Mi vestì velocemente con dei jeans neri talmente stretti che dovevo saltellare per salirli fino alla vita. "Maledetti jeans".
Mi guardai allo specchio, cercando di non far notare i difetti sul mio viso guardavo l'orario dal mio cellulare, ed ero parecchio in ritardo. Raz starà aspettando già da venti minuti al bar, ma purtroppo la sveglia ieri sera non l'avevo postata per sta mattina e poi a dirla tutta sta notte avevo così dormito un po' male che me ne ero dimenticata che dovevo fare colazione insieme a Raz.
"Mamma sto andando a fare colazione insieme a Raz!"
Presi di corsa la borsa e con un salto lungo uscì dalla porta di casa.
Corsi velocemente verso al bar. Quando ero quasi pvicina a lui rallentai per sistemarmi meglio i capelli, Raz stava all'entrata del bar che parlava con un ragazzo credo della sua età. Era così figo con quella sigaretta, jeans chiari e stretti, quella maglietta azzurra che gli valorizzava la sua carnagione. Vederlo nel suo splendore sentivo una sensazione bella, avevo voglia di andare da lui e dire a tutti che quel ragazzo mi aveva baciata ieri sera., dargli tantissimi baci sul viso e abbracciarlo per tantissimo tempo.
Desideravo solo questo.
Mi scrollai quei pensieri inutili, chiusi gli occhi e feci un bel respiro. Posso sognare quanto voglio!
Arrivai davanti a lui, "ciao" dissi appena si accorse di me mentre parlava con un suo amico. Mi guardò con quegli occhi scuri che solo lui poteva permettersi. "Ciao" esclamò con quella sua voce sexy.
"Ciao Anna" disse l'altro. Lo guardai senza proferire parola. Come conosceva il mio nome? Raz avrà già parlato di me a questo ragazzo?
Oh si, già parla di me!
Il ragazzo alzò gli occhiali da sole e subito lo riconobbi, e anche se una leggera delusione c'era, la feci scomparire subito con un sorriso meraviglioso. "Ciao Elias".
"Come stai?"
"Molto bene, tu?"
"Idem. Hai sentito oggi Mark?" chiese,
"Non oggi, ma ancora è in punizione quindi sta ancora a casa!"
I due ragazzi si guardarono senza capire il loro sguardo. "Okay allora facciamo colazione?"
"Si" risposi, e perché anche Elias?
Per un attimo mi parve di essermi persa qualcosa. Perchè Elias stava con noi? Pensavo che dovevamo fare colazione insieme da soli. Forse si vergogna di me? Forse non voleva farsi vedere da solo con una bambina di quindici anni? Mi salì una rabbia invadermi tutta e la delusione ancora una volta mi ferì.
Entrai senza dire nulla, ascoltavo la loro conversazione per non perdermi niente, se magari mi avrebbero fatto qualche domanda gli avrei risposto con la risposta giusta. Cercavo di non guardare nemmeno una volta Raz, ma cedevo ogni volta. Lui non mi guardava, parlava con Elias. Un altra fitta al cuore, e pensavo che mi voleva.
Ci sedemmo ai nostri tavoli e un ragazzo con un cappellino bianco arrivò da noi con un bloc notes. "Salve, cosa vi porto?"
"Avete del gelato?" chiesi, il cameriere annuì, "io prendo pistacchio e mandorla!"
Cominciò a scrivere velocemente, "io soltanto un iris" parlò Elias. "Un cornetto con un caffè lungo!"
Il cameriere si girò velocemente senza dire nulla, dopo nemmeno due minuti portò tre biccheri di acqua.
"Allora Anna, come va a scuola?" chiese Elias. Imaginai i miei occhi ruotare, un altra domanda no, eh?
Qualsiasi cosa, ma tranne la scuola. "Ehm bene bene!"
Annuì, "come vorrei tornare alla sua età e frequentare ancora la scuola con i miei vecchi compagni e i professori" disse con una voce nostalgica.
Abbassai il viso, loro erano sette anni più grandi di me. E' impossibile che loro stiano con me. Sono già grandi, adulti, già lavorano, hanno una mente più superiore della mia, hanno molta più esperienza di me. Cosa vogliono da me? Perchè cercano di avere delle conversazioni con me?
"Anna" mi chiamò Raz.
Mi girai di scatto, "si?"
Nello stesso istante venne il cameriere a portarci la nostra colazione.
"Come mai sei così silenziosa?" chiese appena se ne andò il cameriere.
Spallucce. "Sei sicura di non avere niente?" si intromise Elias, "lo sai che noi anche se siamo più grandi, siamo come due bambini!"
Lo fissai negli occhi, come aveva fatto a capire come mi sentivo. Cercai di mettere qualche parola sensata, ma mi precedette Raz.
"Allora dopo la colazione andiamo in un posto che ti sorprenderà!"
Annuí, mangiamo la colazione parlando di tutto e piano piano mi sentivo al mio agio per lo più grazie ad Elias. Non so perchè ma mi sentivo di più a disagio con Raz.
Finita la colazione pagammo ognuno la nostra granita, colpo basso Raz!
Quest'ultimo si mise al posto di guida, io accanto ed Elias dietro.
"Dove andiamo?" Chiesi.
"Ti piacerà!" Sorrise.
Accese la radio e alzò il volume mentre Bruno Mars cantava.
Guardavo fuori cercando di capire dove stavamo andando, ma per me quel posto era famigliare ma non capivo dove ci portava.
Altri due minuti di strada e posteggiò la macchina in una stradina piccola.
"Dove siamo?"
Raz ed Elias mi sorrisero.
"Non è che volete uccidermi e poi scavate la fossa?"
"Se devo uccidere qualcuno preferisco di notte e non di giorno!"
"Sagge parole" rispose Elias.
"Okay me ne vado!" Dissi nervosa.
Mi prese la mano, arrossí violentemente causandomi dentro una danza col cuore.
"Sta tranquilla, sono la persona più buona del mondo!"
Risi, "credo proprio che questa frase l'abbia detta Hitler!" Lo presi in giro, anche se non l'ha detta davvero quel dittatore.
Elias cominciò a ridere mentre Raz mi lanció un occhiataccia.
Mi guardai intorno e non eravamo al centro città bensi in periferia. Camminavamo nell'asfalto con un po' di erba alta e qualche fiore sparso qua e là.
"Chiudi gli occhi".
Lo guardai confusa, avevo tanta paura. Chiusi gli occhi e mi prese le mani. Era imbarazzante farmi guidare mentre sicuramente Elias stava guardando la scena.
"Altri due passi e fermati!"
Feci come aveva detto e mi fermai. Lasciò andare le mie mani, "adesso apri".
Insicura aprì un occhio, lui non era più davanti a me. Apri l'altro occhio e per la prima volta in tutta la mia vita non avevo mai visto un panorama bellissimo. Tantissimi alberi contornavano la radura, guardai dietro di me, la strada da dove eravamo venuti finiva qui e se mi avvicinavo altri quattro passi alla punta di sicuro cadevo; l'acqua che si trovava sotto di noi ci separava almeno più di dieci metti.
Il ruscello che scorreva in tutta la parte destra dell'autostrada, le case che si vedevano così piccole e se mi concentravo forse riuscivo a capire quale era la mia. Riuscivo a vedere le macchine sfrecciare via.
Da qui su si sentivano tutti i rumori della città urbana. Un leggero venticciolo mi scoprì il collo dai miei capelli.
Era bellissimo.
Si sentivano gli uccellini cantare, dove in città non si riusciva a sentire a causa del troppo rumore delle macchine.
Era la pace assoluta.
"È meraviglioso vero?" chiese Raz.
"Si" riuscì a dire. Folgorata dalla bellezza di quel paesaggio mi ero pure dimenticata chi mi ci aveva portata. "Come avete scoperto questo posto?"
"È il nostro posto da quando eravamo piccoli. Siamo cresciuti qui, e questa radura ci ha visti in qualsiasi modo poteva vedere due ragazzini affrontare l'adolescenza!"
Rispose Elias con una nota amara, sembra non voler ricordare il passato. Raz aveva uno sguardo fisso dritto davanti a se. E' semplicemente il loro posto preferito, perchè hanno deciso di condividerlo insieme a me e non con Mark, sempre se il mio migliore ne sia già a conoscenza di questo posto.
"Vi va di pranzare fuori?" Chiese Raz.
Ma perché deve esserci per forza Elias? Non che mi dispiace, ma volevo stare un po' da sola con Raz. Magari per chiarire meglio quel bacio. Cosa c'è da chiarire? Non so nemmeno io, ma volevo comunque parlare su noi. Sempre se esiste un noi, visto che non si stacca mai dalla sua ombra.
Per pranzare fuori, mi conviene direttamente non chiamare mia madre, mi farebbe tornare dritta a casa.
"Certo" rispose Elias.
Tutte e due mi guardarono, e un piccolo sorriso nacque sul volto del mio spasimante.
Okay ci vado. Magari sistemo tutto dopo con i miei genitori. Meglio non pensarci alla sfiurata che potrebbe darmi papà.
"Io..." ma una suoneria mi fece interrompere. Guardai i due ragazzi, ma la suoneria non proveniva dalle loro tasche, bensì dalla mia borsa.
Aprí la borsa, e in quel momento un vuoto allo stomaco sentivo. Cominciavo a tremare, di sicuro mia madre mi stava chiamando per ritornare immediatamente a casa. Non era mia madre, sullo schermo c'era scritto papà.
Risposi, "papà".
"Anna, dove sei?" La sua voce tremava.
"Papà che succede? Sono fuori con Raz" guardai quest'ultimo, mi fissava come Elias.
"Sono all'ospedale, mamma sta per partorire".
Dovevo immaginarlo che sarebbe stato oggi.
"Arrivo subito papà".
"Mi dispiace ragazzi, non posso stare con voi" già stavo cominciando a camminare verso la macchina "mia madre sta per partorire".
Non dissero nulla, salirono in macchina e andammo all'ospedale.
Appena arrivammo, non gli diedi il tempo di parcheggiare che scesi immediatamente e corsi verso la segreteria. "Salve, hanno portato mia madre in sala parto Lily Stock".
La signora di fronte a me, con una bandana nei capelli e un camice viola chiaro annuì e controllò qualcosa in una cartella clinica. "Devi salire al quarto piano, lì ce la sala d'aspetto!"
Toccai il pulsante per far arrivare l'ascensore. Nello stesso istante entrarono i due ragazzi.
"Anna".
"Pensavo che non entravate!"
"Scherzi? Raz mi ha gonfiato la mente su di te ce non ne potevo più".
Diedi un occhiata al ragazzo accanto a me, e per la prima volta in vita mia lo vedevo rosso come un pomodoro in viso. Sorrisi imbarazzata, così tenero e così misterioso.
Si aprì la porta dell'ascensore ed entramo.
In sala d'aspetto si trovavano tutti quanti. Mio padre faceva avanti e indietro, appena mi vide fece un sospiro, quando si accorse di Raz e di quell'altro amico il suo sguardo divenne duro. Ma continuava a fare avanti e indietro.
Sedute c'erano mia nonna che guardava fisso di fronte a se, le due mie zie e le mie cugine molto più grandi di me. Per ultimo c'era la madre di Mark e lui. Quest'ultimo mi guardava come se voleva schiacciarmi.
"Anna perché hai portato loro due?"
"Papà sono venuti di loro spontanea volontà".
Guardò loro e i miei amici salutarono mio padre con una stretta di mano.
"Da quando è entrata?"
"Già da quasi un ora" disse agitato.
"Andrà tutto bene papà!"
Raz e Elias si allontanarono da me per salutare Mark, così decisi di unirmi pure io. Nonna, però mi fermó.
Si alzò come se fosse un robot e mi portò fuori.
"Anna siamo in pericolo qui in ospedale" disse.
Lo guardai confusa, "nonna tranquilla i dottori saranno bravi."
"Ho un presentimento brutto!"
Fissai i suoi occhi più cupi che mai. Trasmettevano agitazione e tristezza. Appena mi portò fuori insieme a lei sentivo un aria negativa, qualcosa di sinistro, ma non riuscivo a spiegare cosa sentivo bene. Un brivido mi percorse la schiena.
"Nonna andrà tutto!"
Annuì e andò dentro sedendosi nello stesso posto di prima. Guardai il cielo, prima non c'erano così tante nuvole da coprire il sole. Quando ero fuori con Raz il sole caldo mi aveva fatto un po' sudare, ora le nuvole nere coprivano il cielo azzurro. Un leggero venticello si alzò, e dalla porta sbucó Mark.
"Da quando non ascolti più i miei consigli?"
Leggevo nei suoi occhi delusione. Una delusione che mi feriva dentro.
"Ti avevo detto di non stare vicino a Raz. Ti farai del male, lui ne farà a te e io non posso permetterlo. Ti ordino di non vederlo mai più dopo oggi!"
Quel tono autoritario, e l'ordine che mi aveva dato mi fece arrabbiare più che mai. "Ma che stai dicendo? Non puoi venire adesso e dirmi di non vederlo più. Mark non ti riconosco, sei il mio migliore amico e io..."
"Infatti sono il tuo migliore amico, e non un amico che puoi chiamare solo per il comodo".
Sgranai gli occhi, "quando mai ti ho chiamato per il comodo".
"Sei venuta e hai rubato il suo numero di telefono!"
Mi vergognai e abbassai lo sguardo.
Come aveva fatto a scoprirlo?
"Me l'ha detto Elias".
Lo guardai in viso, dietro di lui si trovava accanto mia nonna, Raz con Elias che parlavano. Non posso crederci che Raz aveva raccontato tutto al suo amico. Sono stata una bambina, ho voluto fare di testa mia e ora di sicuro mi potrebbero prendere in giro quando vogliono.
"Non sono dei ragazzi molto prudenti. Non ti devi fidare di loro".
"Sono anche i tuoi amici" sussurrai, sull'orlo di una crisi di pianto.
"Infatti. Sono i miei amici non tuoi!"
Quasi gridò e mi fece prendere un colpo. "Sei soltanto geloso" parlai, mi feci forza per non scoppiare a piangere. Il mio migliore amico mi guardò con lo stesso sguardo di prima, in lui c'era soltanto delusione.
"Dimmi ti sei lasciata andare con lui?"
Non potevo crederci alle sue parole. Alzai la mano e un terribile schiaffo gli vidi girare il volto. Io e Mark abbiamo litigato tantissime volte, ma mai in questo modo. E credo proprio che questa volta non ci perdoneremo tanto facilmente.
Dopo quel rumore la mia mano a contatto con la sua guancia, tutti quanti guardavano verso di noi. "Tutto bene?" Intervenne mio padre.
La stessa mano con cui l'avevo colpito sembrava che mi prendeva a fuoco, la strofinai sopra i jeans ma quella sensazione non andava via.
"Ragazzi, proprio qui dovete litigare" ci rimboverò mio padre, "non è il momento adatto!"
Mark mi guardò per l'ultima volta con uno sguardo inespressivo, e nello stesso istante in cui mio padre e il mio migliore amico si allontanarono da me, Raz venne da me.
"Tutto okay?"
Lo guardai confusa, mi aveva umiliata davanti al suo amico.
In quel preciso momento stavo per rispondere, ma le porte blu si aprirono rivelando un dottore alto, un accenno di barba e si vedevano le occhiaie nere. Portava un camice blu e una bandana colorata. Mi levai dai piedi Raz e io, e la mia famiglia compreso Mark ci avvicinamo al dottore. Avevo uno sguardo cupo e triste come quello della nonna. Il dottore guardò tutti quanti.
"Oh no" gridò mia nonna piangendo.
"Cosa è successo a mia moglie?" gridò mio padre.
Il dottore si tolse la bandana come se volesse scrollarsi tutta la sua delusione.
"Durante il taglio del cesareo, qualcosa è andato storto. Quando abbiamo tagliato, la ferita ha cominciato ad aprirsi da sola, non so come sia successo. È una cosa impossibile, ma è capitato a sua moglie. Abbiamo tirato fuori il bambino, purtroppo sua moglie ha cominciato a perdere troppo sangue sia dalla ferita che dalla bocca. Dentro quella sala parto è successo... una cosa troppo strana. Mi dispiace, ma sua moglie..." trarrebbe un respiro, "non ce l'ha fatta!"
Cominciai a respirare, ma più lo facevo e più mi mancava il respiro. Sembrava che il condotto d'aria dentro il mio corpo si fosse chiuso. "Che cosa?" Sussurrai.
Non riuscivo a respirare, sembrava che dentro quella stanza non passava più ossigeno. Guardai tutti quanti, e loro guardavano me. Le mie cugine e le mie zie cominciarono a dirmi che andavo tutto bene, ma nulla stava andando bene.
Cominciai a piangere, a gridare, strapparmi la pelle, i capelli.
"Mamma" gridai.
Mio padre cominciò a scaraventare il dottore nella porta, ma io non sentivo nulla. Il mio cervello, il mio cuore erano vuoti. Non riuscivo a crederci ciò che era successo.
Dentro la mia testa si ripetevano tantissime volte le parole del dottore.
Spronfondai a terra scivolando piano piano dal muro.
"Mamma".
Piangevo, e il mio volto pieno di lacrime da non riuscire più a capire chi avevo di fronte a me.
Si abbassò e mi accarezzó. Si sedette accanto a me prendendomi in braccio. "Sssh" disse, "ora dovrai essere forte per il tuo fratellino".
Non me ne importa niente di quella creatura. Strinsi forte la maglietta del mio migliore amico, "ti starò sempre vicino. Supereremo tutto in insieme!"
Piansi e non smisi più.
Mamma dove sei?
Mamma cosa farò senza di te?
Mamma sei andata via e mi hai lasciata da sola per sempre.
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Il figlio di Belzebú (SOSPESA)
HorrorUn bambino metà demone nascerà portando molte maledizioni nella vita terrena. Ignaro di questo suo problema verrà aiutato dalla sorella maggiore. Lei cercherà di salvarlo, ma Belzebú compirà la sua volontà.