Hajime, c'è la tua voce, il tuo calore, e il tuo odore.
"La prima volta che ti ho chiamato amore, camminavi sulla linea che c'è fra la vita e la morte."
E so di non essermelo immaginato.
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La prima volta che mi hai chiamato amore
FanfictionDel giorno in cui Hajime chiamò Tooru amore per la prima volta. *OS boy×boy, don't like don't read* Altamente angst.