9. (22 agosto)

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Lee – appoggiato alla spalliera in pelle nera del divanetto sul quale era seduto, le gambe accavallate e la testa reclinata all'indietro - socchiuse gli occhi, abbacinato.

Il pavimento bianco, lucido e pulito, rifletteva la luce dei faretti che si rincorrevano, in file da tre, sul soffitto decorato da stucchi floreali.

Davanti a lui, sulla parete alla sinistra dell'imponente porta di ingresso, la scritta "Globeworks" – lettere scure su uno sfondo panna – accompagnava i visitatori sino al desk riservato all'accoglienza. Due giovani donne, con abiti castigati e capelli raccolti, si destreggiavano tra sorrisi di cortesia ed efficienti risposte al telefono.

«Globeworks, agenzia di servizi informatici. Sono Suzanne, come posso aiutarla?»

Il detective girò la testa verso il bancone, mantenendo le palpebre semi abbassate.

La segretaria, la cornetta incastrata tra l'orecchio e la spalla, si alzò ed iniziò a cercare qualcosa tra i fogli radunati davanti a lei.

«La prima disponibilità è per le 16 di giovedì. Potrebbe andar bene?» domandò, portandosi l'agenda davanti agli occhi.

Lee, lo sguardo ancora su di lei, estrasse il cellulare dalla tasca dei pantaloni, inclinandolo fino a far comparire l'orario sullo schermo. Le 9:23. La frattura del vetro - che si era via via allargata fino ad attraversarlo completamente – tagliava il nove nella parte bassa, trasformandolo in un piccolo cerchio sospeso.

Oltre le ampie vetrate che si ergevano ai lati dell'ingresso, piccole gocce di pioggia iniziarono a scurire il marciapiede.

Il detective ne sentì l'odore solo qualche minuto dopo, quando un uomo attraversò la porta scorrevole portando con sé l'umidità del temporale.

Si voltò in direzione della strada, trovandola immersa in un familiare grigiore. La testa ancora appoggiata al muro alle sue spalle, si lasciò andare ad un veloce sorriso.

Londra era tutta lì, in quel cielo coperto che non riusciva a scorgere - se non riflesso nelle piccole pozzanghere che iniziavano a crearsi nelle spaccature del marciapiede – ma del quale conosceva in ogni più piccola sfumatura.

Era tornato a casa la sera prima, prendendo l'unico treno per la capitale in partenza da Shraigralf Acre.

Mentre il convoglio lasciava la stazione, aveva telefonato al rifugio dei guardaboschi per avvisarli che non avrebbe fatto ritorno in città prima di un paio di giorni.

Cook si era limitato a bofonchiare uno sbrigativo "va bene" con la voce bassa e tirata.

Ross, invece, era stato più disponibile a fornirgli ragguagli sulla situazione in città, nonostante la stanchezza trapelasse in modo evidente anche dalle sue parole.

Erano state necessarie due ore e più di una minaccia – aveva ammesso l'uomo - per convincere Glenn Neal, spalleggiato da un minuto manipolo di uomini, a desistere dal proprio intento di recarsi alla Comune. «Non li avevo mai visti tanto determinati a fare qualcosa» aveva aggiunto il guardaboschi, lasciandosi andare ad un sospiro profondo.

«Se la situazione dovesse degenerare chiederò alla mia partner di venire a darvi una mano» aveva cercato di rassicurarlo il detective, iniziando a torcersi un ciuffo di barba, gli occhi rivolti al paesaggio che correva oltre il finestrino. Il silenzio attonito che aveva accolto le sue parole lo aveva spinto a motivare la propria decisione, nel tentativo di far comprendere all'altro perché non potesse fare personalmente ritorno a Anglerbay prima di un paio di giorni. Una parte di lui, quella più tenacemente integra e intellettualmente onesta, si era quasi sentita in colpa. «Ho bisogno di raccogliere qualche informazione in più su Clayton Strong, e penso che far visita ai suoi colleghi sia il modo più veloce per farlo.»

The Strangers - thrillerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora