Mamma e papà, insieme a Isaac, Gabe e Ben, arrivarono alle undici del giorno successivo. Fu un sollievo poterli riabbracciare.
Tuttavia la giornata passò in fretta. Cercai di non pensare al fatto che non li avrei rivisti per chissà quanto tempo e che avrei potuto sentirli al telefono solo per pochissimo.
Mia madre era più agitata di quanto non fossi io. - Hai preso lo spazzolino? - mi chiese, osservando per la centesima volta la mia valigia - lo shampoo? Non voglio che usi i loro prodotti. Se penso che ci saranno le docce pubbliche... -
Io risi tra me e me, e le bloccai il braccio, con il quale stava mettendo un altro asciugamano in valigia. - Ne ho già presi tre, non preoccuparti. -
Quel momento entrò anche mio padre, che aveva passato un po' di tempo con Caliba nel suo ufficio, probabilmente per discutere del nuovo piano per tenermi al sicuro. Passammo ancora un po' di tempo insieme, a scherzare come ormai non facevamo da mesi. Mi sentivo di nuovo a casa. Capii che tutto quello mi era mancato e mi chiesi come avessi potuto desiderare una famiglia umana. Certo, avrei preferito una vita normale o per lo meno più facile, ma amavo la mia famiglia.
Salutai i miei fratelli prima di salire in macchina, perché loro non ci avrebbero accompagnati all'aeroporto. Li strinsi forte, persino Gabe, con il quale non ci eravamo mai lasciati andare a simili smancerie.
Non mi resi conto del tempo che scorreva: un attimo prima ero appena salita sulla macchina, e un attimo dopo ero già arrivata in aeroporto.
Elide, seduta dietro tra me e Derek, guardava affascinata dal finestrino ogni albero, casa o animale che incontrassimo durante il percorso.
Derek, invece, sembrava completamente immerso nei suoi pensieri. Non mi aveva rivolto nemmeno uno sguardo e non mi aveva più parlato dopo l'incontro del giorno prima con Caliba.
Cugini.
Quella parola mi era rimasta impressa nella mente, come tatuata sulla mia scatola cranica. D'ora in poi avremo dovuto fingere di essere parenti. Perché la cosa mi turbava tanto?
Passai tutto il viaggio a pensare a come, da quel momento, sarebbe stata la mia vita e a sorridere a mia madre quando mi guardava dallo specchietto. Cercava continuamente il mio sguardo, come se volesse imprimersi nella mente ogni minimo dettaglio del mio viso. Mi resi conto, con sgomento, che sembrava provare paura: paura di perdermi, che potesse succedermi qualcosa mentre lei non era lì a proteggermi e che quelli potessero essere gli ultimi momenti che passavamo insieme. La sua paura era palpabile e la percepivo perché era la stessa che provavo io.
Quando ci salutammo, mia madre non pianse ma aveva gli occhi lucidi. Papà le cinse un fianco e mi baciò sulla fronte. Derek li salutò con un cenno del capo, educato e moderato come sempre.
In Svizzera prendemmo un taxy. La preside, che venne ad accoglierci all'entrata del collegio, ci rivolse poche parole e non fece domande, probabilmente perché aveva già parlato con Caliba. La scuola era un edificio di mattonelle arancioni, un colore che non la rendeva particolarmente piacevole allo sguardo ma che le dava un'aria vecchia. Anche l'ingresso appariva datato: l'ambiente era spoglio, salvo per una grande scrivania, dove due donne accoglievano chi entrava, e due dipinti tetri dai colori scuri. Uno rappresentava il naufragio di una nave, con il mare in tempesta e il cielo cupo squarciato da lampi, mentre il secondo rappresentava un paesaggio di montagna, dove a dominare era la dura e fredda roccia. Cinque sedie erano posizionate in fila contro la parete, e parevano avere un aspetto malinconico.
La Signora Blane, ossia la Preside, ci invitò ad accomodarci proprio su quelle sedie, nell'attesa che le lezioni della mattina finissero e noi potessimo tranquillamente sistemarci con gli altri studenti.
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Pandora
Vampire[IN REVISIONE] Tamara Pandora Jeckyll è bella,popolare e intelligente, ma non è questo a renderla così speciale:è figlia di un vampiro e di un'umana. Un evento raro nella storia, poiché vampiri e umani possono avere solo figli maschi. La sua vita è...