43. We are buried and broken dreams

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Le persone le arrivarono incontro come una mandria di gnu al galoppo.
La scena che si andò a figurare, in effetti, poteva essere tranquillamente riconducibile a quella del Re Leone, quando Mufasa muore schiacciato dagli erbivori impazziti, per mano di Scar, e Camila si meravigliò di aver avuto la lucidità mentale anche solo per formulare un pensiero del genere.

Si sentì soffocare, e spinse contro la corrente di alunni che entravano nell'aula. Diede spallate, si infilò in mezzo a coppie di persone, si dimenò finché non riuscì a raggiungere la porta d'emergenza, quella dalla quale una Lauren Jauregui in lacrime era appena corsa via.
Le fu permesso di respirare solo una volta uscita da quell'aula, e l'ossigeno le riempì i polmoni con suo grande sollievo.

Ma non ci fu tempo per riflettere ulteriormente, doveva raggiungerla.

Perciò si mise a camminare sempre più velocemente e, imboccando il corridoio A, la vide ancora in fondo, intenta ad aprire la porta dell'ex aula di Chimica e entrarvi insieme a Normani. Camila sapeva che quella stanza era stata messa fuori uso da almeno un anno, per via del fatto che l'intonaco iniziava a staccarsi dalle pareti, ma la scuola non aveva ancora avviato i lavori di ristrutturazione, approfittando del fatto che l'edificio fosse piuttosto grande e quindi ben fornito di altre aule da utilizzare per sostituire quelle difettose. In realtà, era solo una scusa per trattenere fondi e spenderli come meglio credevano.

Ad ogni modo, l'aula non era stata neanche messa sotto chiave, e ogni tanto qualcuno riusciva a intrufolarsi senza essere beccato dal guardiano.
Questa volta toccò a loro.

Camila affrettò il passo e bloccò la porta prima ancora che potesse essere chiusa, e si confrontò con lo sguardo truce di Normani, la sua mano ancorata alla maniglia in opposizione.

«Ti prego» supplicò, ma questa non rispose.

«Mani, chi è?»

Il cuore di Camila si spezzò ulteriormente al sentire la voce di Lauren tremante e rotta dal pianto, e lei deglutì.

«È Camila» disse Normani, la voce secca che non tradiva alcuna emozione.

Ci fu un attimo di silenzio, un attimo interminabile, forse un intero minuto in cui Camila rimase davanti alla porta socchiusa, i suoi occhi ancora su quelli di Normani, il respiro pesante che rimbombava nelle sue stesse orecchie e il cuore che tamburellava nel petto in attesa di una sentenza.

«Falla entrare» uscì alla fine dalle labbra della ragazza dei capelli corvini, e Normani interruppe la sua guerra silenziosa solo per voltarsi verso di lei, incredula.

«Scherzi?»

«Mani, per favore... Falla entrare e aspettami fuori»

«Non ho intenzione di muovermi da qui» Normani fu lapidaria, e Lauren sospirò, poiché capiva esattamente il motivo dietro la sua insistenza. Lei stessa non voleva restare sola con Camilla a tutti i costi, perché aveva fisicamente bisogno del supporto della sua migliore amica, dato che si sentiva sul punto di crollare.
Tuttavia dovette farsi forza.

«Sto bene, ti prometto che non mi farò trattenere più di dieci minuti. Puoi rimanere ad aspettarmi?»

Camila sentì gli occhi pizzicare, un nodo formarsi all'altezza della trachea e soffocarla lentamente.
Le parole di Lauren, già così distanti e assolutiste promettevano solo una catastrofe e, per quanto se lo aspettasse, non era pronta ad affrontare la realtà.

Normani sospirò e puntò di nuovo lo sguardo su Camila, con ostilità, prima di aprire la porta del tutto e uscire dalla stanza urtando la spalla della bruna - probabilmente di proposito.

Lei alzò la testa, e i suoi occhi appresero man mano la scena che si presentava ad ogni passo compiuto oltre la soglia della stanza.
Era un'aula priva di banchi o cattedra, e la lavagna rimasta appesa al muro, un tempo bianca e lucida, aveva uno strato di polvere visibile in contro luce.

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