Capitolo 16

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Ogni scalino è cosparso di cenere e cicche di sigarette. Più avanzo, più ne posso calpestare. Finchè alla fine della rampa una nube tossica mi annebbia la vista.
Sventolo la mano per cacciarlo via.

-Bianca.

-Dennis.

Dennis stava seduto sul cornicione della finestra. Le ante totalmente spalancate. Fumava. Accanto a lui un pacchetto di sigarette mezzo vuoto.

-Vieni, accomodati. - Ritira le sue gambe che prima teneva distese facendomi spazio.

-Ok.- mi siedo come da suo invito di fronte a lui poggiando la schiena sull'infisso.

Siamo faccia a faccia.

La sua è proprio come quella di stamattina. Cupa.

Non dice nulla, si limita a godersi la sua sigaretta, buttando il fumo all'esterno.

Giro la testa verso l'interno della casa e mi prendo un minuto per osservarla.
Mi pietrifico di fronte a quella scena.

-Un bello spettacolo, vero?

La sua camera è totalmente sottosopra. Nulla é più al proprio posto. Ma la cosa che più mi sconvolge è la sua chitarra che giace al centro di stanza. Completamente distrutta.

-Cosa é successo qui?

Dennis guarda lo scenario per poi portare lo sguardo lontano da esso.
Sorride con sdegno, si toglie la sigaretta dalla bocca, la guarda e con una smorfia la getta a terra. La vediamo cadere dai vari piani fino a spegnersi nell'acqua di una pozzanghera nella strada.

-C'è stato un po' di movimento. Un po' di casino.

Noto solo adesso le sue occhiaie marcate.

-L'ennesima discussione con i miei. Sempre per gli stessi motivi, bla bla, non te li vado a raccontare di nuovo.
Ma stavolta con il peggiore degli epiloghi.

Sembra disgustato.

-Non me lo sarei mai aspettato.

Deluso.

-Dopo questa discussione, per ripicca mi chiudo in camera a suonare. Per tutto il tempo. Esco un attimo con Sarah, la accompagno dall'estetista, o dalla parrucchiera, non ricordo. Al mio ritorno trovo le corde della chitarra tagliate, tutte.

Deglutisce.

-Non ci ho più visto dalla rabbia, io, ti giuro, volevo andare da quei figli di... mmh- gesticola animatamente - volevo fargliela pagare. Ma mi bloccai prima che potessi fare qualcosa di cui avrei potuto pentirmi. Mi chiusi dentro e cominciai prendere a pugni qualsiasi cosa trovassi di fronte. I libri, li ho strappati tutti. Ho buttato tutto a terra, ho preso a calci quei muri fino a farmi male. Fino ad avere il sangue alle nocche.

Guardo le sue mani. Sono ferite.

-C'era un limite, e l'hanno superato. Hanno fatto la cosa peggiore che avrebbero potuto fare. Tagliarmi le ali.

I suoi occhi diventato lucidi.

-Mi hanno tolto l'unica cosa che...

Metto la mia mano sulla sua e la stringo.

Un gesto inaspettato, da entrambe le parti.

-Shh... Non c'è bisogno che continui- gli dico.

-Perchè?

-Ti fa male.

-Si vede dici?

-Io lo vedo.

Stringe a sua volta la mia mano.

-Non riesco a stare qua- scende dal davanzale senza togliere la presa, evitando ogni contatto visivo con lo scempio che è la sua camera -usciamo!- mi guarda speranzoso.

Alla sua inaspettata proposta sorrido. Guardo poi la città sotto di me. Sento le macchine sfrecciare, qualche cane abbaiare.

Vorrei tanto dirgli di sì, portarlo via da quel posto, distrarlo, magari farlo divertire, avrei potuto farlo.

Avrei voluto.

-Non posso.

Toglie la mano.

I suoi occhi blu si riempiono di delusione. E in me si manifesta un grosso senso di colpevolezza.

Non posso uscire, loro sono là fuori.

-Mi dirai mai il perchè?

Vorrei.

-Non...

-...posso.- completa la mia frase -Perchè, perchè non puoi?- Si risiede a cavalcioni sul davanzale.

-Vorrei...

-Vuoi ma non puoi. O il contrario? Puoi ma non vuoi? Non ti fidi.

-Io...

-Fidati.

-Non...

-Non riesci.- ma come fa -Provaci.

Si avvicina, porta la sua mano alla mia guancia, si sofferma su di essa, tremo sotto il suo tocco.

-Non puoi tenerti sempre tutto dentro.

Ha ragione.

Lui mi ha raccontato le sue cose senza alcun problema, si è fidato di me, si fida e continua a dimostrarmelo lasciando ogni sera la finestra aperta.

Lo fa per me.

Io cosa faccio per lui?

Solo questo mi sta chiedendo, di fidarmi. Posso accontentarlo?

-Provaci Bianca.

Ci provo.

-Non riesco a stare a casa mia.

Dennis mi guarda con stupore, non se lo aspettava, non dice nulla per paura di rovinare il momento più unico che raro in cui io finalmente mi apro e riesco a dire qualcosa di me stessa, rispondendo ad una delle domande che più perseguitano la sua esistenza.

-La situazione è abbastanza complicata.

Non ho mai visto Dennis così concentrato su qualcosa. Su di me.

-Mio padre, non l'ho mai conosciuto, mia mamma non me ne parla mai, so solo che se n'è andato quando lei era incinta di me. L'ha piantata in asso insomma. Siamo sempre state solo io e lei, tra alti e bassi abbiamo tirato avanti. Mamma non é un tipo molto indipendente, ha sempre avuto bisogno di un uomo accanto, ne ho visti entare tanti dalla porta di casa, così come sono usciti. Ora però si è sposata, da ormai qualche anno. Ha trovato quello giusto, quello che la rende felice.

È più difficile del previsto, faccio una fatica atroce a far uscire le parole.
Più mi avvicino al punto, più sento di non potercela fare.

-Lui é un tipo all'apparenza duro. Come ogni coppia hanno dei piccoli litigi, che si risolvono sempre poi, per carità, solo una volta ne hanno avuto uno un po' più acceso del solito. Hanno fatto un sacco di rumore, e il vicinato che già non aveva molta simpatia per il marito di mia madre, ha colto l'occasione per denunciare il fatto. Un fatto che non si è limitato ad una semplice lite domestica, ma che è stato pericolosamente ingigantito. Ora gli assistenti sociali ci fanno visita quasi tutti i giorni, è da loro che scappo, gli ho già parlato una volta, peggiorando solo il tutto, vogliono le mie disposizioni ma sono fermi nelle loro convizioni, qualsiasi cosa dica non c'è nulla da fare.

Tutto questo suona così assurdo. Non ci credo neanch'io.

-Scappi dagli assistenti sociali?

-Lo faccio per il bene di mia madre.

-Ma, se davvero non è successo niente non potresti provare a riparlarci, magari per mettere le cose in chiaro?

-...No.

Dovevo starmi zitta.

-Mi stai dicendo la verità?

Non del tutto.

-...Sì.

Ho provato a raccontarglielo, stavo andando bene all'inizio, poi le parole rimanevano bloccate in gola.
Una mezza verità, non del tutto completa. Quella ero riuscita a dire, non di più.

Ci ho provato.

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