Capitolo 8 - Alberto

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Prima di andare a casa di Serena dovetti passare dalla mia. Avevo già mandato un messaggio a mia madre, prima di uscire da scuola, per dirle che avrei pranzato fuori. Dovetti accertarmi che non avesse cucinato nulla, avrei preso un paio di libri che non avevo portato con me e l'avrei salutata facendole il resoconto della giornata, come lei voleva. Cominciava una nostra tipica conversazione con una consueta domanda: "cosa hai fatto oggi a scuola?" ed io le rispondevo con qualcosa che non suonava mai nuovo: "nulla"; se poi  insisteva con la stessa frase ero costretto ad aggiornarla su nuove interrogazioni, voti, accaduti particolari e pettegolezzi che piacevano tanto anche a lei, in caso contrario sarei stato congedato dal suo terzo grado. Inoltre, ogni giorno, mi mandava puntualmente un messaggio per chiedermi dove avrei pranzato perché sapeva bene che circa la metà delle volte andavo da Serena; in verità era facile capire cosa avrei fatto: un giorno andavo da lei e quello successivo lei veniva da me. Questa abitudine di alternare i giorni era un'idea sua, come qualsiasi altra cosa che non avesse realmente senso.

Pensandoci, sapevo che era veramente strana: paranoie, vizi, fobie e qualsiasi altro comportamento poco convenzionale faceva al caso suo. Soprattutto quando eravamo a casa sua diveniva una maniaca dell'ordine e della pulizia: io non potevo che adattarmi a queste sue ossessioni.

Suonai al campanello perché si era dimenticata di lasciare la porta aperta.

"Entra dai" disse lei sicura che fossi io.

Con cautela affiancai lo zaino al divano di pelle bianca, cercando di non graffiarlo con le cerniere di metallo. Ovviamente non potevo appoggiarmi a nessuna parete per evitare di lasciare le orme delle mie mani sul muro, quindi camminavo lungo il corridoio come se fossi in un percorso ad ostacoli recintato da filo spinato. Feci ben attenzione a chiudere il portone dietro di me, che come tutte le altre porte della casa era in legno di ciliegio. Ricordo ancora quando una zia di Serena aveva portato il suo cane in casa loro e aveva graffiato uno dei mobili del salotto con le sue unghie: pensai alle loro facce sconvolte, all'aria impregnata di tensione e mi venne da ridere.

Serena era coricata sul divano col cellulare in mano, io mi feci spazio minacciandola di sedermi sulla sua pancia.

"Ciao Laura!" salutai sua madre, gridando per farmi sentire.

"Ciao Alberto, tra cinque minuti è pronto, lavatevi le mani e venite" gridò lei in tutta risposta.

Andammo verso il bagno principale che si trovava accanto alla sua stanza. Anche lavarsi le mani in quella casa  risultava abbastanza complesso, bisognava seguire dei passaggi ben precisi per evitare di incappare in terribili errori: prima bisognava aprire il rubinetto con un apposita pezza di stoffa poggiata accanto al lavandino per evitare di lasciare l'impronta delle dita, mettersi il sapone nelle mani e lavarle facendo attenzione a non far schizzare acqua sullo specchio, sulle piccole mattonelle delle pareti o per terra, dando per scontato che fosse impossibile sporcare il tetto. Infine il compito più difficile, che lasciavo puntualmente a lei: chiudere il rubinetto senza bagnare nulla.

Prima di entrare in cucina perderemo qualche minuto per scherzare, e le prime ipotesi che iniziammo a formulare sull'estate trasparivano un particolare desiderio e ottimismo.

"Cosa hai preparato oggi?" chiese Serena allungando lo sguardo verso la pentola che la madre stava togliendo dai fornelli.

"Riso con i funghi e carne impanata" rispose con un velo di orgoglio personale.

Ormai mi fidavo ciecamente dei suoi menù: mi aveva  sempre dimostrato di essere una cuoca eccezionale. Anche mia madre, durante una delle nostre serate in famiglia, aveva ammesso di non essere mai riuscita ad arrivare allo stesso suo livello; afflitta dalle sue limitate potenzialità culinarie aveva accettato la superiorità di Laura e forse, anche per questo motivo, aveva cominciato a seguire dei programmi di cucina in televisione.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 25, 2017 ⏰

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