Capitolo 14

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14. Friends

«Voglio spiegare» disse con tono autoritario

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«Voglio spiegare» disse con tono autoritario.
Era serio? Si presentava a casa mia, dopo che mi aveva fatto rimanere di merda, come se nulla fosse e pretendeva anche di usare quel tono? Quel ragazzo aveva grossi, grossi problemi.

«E io non voglio ascoltarti» Provai a chiudere la porta, ma il suo piede mi impedì di farlo.
«Toglilo» dissi a denti stretti. Mi stavo arrabbiando, ma a lui questo non importava, sembrava anche divertirsi perché tanto per lui tutto era un divertimento. «Toglilo o giuro che ti spezzo le ossa dei piedi»

Minacciai, ma questo lo fece solo divertire ancora di più. Doveva imparare a prendermi più sul serio, altrimenti sarebbe finito male.

«Ah sì, e come vorresti f...»
Non lo lasciai finire di parlare e spinsi talmente forte la porta da rischiare veramente di rompergli le ossa. Ovviamente non volevo fargli male, solamente fargli capire che con me non si scherzava.
«Katy, Cristo santo, sei impazzita?»
Tolse il piede di scatto e io gli chiusi la porta in faccia.

Davvero si aspettava che lo avessi lasciato parlare in modo da ingannarmi di nuovo e poi ferirmi per l'ennesima volta? E no, i giochi erano finiti e di sicuro lui non ne sarebbe uscito vincitore né tantomeno io ne sarei uscita sconfitta.

«Kat, andiamo» lo sentii urlare, ma lo ignorai. «Se non apri resterò qui tutta la notte»
Non poteva essere serio, sapevo che non l'avrebbe mai fatto, lo aveva detto solo per fare scena.

«Problemi tuoi, non miei» urlai di rimando «Dicono anche che sia previsto un temporale» mentii.

Non seguivo le previsioni meteo, non mi interessavano, ma magari per non far bagnare i capelli se ne sarebbe andato.

L'hai preso per una ragazzina?
Sì, più o meno.
Eppure il suo corpo sembra dire il contrario.
Perché facevo questi pensieri? Stavo delirando? Forse era a causa del mal di testa atroce che mi stava uccidendo, era davvero insopportabile.

Quella mattina pensai fosse colpa del sonno, invece, nonostante avessi dormito, il mal di testa non era passato, anzi era anche peggiorato.

Mi sdraiai sul divano sentendo gli occhi pesanti e la testa pulsare come dopo una sbornia bella pesante, ma non rimasi lì a lungo perché improvvisamente ebbi un conato di vomito.

Corsi in bagno e vomitai anche l'anima. Mi sentivo malissimo, dovevo prendere qualcosa.

Tornai in soggiorno e cercai qualcosa nel mobile delle medicine, ma appena aprii l'anta cadde tutto a terra e si creò un frastuono terribile tanto che dovetti coprirmi le orecchie con le mani.

«Tutto bene lì dentro?» Alex gridò dal giardino.

«Sei davvero ancora lì fuori?»
Cercai di urlare, ma dalla mia gola uscì un suono strozzato.

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