Era strano il modo in cui mi toccava;
lui riusciva ad entrare nella mia mente,
sotto la mia pelle.
Mi sfiorava il cuore per farlo tremare giusto un pò e poi se ne scappava;
a volte per questo lo reputavo un codardo.
Un bastardo.
Perché mi sentivo come un uccello che raccoglieva le sue molliche cadendo in uno dei suoi tranelli.
Mi sembrava tutto un gioco.
Sapeva farmi sentire unica ma per questo anche una come tante.
Ciò scuoteva forte i miei pensieri come onde in una notte di tempesta;
ogni gesto aveva su di me un'importanza non indifferente.
Mi rifiutavo di accettare il mio cuore tremante
ed i miei occhi immobili davanti ai suoi
ma era difficile non farci caso.
Così mi promettevo di non guardarlo più lì dove c'era l'uragano,
in quel marrone così profondo dove non riuscivo a trovare i miei sentimenti e si perdevano le
mie parole.
Lui era difficile da raggiungere,
non capivo mai cosa pensasse quando mi sfiorava il viso,
quando avvicinava delicatamente il suo cuore al mio;
sapevo solo di non poter abbandonare le mie braccia a lui,
perché in qualsiasi momento sarebbe corso via,
per quanto rumore scatenasse in me, non potevo fidarmi.
Avevo il mio cuore da proteggere e non potevo permettere che qualcuno senza dimora venisse e
se ne andasse a suo piacimento.
Chi ha l'uragano negli occhi non possiede la quiete nel cuore.
