Qualche eone dopo la comparsa dei primi automi sulla Terra non c'era nessuno che potesse raccontare l'emozione che si prova nel vedere il sole sorgere, né alcuno che potesse ricordarlo.
Mentre nel terzo millennio gli uomini si preparavano ad una profetica estinzione di massa, molti pensarono che l'unica soluzione per sopravvivere fosse fondersi con le macchine; i più grandi scienziati allora conosciuti progettarono nuovi corpi, nuovi scheletri d'acciaio e carbonio che si accorparono a quelli umani per renderli niente di meno che dei congegni da guerra dotati di un volto e di organi sensoriali considerati come tante appendici insignificanti...
Così, col passare delle Ere, non nacque più un solo essere che potesse essere definito biologicamente umano, ed i sentimenti che migliaia di anni prima muovevano il mondo erano rimasti concentrati in ogni automa, come cumoli di polvere, in un contenitore di materia organica che un tempo tutti chiamavano "cuore".
L'umanità era rimasta congelata per sempre dentro corazze di metallo e prodotti chimici e lo stesso si era verificato con tutte le tracce di secoli di Storia passata, di opere d'Arte, musei, teatri... tutto era rimasto esattamente uguale all'istante precedente alla trasformazione dell'Homo, all'Apocalisse fisica temuta da tutti che si era poi convertita in un'Apocalisse spirituale.
Era come se tutta l'energia, i ricordi e la bellezza della Terra fossero stati espropriati dei meravigliosi colori che li caratterizzavano, come se il tempo continuasse a scorrere senza alcuna logica in uno scenario bianco e nero, dove l'unica cosa che aveva importanza era la sopravvivenza.
Di questo mondo bizzarro e inanimato faceva parte anche Om, bambino sopravvissuto all'Ultima Estinzione, ormai cresciuto e divenuto giovane uomo, o meglio...robot!
Che fosse per la sua natura curiosa precedente la triste trasformazione, o per la semplice volontà di ribellarsi al meccanismo monotono di cui era vivo ingranaggio, un giorno Om decise di partire e di intraprendere un viaggio che gli permettesse in qualche modo di risvegliare quei sensi e quelle emozioni addormentate da millenni, come gli era stato suggerito dai protagonisti di alcuni libri trovati in un'antichissima biblioteca.
Voleva affrontare un viaggio audace come quello di Gulliver, avventuroso come il giro del mondo di Phileas Fogg durato 80 giorni, e formativo come quello di Siddharta e Govinda.
Optò quindi per un lungo viaggio attraverso le "rovine" della sua antica civiltà, sperando che in lui si accendesse una nuova scintilla, diversa da quelle che nelle gelide mattinate invernali gli si accendevano nelle giunture degli arti per riscaldarlo.
Il suo viaggio ebbe dunque inizio: esplorò l'America, visitò l'Asia, penetrò nelle selvagge foreste africane, cavalcò le indomabili onde delle coste australiane e durante il suo viaggio Om non si rese conto che i suoi bulloni si stavano allentando, e che lo stesso stava avvenendo alle sue viti.
Giunto in Europa Om cominciò a perdere alcuni dei suoi pezzi, ancora inconsapevolmente e con addosso uno spesso strato di scetticismo. Lasciò le sue orecchie presso il Palau de la Musica Catalana a Barcellona, il suo naso in un campo di lavanda in Provenza, le sue papille gustative in un vigneto del Sud Italia ed i suoi occhi a Firenze, davanti al David di un certo Michelangelo.
Sulla via del ritorno l'homoautoma cominciò a rielaborare mentalmente i luoghi che aveva visitato, del tutto ignaro di essere ormai ridotto ad un gomitolo di fili colorati in corto circuito che fluttuava sulle strade grigie.
Una volta tornato al punto da cui aveva avuto origine il suo lungo viaggio, Om si accorse di aver mutato la propria forma: dov'era finita la massiccia corazza d'acciaio? Cosa era stato delle sue giunture un po' arrugginite?
D'un tratto si sentiva più leggero, più agile, si sentiva egli stesso parte del viaggio che stava affrontando per conoscere il mondo e per conoscersi.
La strada percorsa fino a quel momento aveva tracciato un profondo solco in lui, ed egli stesso aveva lasciato parti di sé lungo il cammino. Ora il suo obiettivo era recuperare i propri pezzi ripercorrendo le tappe precedenti, e scoprire stralci della sua vita e di ciò che le ruotava attorno.
Tornando a Firenze Om recuperò i suoi occhi, rimasti incantati dinanzi allo spettacolo monumentale del David; in Provenza riassemblò il suo setto nasale inebriato di lavanda, in Puglia si riappropriò delle papille gustative che erano rimaste appiccicate a grappoli d'uva matura, ed a Barcellona raccolse le sue orecchie ebbre di una musica celestiale che lo riportavano alla nostalgia di una vita perduta.
I fili colorati, che qualche ora prima avevano sostituito l'intera struttura corporea di Om, cominciarono a tessere arti armoniosi e splendenti di pura luce, a comporre un corpo musivo e poetico che sintetizzava e rispecchiava le antiche leggi della natura umana.
Quel groviglio inestricabile, che si trovava all'interno di un contenitore impolverato e dimenticato sotto un velo di ruggine, si era rivelato la più potente manifestazione dell'animo umano che giace spesso dormiente in ognuno di noi, sepolto da un cumolo di cianfrusaglie che spodestano i veri valori che nutrono la vita.
Chissà che tutti gli altri robot non abbiano cominciato a fare lo stesso, a perdersi per ritrovarsi, a smarrire occhi e orecchie per le strade e a ripercorrere sentieri già battuti, del resto alla fine di un viaggio c'è sempre un viaggio da ricominciare!
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La vita in un viaggio
Short StoryTramonti che non danno più emozioni, sentimenti concentrati in un contenitore che un tempo si chiamava "cuore", ricordi mescolati a cumuli di polvere...e poi un viaggio per perdersi e ritrovarsi, per smarrire pezzi di sé e per ricostruirsi, seguendo...