Capitolo 1

45 5 1
                                    

Ed ecco che adesso ero completamente finito, spacciato... Perché? Mi ero innamorato dell'ultima persona   di   cui   mi   sarei   immaginato   di   innamorarmi.   Era   la   mia   fine   ma   anche   la   più   bella soddisfazione della mia vita. Ho dedicato   una   vita   intera   a   cercare   di   essere  felice...   e   poi...   è   bastato   un   solo   sguardo   a distrarmi... a farmi perdere la concentrazione dal mio unico obiettivo che adesso era rappresentato solo da quello sguardo...
Quando ti innamori non puoi tornare più indietro. Ecco perché avevo deciso di condurre la mia vita senza   che   l'amore   mi   destabilizzasse.   Però   era   la   prima   volta   in   cui   non   volevo   più   tornare indietro... volevo esserci... senza scappare... basta.Prima di quel fatidico giorno odiavo tutto ciò che aveva a che fare con l'amore; Film, libri, poesie,anche il giorno di San Valentino...Perché? Penserete voi. Perché non puoi credere di promettere a una persona di amarla e onorarla per tutti i giorni della vostra vita, l'amore finisce perché ci abbandoniamo ai nostri istinti, quelli che non riescono a distinguerci dall'essere un umano o un animale.Beh... e se l'amore ti fa soffrire, fai in tutti i modi di non soffrire più... guarisci ma l'amore è finito...Questo era quello che avevo imparato da quando mio padre se ne andò di casa, con la sua 24h in mano, lasciando solo una lettera sul tavolo della cucina, accanto alla tazza di caffè dalla quale era solito bere. "Non dovevo essere sveglio in quel momento". Era quello che mi ripetevo da vent'anni... certo non potevo immaginare che a soli dieci anni, io, non avrei più rivisto mio padre. Ma così accadde. E la sua tazza di caffè come anche tutta la sua roba finirono nella spazzatura; così anche lui... ma lui lo avevamo gettato non nella pattumiera, ma in luogo ancora più squallido. Via dal nostro cuore, per me e per mia mamma lui era morto.Come si può pretendere di continuare ad amare una persona che non ha mai avuto il coraggio di dirti Addio di persona... come si può solo pensare di volere bene a qualcuno il cui compito era solo quello di essere un buon padre. Perciò io non ero fatto per amare. Ormai era deciso! Joseph Miller non si sarebbe mai innamorato!Questo è quello che mi sono detto ogni giorno... fino a quel momento per lo meno.Così passarono gli anni da quando lui se ne andò. Sono stato cresciuto solo da mia mamma... con la quale fino a quando avevo 13 anni avevo un bel rapporto... poi anche lei se ne andò. La malattia se la portò via dall'unica persona che abbia mai amato veramente... il suo bambino. Il suo piccolo Joseph. Così passai il resto della  mia  adolescenza a casa della  zia  Mary.  Una  donna  alta  sulla cinquantina, capelli neri come l'ebano e occhi così azzurri e trasparenti da poter pensare che saresti affogato nei suoi occhi solamente guardandola. Le volevo bene... ma forse non abbastanza... forse non sono mai riuscito a volerle veramente bene, ma non so perché. Probabilmente lo avrei capito quando poi, forse, sarebbe stato troppo tardi.Da quando mia mamma non c'era più, ed io mi sono trasferito da mia zia, i giorni mi sembravanotutti uguali, tutti uguali  per pensare alla stessa cosa: "E  adesso che  fine farò io..." "Cosa può pretendere di fare nella sua vita uno stupido ragazzino senza genitori..."In quel periodo frequentavo la seconda media, la " West Linton Junior High" l'unica scuola media di West Linton, una paesino della Scozia. Per 265 giorni all'anno pioveva per il resto nevicava. Una cittadina di circa 1000 persone. Tutti si conoscevano, tutti conoscevano me, ma io... io non volevo conoscere nessuno.Uscivo tutti i giorni da scuola alle 14 e sulla strada per tornare nella graziosa casa immersa nel verde di mia zia, mi soffermavo davanti a una scuola di danza, l'unica ovviamente di West Linton;percorrevo  sempre  la stessa strada  da  quando  uscivo  da scuola, e  sempre  alle  14  iniziava  una lezione di danza. Mi piaceva la danza, amavo la musica, amavo ballare nel soggiorno con mia mamma, ascoltando il suo vecchio 45 giri che il nonno le regalò quando aveva la mia stessa età.Ma adesso non amavo più niente, perciò neanche la danza.Eppure c'era qualcosa di diverso in quella danza; non era la solita danza classica, tutta rigore e regole, non quella che ora si chiama break dance, che prima era solo danza moderna, no no... era l'unione di entrambi stili.Se non mi sbaglio si chiamava danza contemporanea. Questo perché non dovevi essere né troppo rigido, come nella danza classica, né troppo rilassato come nella danza moderna...Non era né carne né pesce... come ero io... ero solo un insieme di tante emozioni e carne...
Così passarono altre due settimane, fin quando un giorno di Maggio alle 14:30 entrai in quella bellissima scuola, fatta di specchi, sale immense e quadri di ballerine così esili che bastava un soffio di vento per farle crollare.Mi sedetti all'entrata di quella sala dove si stava svolgendo la lezione di contemporaneo. C'era un ragazzo, poteva avere circa 18 anni, e accanto a un pianoforte vi era una signora sulla quarantina,seduta, con un bastone in mano e con una lunga sciarpa bordeaux attorno al collo. Era la sua insegnante, suppongo io. E così passai l'ultima ora a pensare a cosa stava provando quel ragazzo mentre ballava. Non pensava sicuramente di essere solo, o triste, credeva soltanto che in quel momento l'unica cosa che non lo faceva pensare era la danza, l'unica cosa che lo faceva vivere.

Dimmi che mi ami Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora