Il camioncino bianco sparisce nel cielo cinereo, oltre l'orizzonte. È là che la strada continua in discesa, fino a tornare piatta e a perdersi con le altre.
Sospiro. Gli scatoloni ai miei piedi sono impilati disordinatamente sul marciapiede. La ditta di trasloco non prevedeva che gli addetti mi aiutassero a portarli nel mio appartamento. Con fatica sollevo il primo e lo trasporto fino al portone d'ingresso del palazzo moderno. Dalla tasca dei jeans sfilo un mazzo di chiavi e apro il portone, poi afferro nuovamente lo scatolone. Come se non bastasse, la porta dell'ascensore aveva affisso un cartello che recitava: "l'ascensore è guasto, ci scusiamo per il disagio." Avevo ben capito che quel giorno la fortuna non mi vedeva di buon occhio.
Giunta al mio piano, l'ottavo, e sistemato il primo scatolone nel salotto vuoto del mio nuovo appartamento, mi accascio con la schiena contro la vetrata che dà sullo skyline di Toronto. Ne avevo trasportato solo uno ed ero già esausta, mentre il cielo minacciava un temporale coi fiocchi. Decido dunque di tornare a prendere il secondo scatolone. Salite le scale, lo appoggio davanti alla porta.
«Ehy, hai bisogno di aiuto?» mi chiede una voce maschile, gentile. Ero girata di spalle ed ero così distratta che non avevo nemmeno sentito il rumore della porta mentre si apriva. Di fronte a me un ragazzo alto, dai capelli scuri e ricci, mi guarda aspettando una risposta.
«mi farebbe molto comodo, grazie.» dico arrossendo mentre mi strofino le mani, sudate a causa del trasporto dei due scatoloni, sui jeans.
«scommetto che la ditta di trasloco te li ha lasciati sul marciapiede.» mi sorride, poi scende le scale sfiorando la ringhiera con le dita. Lo seguo fino agli scatoloni. È muscoloso e riesce a sollevare due scatoloni alla volta senza fatica, mentre io gli arranco al seguito trasportandone uno. In 10 minuti abbiamo sistemato tutti gli scatoloni nel mio appartamento.
«Abbiamo fatto appena in tempo.» dice, sempre sorridendo, indicando una goccia che scorre lungo la vetrata. Gli sorrido. «Sono Shawn, comunque» mi dice porgendomi la mano.
«Emma.» mi presento stringendogliela. «grazie dell'aiuto. Normalmente t'inviterei a cena ma, beh, come vedi, in questo appartamento non c'è ancora niente.» gli dico mollando la presa e facendo un passo indietro. Sono in imbarazzo e sento le mie guance diventare rosse mentre aspetto che se ne esca arrabbiato da quella porta.
E invece non lo fa, anzi, il suo viso si scioglie ancora di più in un sorriso. «Non devi! Gli scatoloni erano pesanti, ci avresti impiegato tutto il pomeriggio e ti saresti bagnata. Posso ordinare delle pizze se vuoi. A casa mia ho anche un tavolo.» ridacchia facendomi l'occhiolino.
«non posso, ti ho già chiesto troppo. Vado a mangiare in un bar qua vicino.» gli rispondo.
Mi guarda un attimo, che mi sembra interminabile, poi mi chiede «sei sicura?» annuisco sorridendo.
«va bene, va bene» dice alzando le mani in segno di resa, mentre torna nel suo appartamento.
«Buona cena, allora» dice prima di chiudere la porta.
♡
Questo è il primo capitolo della mia primissima storia, quindi devo ancora prenderci la mano.Accetto qualunque tipo di critica, quindi commentate. Se costruttive sono meglio perché accolgo e cerco di sfruttare ogni vostro consiglio. 😊
-Scusate per i possibili errori di battitura, ortografici di sintassi o ripetizioni.
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Neighbor - Shawn Mendes
RomanceEmma Davis ha diciassette anni quando si trasferisce a Toronto per studiare e incominciare una nuova vita. È sempre stata una ragazza con i piedi per terra, fino a quando non incontra il suo vicino di casa, Shawn Mendes.