Come ogni giorno da vent'anni a questa parte tra le diciassette e trenta e le diciotto si ripeteva il rito di Anna di innaffiare le piante del grande giardino che possedeva in veranda.
Le vetrate lasciavano filtrare gli ultimi raggi di sole della giornata e le sue mani, oramai rugose, procedevano a mettere ordine in quella serra curata e tanto amata.Vi erano tutte le varietà di piante grasse ed un enorme e datato ficus a foglia larga regalatole dalla figlia in occasione di una festa della mamma.
Anna viveva sola in quell'appartamento; a farle compagnia un grasso gatto soriano tigrato grigio, i suoi infiniti pensieri e i suoi mille ricordi.Una vita di pensieri accumulati nel suo cervello come gomitoli colorati di cotone.
Pensieri arruffati, contorti ed intrecciati; pensieri positivi che si scontravano con quelli negativi e ricordi da farle battere il cuore ancora oggi a sessant'anni quando riaffioravano alla memoria.
Anna era un'insegnante italiana in pensione, vedova, dall'aspetto giovanile, madre di una figlia che si era stabilita all'estero, dove lavorava come ingegnere in un'azienda di componenti per computer. Marta le aveva dato grandi soddisfazioni durante la sua adolescenza e il suo percorso scolastico ed aveva scelto la Cecoslovacchia per potersi costruire una famiglia, dato che il lavoro l'aveva portata a Praga.
Anna andava a trovarla di tanto in tanto seguendo il suo spirito avventuroso e la sua inclinazione a viaggiare; non dimenticando però le sue radici, non riusciva a staccarsi del tutto dalle sue certezze, dalla sua quotidianità, dalle sue abitudini. Dopo qualche giorno lontano da casa sentiva l'esigenza di tornare, di respirare aria familiare, di accoccolarsi sulla poltrona in veranda e guardare con aria sognante attraverso le vetrate il mondo che conosceva a memoria: il tizio che usciva a fumare sul balcone di nascosto dalla moglie, i volti paonazzi e sudati dei bambini nel cortile di fronte, la ragazza con la bici colorata sempre carica di borse della spesa e l'uomo in giacca e cravatta di corsa che correva a prendere l'autobus per recarsi al lavoro ogni mattina allo stesso orario.
Il suo mondo era ormai composto da situazioni banali, da emozioni semplici.
Quella sera d'autunno, seduta in veranda sulla sua poltrona vintage anni cinquanta di panno rosso, che l'avvolgeva come un caldo cappotto, venne sopraffatta dal suono del campanello che interruppe la sua quotidianità come una forte scossa di terremoto, un boato nella testa ed un tuffo al cuore.
Anna era sola oramai da qualche anno. Suo marito Marco morì d'infarto improvvisamente durante una cena di lavoro a soli 59 anni e Anna non era mai riuscita a perdonare a se stessa di non esserci stata.
Il loro matrimonio era stato felice tra alti e bassi ma, nonostante lei si fosse sempre dimostrata una moglie paziente ed affettuosa che si occupava della casa e della figlia in sua assenza, ebbe una relazione con un uomo più giovane di lei, collega di lavoro, insegnante di latino che fece qualche supplenza alla scuola media in cui Anna prestava servizio.
Mauro era bello, alto e soprattutto giovane; aveva vent'anni in meno di Anna.
Lei era intimidita dai suoi occhi scuri ed espressivi e quando lo vide entrare per la prima volta in presidenza, abbassò lo sguardo. La preside lo presentò e lo introdusse ai colleghi elencando il suo brillante percorso di studi classici. Purtoppo era ancora precario e capitò nella scuola di Anna per una supplenza solo per pochi mesi. Viveva in un appartamento condiviso con altri ragazzi ed il suo modo trasandato di indossare la camicia visibilmente stroppicciata denotava l'assenza di una donna ad occuparsene.
Ad Anna suscitò subito interesse, forse per il suo innato senso materno e per la differenza d'età che li divideva.All'epoca lei aveva 49 anni e nonostante la sicurezza di una donna matura si lasciò ben presto sedurre da quel ragazzotto di 29 anni che non smetteva di ammirarla e di rivolgerle attenzioni.
Mauro cercava il suo sguardo e non desisteva, benché lei lo allontanasse rammentandogli il vincolo dato dalla sua fede all'anulare sinistro.
Non aveva mai tradito, né mai pensato di farlo.
Mauro le infilava bigliettini tra le pagine dei libri con proposte di pranzi per sfuggire agli occhi dei colleghi e passare del tempo insieme, accompagnati da fiori strappati nel giardino della scuola. Anna, come qualsiasi donna lo sarebbe stata, ne era lusingata, ma cercava di mantenere distacco e professionalità e di allontanare anche solo l'idea di un incontro da sola con quel giovanotto.
Un pomeriggio durante un consiglio di classe le si avvicinò, si sedette di fianco facendole scivolare la mano sulla coscia. Lei dapprima sgrano' gli occhi in un vano tentativo di bloccare sul nascere un approccio così audace, poi si abbandonò come fossero soli e con uno sguardo d'approvazione, lasciò che la mano si strofinasse delicata sulla gamba avvolta in un pantalone di lino così leggero da lasciarle percepire un eccitante brivido.
Nelle giornate successive Anna cercò di sottrarsi a quella passione che le stava crescendo dentro non fermandosi oltre l'orario di servizio, ma Mauro non le toglieva gli occhi da dosso anche negli incroci tra il cambio dell'ora.
Persino a casa Anna ripensando a quelle occhiate penetranti, quasi violente, si sentiva eccitata e cercava nel marito conforto nei pochi momenti in cui era a casa tra un impegno di lavoro e l'altro.
Purtroppo il problema era proprio l'assenza di Marco che durava giorni e giorni e lasciava un vuoto che Anna stava pensando di riempire con i complimenti, le lusinghe e le attenzioni di quel ragazzo che avrebbe potuto avere la fila sotto casa ma, importunava lei.
L'idea che le venne fu quella di sfogare il desiderio che provava una sola volta e poi di chiudere un rapporto impossibile per l'importante differenza d'età.
Nel premeditare quest'avventura pensava che una volta non potesse essere peccato e che avrebbe potuto tentare di non lasciarsi trasportare mentalmente; molti uomini lo fanno e non compromettono le loro vite e la loro preziosa famiglia quindi avrebbe potuto farlo anche lei.
Si rendeva conto di stimolare Mauro presentandosi al lavoro truccata, vestita e pettinata ogni giorno come se andasse ad una serata importante e di lasciare nel corridoio un'odorosa scia di profumo che era un chiaro messaggio di gradire quel coraggioso corteggiamento.
Anche i colleghi avevano percepito un cambiamento e come in tutti i piccoli posti di lavoro cominciavano a vociferare.
Parlare con Mauro sulle panchine della scuola la faceva sentire al centro dell'universo. Lui era un ragazzo molto intelligente e ogni parola uscita dalla sua bocca assumeva un fascino particolare. Anna cominciava ad amare il suono della sua voce a tratti roca e il perdersi nel nero dei suoi occhi.
Mauro le confidò di avere una predisposizione a gestire rapporti con donne mature e di non essere interessato ad approfondire nessuna conoscenza con coetanee.
Più la guardava, più la spogliava con gli occhi; mentre parlava, le si avvicinava tanto da farle percepire la sua eccitazione.
Per alcuni mesi si gustarono quegli attimi apparentemente innocenti, rubati a scuola durante il cambio dell'ora o all'intervallo.
Nessuno dei due pressava l'altro; il loro rapporto di natura platonico-intellettuale era sufficiente a riempire le loro vite e a rendere l'attesa abbastanza stuzzicante.
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LA CHIAVE
RomancePersonaggi: Anna protagonista, Marta figlia Marco marito Mauro amante