<<L'uomo non è fatto per la sconfitta. Un uomo può essere distrutto ma non sconfitto.>>
Leggo quelle parole senza espressione, come se non avessi colto qualcosa di importante di quella frase. Mi ritrovo con quel libro tra le mani, colmo di citazioni degli scrittori che hanno cambiato la letteratura, con lo sguardo fisso su quella frase e le sopracciglia aggrottate.
Come può un uomo distrutto non essere sconfitto?
Perché io sono stata distrutta, ma sento di non essermi ripresa mai del tutto, come se, appunto, fossi stata sconfitta. Ma forse sono io che sbaglio, forse è vero, niente può sconfiggerci davvero se non noi stessi. Non se noi ci arrendiamo al dolore, a ciò che ci ha distrutti.
<<Hemingway!>> Esclama Ally, improvvisamente, strappandomi dai miei pensieri, che ancora una volta mi hanno risucchiata.
Ally sta cercando di prepararsi ai test per il college, vuole studiare letteratura.
Sono ore che le sto leggendo frasi di scrittori diversi e lei li indovina tutti, non capisco come faccia ad avere ancora dei dubbi sul fatto di essere ammessa, io non ne ho. Insomma, ha ottimi voti, una passione per i libri e la letteratura, scrive magnificamente, non so cosa le faccia pensare di poter essere rifiutata al college. Le daranno quasi sicuramente una borsa di studio.
Chiudo il libro con un tonfo e la guardo negli occhi.
<<Basta così! Sei brava, smettila di dubitare delle tue capacità. Se non ti daranno quella borsa di studio saranno degli stupidi, perderebbero un talento naturale. Fidati, è ora di restituire questo libro alla biblioteca>> sospiro, allungandomi verso di lei per posarle il libro sulle ginocchia.
Il suo sguardo rimane fisso sulla copertina per svariati secondi, poi, sbuffando, si passa una mano tra i capelli scuri.
<<Non lo so. E se al test mi chiedessero qualcosa che non ho letto? Se dovessi improvvisamente cancellare tutto dalla memoria proprio in quel momento? No, meglio non correre il rischio>> farfuglia nervosamente, posando le mani sul libro per poi aprirlo e girare furiosamente le pagine.
<<Forse dovrei rileggerlo, magari c'è qualcosa che mi è sfuggito. Si, sicuramente.>>
Scoppio in una risata, guardando il suo modo di fare quando è nervosa. Poi mi sporgo ancora verso di lei e le rubo il libro dalle mani.
<<Ok. Basta. Sono ore che ripeti questo strazio. Sai tutto, Ally, per l'amor del cielo!>> Sbuffo una risata, alzando gli occhi al cielo.
<<Hei! Ridammelo subito, non scherzare>> esclama in tono minaccioso, socchiudendo gli occhi scuri in due fessure.
Il fatto è che lei non sa quanto io bene la conosca e che, di conseguenza, non mi fa paura il suo sguardo. Infatti, nel guardarla, mi scappa una risata.
<<No. Adesso ricontrolliamo le valigie per vedere se c'è qualcosa che abbiamo dimenticato. Ok?>>
Lo sguardo di Ally si fissa nel mio, sfidandomi, ci guardiamo per vari secondi, i nostri occhi comunicano da soli in una lingua sconosciuta al resto del mondo. Quando inarco un sopracciglio per farle capire che non ho intenzione di cedere dopo due maledettissime ore che siamo qui a ripetere Hemingway, le sorelle Brontë, Virginia Woolf, Jane Austen e via dicendo, lei con un sospiro cede.
<<Ti odio, lo sai?>> Sussurra a denti stretti nel mentre che, poggiandosi le mani sulle ginocchia, si dà una spinta per sollevarsi dalla sedia e raggiungermi a letto dove sono posate tutte le nostre valigie. Sono quattro, due valigie grandi e due piccoli trolley.
Mentre apro la cerniera della prima per controllare se non c'è niente che manca, di sottecchi noto una cosa che mi fa ridere mentalmente.
<<Ally>> la ammonisco a voce bassa.
La mora mi guarda con finta ingenuità ed io mi poso una mano sul fianco per farle capire che non ci casco.
<<Ti ho vista. Rimettilo a posto. Oggi stesso andiamo a restituirlo alla biblioteca.>>
Allungo una mano con il palmo aperto verso di lei, per invitarla a poggiarci sopra il libro degli scrittori che stava infilando nella valigia, sperando che io non lo vedessi.
Con uno sbuffo, si arrende nuovamente, ed io con un sorriso soddisfatto lo poggio accanto al trolley.
La vibrazione di un cellulare mi distoglie dalla lista che mi ero preparata mentalmente per controllare che fosse tutto apposto.
<<È il tuo>> afferma Ally, ancora impegnata ad aprire e chiudere gli scomparti della valigia.
Annuisco senza fiatare e mi sporgo sul comodino per raccogliere il cellulare. Quando mi ritrovo un messaggio da parte di Dylan, mi batto una mano sulla fronte.
<<Cacchio, mi ero dimenticata che dovevo vedermi con Dylan>> gemo frustrata.
Ally si gira di scatto verso di me e sorride come una stupida.
In queste ultime settimane, anche se è sempre stata dalla parte di Taylor, mi ha appoggiata molto nella relazione con Dylan. E quando vedevo lui arrivare quasi ogni giorno a scuola con una ragazza diversa, mi è sempre stata vicina come per paura che da un momento all'altro potessi rompermi.
Certo i primi giorni non è stato per niente facile vederlo con altre ragazze, sopratutto quando alternava ragazze che non conoscevo ad altre che avevo visto passare per i corridoi della scuola. Ma quando una mattina dal lato del passeggero della sua macchina è uscita Missy, il mio autocontrollo ha vacillato di non poco. Ma per fortuna lei era lì a sorreggermi come sempre.
In questo modo sono passate le settimane. Tre per la precisione.
La relazione con Dylan è andata avanti e posso dire di aver superato quasi del tutto quello che è successo con Taylor.
Forse è solo un meccanismo di difesa quello di convincermi di averlo dimenticato, così quando sarà pronto a colpirmi ancora per farmi del male, posso dire a me stessa che quello che proverò non è dato da quello che sento per lui.
<<Dovevamo salutarci.>>
Scuoto la testa mentre cerco di inventare una scusa da rifilare a Dylan per il mio ritardo.
<<Non verrà?>>
La mano fresca di manicure di Ally si posa sulla mia spalla e mi incita ad incontrare il suo sguardo. I suoi occhi mi scrutano comprensivi, come se volessero dirmi che lei comprende ciò che mi succede.
<<Non sono riuscita a convincere papà a trovare un posto anche per lui. È l'ennesima prova che per lui ciò che desidero io non conta niente>> sospiro rassegnata.
Rassegnata per il comportamento dovuto al carattere di mio padre, per ciò che inevitabilmente accadrà in questa settimana e per il fatto che dovrò passare questo tempo in stanza con Taylor.
Non credo che riuscirò a sopravvivere a questi sette giorni.
<<Mi dispiace>> mi sorride comprensiva e so che possono sembrare due parole dette perché è questo che si dice in queste occasioni, ma so che detto da lei e in questo momento per giunta, sapendo tutti i miei sentimenti e ciò che ho passato, non sono due parole scontate.
Mi lascio scappare un sorriso senza molto entusiasmo, ma glielo devo, e mi accingo a rispondere al messaggio di Dylan.
*Okay. Passa a prendermi appena puoi, ti aspetto.*
*Sono già da te.*
Quel messaggio mi strappa un sorriso istintivo ma, quando mi affaccio alla finestra e vedo la sua macchina, mi rabbuio.
È difficile da ammettere a me stessa, ma in quel momento ho dimenticato tutto e per un istante ho scordato che lì fuori non avrei trovato la solita Audi. Anche se sono passate tre settimane e la mia relazione con Dylan va alla grande, siamo insieme da quasi un mese, manca poco più di qualche giorno, ogni tanto capitano questi momenti che mi ricordano che lui non è e non sarà mai Taylor. Questa cosa mi butta giù ogni volta.
Mando giù il groppo che mi si è formato in gola, e prima di girarmi verso Ally, faccio un respiro profondo.
<<Beh, io devo andare. Dylan è qui fuori>> esordisco, girandomi verso di lei con un sorriso finto.
In quest'ultimo periodo, a furia di fare sorrisi falsi, sono diventata così brava che a volte riesco ad ingannare anche Ally. Oppure semplicemente lei è talmente delicata da non farmelo notare.
La mora annuisce e mi congeda con un abbraccio.
<<Torno presto. Non ho dimenticato la nostra serata tra ragazze. Sarò qui per le otto al massimo.>>
<<D'accordo, non preoccuparti per me.>>
Le rivolgo un ultimo, dolce sorriso e mi avvio alla porta, ma prima di richiudermela alle spalle, mi giro nuovamente verso di lei e le punto un dito contro.
<<Voglio che tu vada a consegnare quel libro alla biblioteca con o senza di me>> dico in tono minaccioso, sapendo bene che lei avrebbe rimesso quel dannato libro in valigia senza di me.
<<Ciao, ciao>> scoppio in una risata ed esco da casa mia, lasciandola sola, ma non prima di averle sentito pronunciare un "maledizione".
<<Ciao, tesoro>> mi saluta il mio ragazzo quando sono ormai seduta in macchina.
<<Ciao>> lo saluto con un sorriso e un bacio a stampo.
Questo è quello che mi piace dello stare con Dylan: la normalità, la monotonia, la sicurezza che portano inevitabilmente alla tranquillità. Non devo preoccuparmi costantemente dell'umore che potrebbe avere, di trattenermi dal dire qualcosa che potrebbe irritarlo.
<<Dove la porto signorina?>> Chiede scherzosamente, poggiando una mano sulla mia, che tenevo in grembo, e intrecciando le dita alle mie.
<<Il più lontano possibile, così che non mi troveranno e non dovrò partire, grazie>> esclamo con sarcastica serietà.
<<Non preoccuparti, andrà tutto a meraviglia>> cerca di rassicurarmi.
<<Come fai a dirlo?>>
Non so perché, ma questa sua sicurezza mi irrita.
<<Perché lo sento. Fidati di me ok?>>
Questa è un'altra delle cose che differenziano Dylan da Taylor. Sentendomi l'irritazione nella voce, Taylor si sarebbe arrabbiato a sua volta e avremmo finito per litigare, ma è come se Dylan avesse un tale autocontrollo da non permettere mai di far scoppiare liti inutili tra noi.
<<Vorrei che potessi partire anche tu domani con me>> sospiro, cominciando a giocare con le dita della sua mano.
Il suo volto si apre in un sorriso che mostra la dentatura perfetta.
<<Lo vorrei tanto anch'io, ma non si può. Vedrai, andrai lì, ti divertirai, ti abbronzerai e il tempo passerà talmente in fretta che senza che te ne accorga saremo di nuovo insieme.>>
Il suo tono di voce è così sicuro da farmi sentire in colpa. Vorrei potergli credere, o almeno avere parte della sua sicurezza, perché so che una volta lì, senza di lui e con Taylor accanto a me, sarà tutto diverso. E non dovrebbe essere così, dovrei essere sicura di me stessa, dei sentimenti che provo per il mio ragazzo e della nostra splendida relazione. Ma mentirei se dicessi che è così.
La pressione della sua mano che stringe la mia, mi riporta alla realtà e arriviamo in un grande parco.
Quel parco. Lo stesso parco in cui mi portò Taylor quel giorno dopo l'assemblea scolastica.
Cercando di non far capire che il mio autocontrollo sta per cedere, sorrido al biondo accanto a me, e scendo dall'auto, respirando l'aria fresca a pieni polmoni, con la speranza di far sparire tutti i ricordi.<<Ho bisogno di te, non so come farei senza di te.>>
Beh, a quanto pare ce l'hai fatta.
Spero che ovunque sia, adesso lui possa sentirmi, sentire ciò che per colpa sua sto passando.
Sbatto le palpebre più volte per ricacciare indietro le lacrime e scuoto la testa per cercare di eliminare del tutto questi dannati ricordi.
<<Andiamo? Porto a prenderti un gelato.>>
Dylan mi sorride, ignaro di tutto, ignaro del fatto che, pur essendo con lui in questo momento, i miei pensieri sono rivolti ad un altro.
Annuisco, ancora incapace di dire qualcosa. Temo che se aprissi bocca scoppierei a piangere.
<<Tesoro? Amber!>>
La voce di Dylan cerca di portarmi alla realtà ed io mi aggrappo insistentemente a quel suono che fa parte del presente, in modo da scappare dal passato.
<<Si? Scusa, dicevi?>> Chiedo, guardandolo finalmente negli occhi azzurri.
Il suo sguardo è confuso, ma non commenta per fortuna.
<<Dicevo, a che gusto lo preferisci il gelato?>> Mi sorride dolcemente.
<<Ehm.. cioccolato, grazie.>><<Non dirmi che lo mangi sul serio, ti prego>> faccio una smorfia schifata.
<<Ma che dici è buonissimo! Non sai cosa ti perdi.>>
Mi dà una leggera spinta con la spalla.
<<Grazie, ma preferisco centomila volte il mio.>>
Ricambio la spinta e lui mi prende per mano, conducendomi sotto un enorme albero, all'ombra.Smettila, smettila! Piantala di torturarti in questo modo, Amber!
<<Tieni, amore.>>
Il mio ragazzo mi porge il mio cono gelato e mi prende per mano, avvicinandosi ad un albero. Prima che possa rendermene conto, lo tiro via per un braccio, per evitare di essere assalita ancora una volta dai ricordi.
Quell'albero sarebbe stato inevitabilmente il colpo di grazia. Non l'albero in sè, ma l'incisione su quel tronco.
<<Hey, ma che ti prende?! Sei strana.>>
La confusione di Dylan mi fa dimenticare per un attimo ciò che stava per distruggermi e cerco di elaborare con la mente una buona scusa da rifilargli.
<<Oh, no niente. Solo che qui ci venivo sempre da bambina e mi sono ricordata che da quell'albero una volta si è staccato un ramo e stavo quasi per rimetterci un braccio>> mento con una disinvoltura che non mi appartiene.
<Okay...>> dice Dylan, poco convinto.
<<Davvero, te lo giuro.>>
Poso le mie labbra al cioccolato sulle sue al gusto di nocciola per rassicurarlo. E funziona visto che, quando mi stacco, il suo viso è aperto in un sorriso.
Andiamo a sederci su una panchina e parliamo di tutto ciò che ci passa per la testa, finendo il nostro gelato, e senza rendercene conto è arrivato l'orario di tornare a casa.
<<Ora dobbiamo proprio andare, Ally mi sta aspettando.>>
Ci avviamo alla macchina e in poco tempo, ma soprattutto in silenzio, arriviamo fuori casa mia.
<<È arrivato il momento dei saluti>> sospira Dylan, spegnendo il motore dell'auto.
<<Oh, mi mancherai così tanto>> piagnucolo, avvicinandomi a lui.
Inaspettatamente, Dylan posa le labbra sulle mie, facendo in modo che io le schiuda.
Le nostre lingue si intrecciano ed io provo un senso di calma mai provato prima.
Quando si stacca da me, i suoi occhi mi scrutano con una tale intensità da indurmi a distogliere lo sguardo.
<<Amber, guardami.>>
Mi posiziona due dita sotto il mento, facendo scontrare i nostri sguardi.
<<Ti amo>> confessa in un sussurro.
Quelle parole mi colpiscono in pieno e sgrano gli occhi, senza sapere cosa dire.
In assenza di parole, mi tuffo su di lui e lo bacio con desiderio.
Ma non riesco a ripetere quelle due parole, non trovo la forza e il coraggio di rivolgergliele a mia volta. Mi sento così crudele, ma la colpa non è mia se vorrei che quelle parole me le dicesse un altro.
Senza aggiungere nulla più, scendo in fretta dalla macchina e raggiungo la porta di casa mia, chiudendomela alla spalle. Mi ci appoggio con la schiena e mi lascio scivolare fino a terra, portandomi le ginocchia al petto e circondandomele con le braccia.
Non riesco ancora a crederci. Dylan mi ha detto che mi ama. Lui mi ama.
Ed io non ho trovato il coraggio di dire qualcosa, qualunque cosa.
Sono una vigliacca e spero di non aver rovinato tutto.
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PERFETTA ILLUSIONE #Wattys2017
Teen Fiction"Perché questo dovrebbe essere l'amore: un mare di emozioni che non ha freni, e tocca a te decidere se domare le sue onde o lasciarti trasportare." Amber, una ragazza estroversa e solare, all'ultimo anno del liceo, diciassette anni, ma ne sta per co...