Capitolo 17

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17. Kiss me.

«Vuoi un po' di cioccolata calda?»

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«Vuoi un po' di cioccolata calda?»

Eravamo appena entrati a casa mia. Durante tutto il tragitto in auto ero stata in silenzio e lui, fortunatamente aveva fatto lo stesso.
Dovevo distrarmi e per farlo il modo migliore era parlare, parlare e parlare.

«Sai, la cioccolata ti fa sentire coccolata» risi come un'isterica per quella ridicola rima mentre continuavo a dargli le spalle con la scusa di cercare il cacao. «O nel tuo caso coccolato»
Mi girai verso di lui e lo squadrai dalla testa ai piedi.

Era fermo lì, in piedi, a fissarmi, come se si aspettasse che da un momento a un altro sarei crollata, ma non l'avrei fatto, non davanti a lui.

Passarono interminabili minuti dove l'unico rumore che si sentiva era quello del cucchiaio che sbatteva ai lati del pentolino. Mi concentrai su quel suono mentre continuavo a girare il cacao col latte, aspettando di ottenere un composto denso e cominciai a farmi domande del tipo "ma chi ha scoperto il cioccolato?" oppure "ma gli uomini come hanno capito che le mucche producevano latte?".
Risi ancora di me stessa e sentii lo sguardo di Alex perforarmi la nuca.

«Oh, andiamo, parla» mi girai spazientita. «Credi che sia pazza? Bene, pensalo se vuoi, ma parlami»
Ritornai a prestare la mia attenzione alla cioccolata, ma girai talmente forte per il nervoso che un bel po' di latte uscì fuori, creando un pasticcio sulla cucina.
Sbuffai e distratta com'ero presi la manica del pentolino senza presina e mi scottai la mano.

«Cazzo» urlai dopo aver gettato tutto nel lavandino. «Cazzo, cazzo» cominciai a sventolare la mano in aria e ad imprecare in tutte le lingue del mondo.
Aprii il rubinetto e aspettai che uscisse l'acqua fredda.

«Ferma, che fai?» Alex prese il polso per fermarmi.

«Metto la mano sotto l'acqua fredda?» chiesi ovvia.

«No, peggiorerai solo la situazione» girò la mia mano in modo da poter osservare il rossore che si stava formando sulla mia pelle «Guarda che hai combinato» mi diede un piccolo buffetto sulla fronte «Sei incredibile» sussurrò, quasi come se non avesse voluto dirlo ad alta voce.

«A saperlo che per farmi parlare avrei dovuto bruciarmi, l'avrei fatto prima» sorrisi di sbieco e continui a fissarlo.

Si stava creando una strana atmosfera e la cosa stranamente mi piaceva. La mia mano era ancora stretta tra la sua e quasi non sentivo più il dolore che avevo sentito poco prima e i nostri sguardi erano come incatenati l'uno all'altro.

«Perché?» chiese.

«Perché cosa?» chiesi di rimando, confusa.

«Perché non hai pianto?» Feci per distogliere lo sguardo ma lui, con la mano che non stringeva la mia, mi prese il mento tra pollice e indice e mi costrinse a guardarlo.
«Perché?» ripeté ancora.

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