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La mia analista ha detto che è meglio sia per me che per la mia salute ripercorre tutto ciò che è successo scrivendolo in una sorta di diario.
La mia analista dice che forse mi aiuterà e che, sottolineando sempre il forse, riuscirò a combattere tutti i miei mostri.
Troppi forse. La mia analista è stupida.
Dice che sono entrato in una sorta di "depressione post-traumatica", o una cosa del genere. Non ricordo e sinceramente non mi interessa più di tanto.
La mia analista che, da adesso in poi chiameremo Sophie (nome di certo migliore e di gran lunga più rassicurante del suo), mi ha consigliato gentilmente (quasi obbligato) di scrivere da quando tutto ciò è iniziato.
Ah, Sophie mi ha anche detto di presentarmi.
Mi sembra una cosa molto ridicola e senza senso, ma quello laureato in psicologia non sono io quindi: mi chiamo Richard e ho diciotto anni. Quando tutto iniziò, avevo circa sedici anni.
Come tutte le storie di terrore adolescenziali, anche la mia iniziò a scuola: la Frederick High School.
Scuola privata, piena di figli di papà con un carriera lavorativa già piazzata al termine degli studi.
E ovviamente io non facevo eccezione.
Mio padre era un famoso avvocato, il migliore dicono, e di certo io non sarei dovuto essere di meno.
Io però ero superficiale, stronzo, senza scrupoli e, modestamente, bello.
Credo che se non fosse successo quello che è successo, lo sarei rimasto per tutta la vita.
All'epoca avevo tre o quattro ragazze che mi giravano intorno come cagnoline.
Il tutto iniziò sulla tavolata della mensa, un mercoledì, a pranzo.
Ci ero seduto con tutta la mia compagnia. Ovviamente ora devo descriverla perché se no Sophie non è contenta. E di certo non ci tengo a vedere una Sophie arrabbiata.
La compagnia era composta da:
- Matthew: alto, biondo, occhi chiari. Era il mio migliore amico, uno di quegli amici con cui confidare di tutto ed era una di quelle persone che sanno sempre dire la cosa giusta al momento giusto. Possedeva tantissime case sparse per il mondo, alcune delle quali forse non ne sapeva neanche l'esistenza. Dai resoconti della polizia fu il quarto e ci mise due minuti.
- Johanna: capelli rossi e ricci. Era la tipica ragazza "peace and love", sempre amorevole con tutti. Questo suo comportamento però non oscurava la sua bellezza unica. Gli occhi verdi smeraldo risaltavano sulla pelle bianca come il latte e di certo il fisico non era di meno: aveva le curve nei punti giusti permettendole di vincere qualche concorso da modella e ad assistere a qualche sfilata d'alta moda in Europa. Era la mia ex ragazza delle medie. Dai resoconti della polizia fu la seconda e ci mise mezz'ora.
- Jason: capelli ricci e bruni, alto e con gli occhiali. Bravo ragazzo e di una simpatia discutibile, l'avevamo accettato nella compagnia solo perché era a quel tempo il ragazzo di Johanna. Lui fu il primo e ci impiegò meno di trenta secondi, era molto profonda.
- Dylan o, come preferiva essere chiamato lui, Dy: era il ragazzo più popolare della scuola ma anche il più stronzo. Non aveva peli sulla lingua e non esitava a dire quello che pensava in faccia. Era veramente bello:il ciuffo sempre portato all'indietro un po' alla Elvis Presley e il chiodo in pelle un po' vintage erano la sua "doppietta accalappia ragazze". Fu il terzo, dopo poche ore rispetto a johanna.
- Melanie: era la più intelligente del gruppo; sapeva tutto di tutti ed era appassionata di storia e di filosofia. D'altronde, buon sangue non mente, era figlia di un celebre professore di storia dell'università di New York. Ovviamente era anche una ragazza molto bella: i capelli biondi erano sempre raccolti in due trecce laterali dalle quali sfilava due ciuffi frontali, lasciandoli liberi. Portava gli occhiali, forse finti, ma che le donavano molto. È qui con me e anche lei sta scrivendo un diario del genere.
- Infine, non per importanza, c'era Gwen: appassionata di stelle e astronomia era vivace e solare. Questa caratteristica si poteva vedere nei suoi colorati capelli blu pastello che lasciava sempre sciolti. Ne andava molto fiera. Un must del suo guardaroba erano i jeans strappati, ce ne aveva di ogni forma e colore. Fu la quinta. Mancava solo mezz'ora all'arrivo delle autorità.
Oh finalmente ho finito con i presentamenti.
Dicevo: era un mercoledì ed eravamo alla mensa della nostra scuola, la Frederick High School.
Ho sempre odiato il mercoledì, lo consideravo (e considero tutt'ora) un giorno insulso.
Troppo lontano dal weekend per gioire del fatto che non ci sia scuola ma comunque troppo lontano anche dal lunedì impedendoti di sentirti malinconico (dato che, diciamocelo, il lunedì ti porta una sorta di tristezza che è difficile mandar via).
No, il mercoledì se ne sta li, in mezzo alla settimana, con quell'aria di insulso e priva di significato.
Comunque d'un tratto Matthew esordì: " Ragazzi allora, fra poco è estate e sapete cosa significa? V A C A N Z E " scandiva lettera per lettera e gli brillavano gli occhi dall'emozione.
Non era l'unico emozionato però: tutti noi aspettavamo con ansia l'arrivo delle vacanze e, stranamente ma per fortuna, tutti eravamo riusciti a passare all'anno successivo senza alcun debito.
Questo però era merito di Melanie e Tyler: Mel aveva aiutato me e Matt in storia e matematica mentre Ty aveva aiutato gli altri in materie come chimica o fisica.
Fatto sta che tutti avevamo almeno la sufficienza in tutte le materie: un vero e proprio gioco di squadra.
" Quindi pensavo " continuò Matthew " di fare una vacanza tutti insieme. "
" Mh bell'idea, ma dove? Hai qualche idea? " chiese Johanna.
" Aspettavo proprio sta domanda" un sorrisetto si formò sulle labbra del mio migliore amico. Tutti noi eravamo all'ascolto, curiosi di sapere che luogo gli era venuto in mente.
" pensavo di andare all'Isola dei girasoli. È una bellissima isola a solo un'ora d'aereo da qui. Dovremmo prendere un elicottero poi dal momento che non c'è un volo diretto " mentre parlava tirò fuori il cellulare e ci fece vedere l'isola. Era bellissima e non tanto grande. Era un puntino in mezzo al mare ed era costellata da piantagioni di girasole, facendola sembrare tutta gialla.
" In mezzo a quest'isola c'è un hotel a cinque stelle di cui mio padre è il proprietario. Non dovreste pagare niente, ovviamente. Che ne dite?"
Gli rispondemmo che ci avremo pensato e che avremo chiesto ai nostri genitori.
Ora devo andare Ben, (si, ho deciso di chiamare così il diario facendo finta di scrivere il tutto ad un mio ipotetico amico di nome Ben. Fa sembrare il tutto meno da pazzo ) Sophie vuole così e si è fatto tardi.
Devo risposare. Ci sentiamo domani. O forse dopodomani. Magari tra una settimana.
Stai sicuro di una cosa però: la storia continua, uh se continua, non siamo nemmeno all'inizio.
Buonanotte.

//spazio autore
ho voluto iniziare questa storia e spero che come primo capitolo vi piaccia. Fatemi sapere con un commento se il capitolo vi è piaciuto e lasciate, sempre se volete, una stellina. Il capitolo verrà pubblicato ogni domenica. Vi voglio bene

Marco

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⏰ Ultimo aggiornamento: Aug 20, 2017 ⏰

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