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** questa mia one shot è già presente sul mio profilo, ma visto che ormai ho creato questa raccolta mi limiterò a ricopiarla anche qui. **

12/settembre/2017 
daisuga,

«Mi sono sempre chiesto, il giorno in cui mi sarei svegliato senza te al mio fianco, chi avrebbe raccolto le mie lacrime?»

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«Mi sono sempre chiesto, il giorno in cui mi sarei svegliato senza te al mio fianco, chi avrebbe raccolto le mie lacrime?»

Il vento soffia forte e veloce nel parco, facendo volare via anche le foglie più forti che sono rimaste aggrappate ai rami.

Di fronte alla voce che narra, ci sono solo poche sedie. Sono tutti in silenzio e la maggior parte di loro non alza lo sguardo da terra.

Il ragazzo in piedi di fronte a tutto alza un angolo delle labbra, forse leggermente divertito, ma l'immagine è confusa per via degli occhi rossi e gonfi e le ultime lacrime che stanno ancora scendendo sul suo volto.

«Ma in realtà, non ho mai temuto tutto ciò. Non ho mai pensato che un giorno mi sarei davvero svegliato senza di te, non avrei mai immaginato che ci sarebbe stato un giorno senza te.» continua, sforzandosi per non far spezzare la sua voce. «Il modo in cui mi trattavi, in cui ti comportavo con me, il tuo tono di voce quando mi parlavi, tutto sembrava dirmi che saresti stata una costante nella mia vita.»

le loro mani che si intrecciavano, mentre Sawamura giocava con i capelli del compagno, che aveva la testa sulle sue gambe. Era quasi la fine del loro allenamento, ed entrambi stavano riprendendo fiato su una delle panchine dello spogliatoio. Daichi abbassó lo sguardo sull'altro, e pensò che era bellissimo. Con le goccioline di sudore che gli imperlavano la fronte, gli occhi lucidi, le guance arrossate, le labbra rosee schiuse per riprendere fiato. Quel neo che lo distingueva da tutti vicino al suo occhio.

«E ci credevo anch'io, Suga.» si stringe nelle spalle «Credevo anch'io che io e te saremo durati per sempre. Credevo che il tempo si sarebbe fermato, anche lui incantato dalla bellezza e dalla luce che la nostra coppia aveva, e che non avrebbe voluto lasciarci andare. Sognavo una distorsione del tempo in cui e te saremo durati in eterno, come dei príncipi dell'infinito. E ricordo come ridevi quando, sdraiati sul tuo letto, io puntavo il dito verso il tuo soffitto bianco e cominciavo a blaterale questi assurdi sogni. Mi piaceva sentirti ridere, e anche se ridevi di me, mi andava bene. Così continuavo a raccontarti dei miei pensieri assurdi, senza vergogna.»

Né uno né l'altro si vergognava di avere le proprie dita intrecciate a quello di un altro ragazzo. Anche se intorno a loro c'era altra gente, anche se più volte quando si erano sfiorati per strada o per la scuola erano sempre finiti per tirarsi indietro.
Quel giorno le loro dita erano intrecciate, per qualche motivo, per qualche destino. Erano lì seduti, e le loro mani si sono cercate ancor prima che lo facessero i loro occhi.

E come comunicavano i loro occhi! Era incredibile quanti discorsi riuscissero a fare tra di loro, senza che nessuno dei due avesse idea del vero significato.

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