XIV - La tecnica che offese gli Dei

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Polluce con un abile stratagemma è riuscito ad infiltrare nel Palazzo di Ares, 23 Cavalieri, tra cui i tre dorati che insieme a lui stavano per affrontare il Dio. Cavalieri di Bronzo e Argento affrontavano i Berserkers in tutto il palazzo, mentre quelli di guardia all'esterno convergevano dentro per eliminare gli intrusi. Ippolito, figlio di Teseo, che aveva aiutato il Cavaliere dei Gemelli nel suo piano, stava ora cercando il modo per distruggere la barriera che rendeva inaccessibile il Palazzo al Teletrasporto. Così si ripeteva in mente le parole di Neven, quando appena tornato dal mondo dei morti, si era risvegliato nella casa del dorato Ofiuco. C'era Kitalpha addormentato su una sedia accostata al letto, mentre Polluce, Asclepio e Neven, seduti al tavolo, sorseggiando un po' di vino, lo fissavano straniti delle sue condizioni.
«Ti sei svegliato, finalmente» – esclamò Asclepio – «Per un attimo mi hai fatto presumere il peggio!»
«Che è successo?» – chiese Ippolito ancora un po' stordito
«Diccelo tu!» – ribattè Polluce – «Chi ti ha ridotto così?»
Ippolito rimase in silenzio per qualche secondo sforzandosi di ricordare, ma solo alcuni flash riuscivano a tornargli in mente.
«Non riesco a ricordare! Ho solo alcuni spezzoni!» – spiegò il ragazzo
«Ci penso io!» – disse Polluce toccando la fronte del giovane ancora disteso – «Genro Mao Ken!» – sottovoce Polluce pronunciò il nome della sua più potente tecnica mentale – «Ora rivedrai ciò che non riesci a ricordare!»
In pochi istanti Ippolito riacquisì la memoria, sobbalzando per ciò che rivisse.
«Mio padre» – disse agitato – «È stato mio padre»
Il sudore gli colava dalla fronte, e Asclepio sapeva che in quelle condizioni, agitarsi era pessimo per la salute.
«Calmati, adesso! Cerca di rilassarti altrimenti ti si potrebbero riaprire le ferite» – gli disse tentando di farlo quietare.
«Lo so! Adesso mi è tutto più chiaro!» – rispose Ippolito sempre piuttosto agitato – «Mi ha seguito di nascosto fino al sentiero che conduce al Tempio e appena ho incontrato i soldati di guardia, mi ha attaccato. Non era solo! Lo seguiva un gruppo di guerrieri che indossavano strane armature. E cosa ancora più preoccupante sapeva che sono alleato di Ares! Sapeva le stesse parole che ho usato per farmi credere alleato dal Dio della guerra! Poi mi ha chiesto come mai fossi venuto al Tempio! Ovviamente non ho risposto e ci siamo scontrati!»

«Il ragazzo ha ragione! Teseo è vivo! Anche Giasone l'ha visto, prima di ritornare al Tempio mesi fa!» – intervenne Polluce – «Ti ha fatto intendere di sapere del tuo doppio gioco con Ares?» – chiese poi preoccupato
«No, non mi è sembrato, anche se con lui, tutto è possibile!»
«Hai detto che un gruppo di guerrieri lo seguiva! Non erano quindi Berserkers?» – chiese Neven
«No, nobile Neven!» – rispose, cercando di mettersi seduto, ma essendo ancora debole Asclepio glielo impedì – «Avevano delle Armature violacee, di strane forme, mentre mio padre indossava la sua Scaglia! Lui è quello che mi ha salvato la vita?» – chiese infine guardando Kitalpha dormire sulla sedia.
«Si, lui è Kitalpha! Ma per ora è sotto una mia illusione, non può sentirti!» – spiegò Polluce – «Anzi forse è meglio che ti fai trovare addormentato al suo risveglio, sia per evitare che rimanga qui quando scoppierà il finimondo, sia perché hai comunque bisogno di riposare. Ritornare dal mondo dei morti non è cosa da poco!»
«Sì, probabilmente hai ragione! Ma prima, dimmi della barriera attorno al palazzo di Ares! Avevi detto che avresti raccolto delle informazioni!»
«Non so molto, praticamente ciò che sappiamo sono tutte deduzioni di Neven! Ho sentito parlare alcuni Berserkers di una barriera che impedisce qualunque tipo di teletrasporto, è per questo che quando si teletrasportano lì, arrivano fuori il posto di blocco delle guardie. Entrare all'interno con il teletrasporto sarebbe quindi impossibile, così come uscire» – spiegò Polluce
«Dovrete quindi cercare in tutto il palazzo, il fulcro del potere di questa barriera!» – intervenne Neven – «Se il palazzo di Ares è protetto da questa specie di barriera al teletrasporto, allora probabilmente esso sarà costruito da un nucleo, che conterrà il suo sangue, e poi uno scheletro in muratura fatto di polvere di stelle. Il palazzo probabilmente sorge su questo scheletro, un po' come i muscoli e le ossa. Bisogna trovare e distruggere il nucleo, per due motivi: distruggere parte dello scheletro annullerebbe gli effetti solo in quel punto, e il teletrasporto potrebbe essere la nostra via di fuga considerato che non si aspettano da noi la possibilità di usarlo! Inoltre non sappiamo, dove Ares tenga Efesto imprigionato e il teletrasporto può rivelarsi utile per setacciare il palazzo! Per quanto riguarda la divina Athena, non perdetela di vista! Probabilmente Ares vorrà torturarla per ottenere le informazioni! Date il via al piano se tale evenienza si dovesse verificare, anche se ancora non avete trovate il fulcro. Non possiamo permettere che le venga torto neanche un capello»


Ricordando quelle parole, Ippolito seguiva sulle pareti, le parti costruite con polvere di stelle, perché logicamente esse si sarebbero dovute originare dal nucleo della barriera. Ebbe la sensazione di perdersi più volte, e, infatti, nel seguire la maggiore quota di polvere di stelle nei muri dovette cambiare strada alcune volte. Si doveva sbrigare perché una volta distrutto il nucleo avrebbe dovuto dare il segnale a Neven, e il tempo scarseggiava. Adesso c'era solo un'unica strada, e riusciva a percepire il potere di Ares scorrere in tutte le pareti. Ciò poteva significare solo una cosa: si stava avvicinando al suo obiettivo e così fu.
Si ritrovò in una stanza chiusa, l'unico accesso era quello da cui entrò. Al centro della stanza c'era un'enorme colonna, fatta di luce, con dei rami sia sul tetto sia sul pavimento. Al centro della colonna s'intravedeva una sfera rossa per lo più con molte decorazioni, di cui poche si distinguevano per via della luce che emanava. Dalle aperture di questa sfera in alto e in basso, il flusso di puro Cosmo fluiva impetuoso, creando appunto quella colonna di luce. Lanciò un potente colpo di pura energia ma attraversò la colonna, distruggendo il muro dall'altra parte.
"E ora come la distruggo?"
Provò a spedirla nel Charybdis Gorge, ma la tecnica inghiottì soltanto alcuni pezzi che riuscì a staccare dai muri attorno. Così ebbe l'idea di spezzare il collegamento tra la colonna di luce e lo scheletro del palazzo, fatto di polvere di stelle.
Distrusse i muri attorno, sopra e sotto la colonna ma niente successe. Era ancora pienamente funzionante, e capì di non aver risolto nulla. Poi arrivò l'illuminazione.
"Se il nucleo della barriera è fatto con il Cosmo e il sangue del Dio, vuol dire che è simile al flusso di Microcosmo all'interno di un corpo! Bene, allora proviamo con questo!"
Forse era il compito più adatto a lui, anche se non semplice, trattandosi del Cosmo di un Dio, e il sangue di due, considerata Aphrodite.
«Death Touch!» – urlò, colpendo la colonna con la mano semiaperta, nel tentativo di sopprimere il Cosmo Divino che la permeava. Tuttavia, nonostante riuscì, solo per un istante, a fermare il flusso dell'energia nella colonna, esso riprese e il contraccolpo lo scaraventò a terra. Si rialzò, e determinato a non arrendersi, provò ancora, venendo scaraventato nuovamente a terra. Doveva riuscire a trovare una soluzione. Per quanto il Death Touch sembrasse funzionare per un istante non era in grado di fermare il flusso del Cosmo di un Dio. Ci voleva qualcosa di più deciso, che lo interrompesse istantaneamente. Così bruciò tutto il Cosmo che aveva a disposizione, eseguendo quella tecnica che si era autoproibito per via del padre.
«Death Stroke!»
Con il suo pugno cercava d'interrompere il flusso, con l'obiettivo di raggiungere quella sfera che a metà altezza sembrava levitare. Il potete flusso di Cosmo che da essa scaturiva sembrava respingerlo, ma usando fino in fondo tutte le sue forze, Ippolito riuscì ad affondare il colpo fino alla reliquia distruggendola. Così la colonna si estinse e il giovane esausto si dovette sedere.
Quello era uno dei colpi più potente che Teseo gli avesse tramandato, e che usava senza un minimo di contegno, uccidendo chiunque sulla sua strada. Per questo Ippolito avverso alla violenza gratuita e disgustato dall'uso improprio che il padre faceva del suo potere, aveva creato la versione meno potente della tecnica, ovvero il Death Touch, che diminuisce il flusso di Microcosmo dell'avversario, senza ucciderlo, così da impedirgli il combattimento, mentre il Death Stroke lo interrompe bruscamente uccidendolo.

Ora non rimaneva altro che segnalare la sua posizione, richiamando con le sue ultime forze il Cosmo che gli rimanesse.
Nel frattempo, infatti, fuori dal Palazzo di Ares, la tensione per la battaglia era palpabile nell'aria e Neven, Equos e Gyon attendevano che il momento giusto arrivasse. Neven aspettava il segnale per teletrasportarsi all'interno. Grazie alle sue conoscenze come alchimista, confidava nel fatto che Polluce e Ippolito sarebbero riusciti, seguendo le sue istruzioni, ad annullare la barriera. Trovato e distrutto quel punto cardine, le diramazioni in polvere di stelle, che diffondevano il potere del Dio in tutto il palazzo, sarebbero servite a poco. Così non appena riuscì a percepire lo spazio interno al Palazzo, doveva trovare il Cosmo di Ippolito, che espanso avrebbe dovuto attirarlo.

«Ci siamo!» – esclamò il Generale – «La battaglia è cominciata!»
«Allora che aspettiamo!» – chiese Gyon già due passi avanti ai dorati.
«Fermo! Non è ancora il nostro momento!» – lo richiamò Equos.
«Ma adesso i nostri compagni stanno lottando con il nemico, non possiamo stare qui a non far nulla!» – protestò Gyon
«Fanno ciò che devono, così come noi! Perciò aspetta Cavaliere, non è ancora arrivata l'ora d'intervenire!» – intervenne Neven.
Gyon rimase in silenzio dopo il rimprovero del generale, fissandolo mentre si concentrava.
«Ecco! È il segnale!» – disse sottovoce, poi si teletrasportò portando con sé i due Cavalieri.
Apparvero difronte a Ippolito seduto per terra, visibilmente esausto per lo sforzo.
«Che è successo?» – gli chiese
«Niente! È stato più difficile del previsto! Il nucleo era sfera che emanava un potentissimo flusso di Cosmo, creando una specie di colonna continuamente manteneva la barriera, per estinguerla ho dovuto penare. Se questo è solo una minima parte del potere di Ares, siamo spacciati. Se l'avessi avuto difronte, le mie tecniche non lo avrebbero minimamente indebolito, mentre anche un dorato avrebbe difficoltà a contrastarle.
«È così potente il suo Cosmo?»
«Sì! Nobile Neven, deve subito raggiungere gli altri. Sono in serio pericolo, non possono farcela da soli!»
«Tranquillo ragazzo, al più presto porterò tutti quanti fuori da questo posto!»
«Spero solo che riescano a resistere fino a quel momento!» – disse Ippolito poco prima di svenire.
«Hai fatto più di quanto dovevi!» – disse rivolgendosi al ragazzo svenuto.
Neven pose quindi la mano sulla fronte del giovane ragazzo e un simbolo apparve per un breve istante, poi il giovane venne avvolto da un intensissima luce dorata. Ippolito si risvegliò improvvisamente restando stordito qualche secondo.
«Come hai fatto?» – chiese Gyon al generale.
«Le spiegazioni a dopo!» – poi si rivolse ad Ippolito che aveva ripreso conoscenza – «Ti ho marchiato con il sigillo del teletrasporto cosicché quando ci ritireremo io possa teletrasportarti anche essendo distante da te! I Cavalieri portati da Polluce lo possiedono! Ora raggiungili il combattimento è tutt'altro che finito! Noi dobbiamo cercare la prigione di Efesto! Dov'è Athena?»
«È con Polluce e gli altri dorati! Mentre per quanto riguarda Efesto, ho sentito da alcuni Berserkers che è nei sotterranei»
«Perfetto! Liberato Efesto, ci ritireremo! Su, vai!»
Ippolito corse subito dagli Cavalieri, mentre Gyon, piuttosto confuso da ciò che gli accadeva, aveva bisogno di qualche chiarimento. I due dorati però iniziarono la corsa alla ricerca del Dio.
«Non andiamo a salvare Athena?» – chiese raggiungendo i due dorati che in pochi secondi l'avevano distanziato.
«Athena è già salva! La proteggono quattro dorati, sta tranquillo! Noi dobbiamo liberare Efesto!» – gli spiegò Equos
«Dalle informazioni di Polluce sappiamo che è stato costretto a costruire le Hauberks dei Berserkers nelle sue fucine, poi è stato portato qui! Polluce l'ha visto imprigionato con delle catene, probabilmente fatte di un materiale speciale che gli impedisce di usare il proprio Cosmo!» – spiegò Neven
«E come lo libereremo?»
«Ho già un piano!» – lo tranquillizzò il Generale.
I tre erano arrivati in una stanza gigantesca e videro alla fine di questa delle scale che scendevano.
«Guardate!» – esclamò Equos – «Quelle scale probabilmente conducono ai sotterranei!»
«Si forza! Andiamo!» – Gyon con il suo vivido entusiasmo accelerò.
Mentre stavano attraversando la gigantesca sala, una figura incappucciata gli sbarrò la strada.
«Sporchi umani, dove pensate di andare?»
I tre si dovettero fermare difronte l'imponente Cosmo dell'avversario.
«Tu!» – esclamò l'incappucciato – «Mi ricordo di te, avevo detto a Polluce che era meglio ucciderti! Ora ho capito perché non l'ha fatto! Quello sporco umano ci ha tradito! In tal caso mio padre gli darà ciò che si merita!»
«Togliti dalla nostra strada!» – gli urlò Gyon, scagliandosi contro di lui a tutta velocità.
Una barriera lo respinse scaraventandolo dietro i due dorati.
«Gyon, fa attenzione, colui che stiamo affrontando possiede un Cosmo superiore al nostro!» – gli disse Equos, mentre il cavaliere di Bronzo si rialzava.
«Cosa? Superiore al vostro?»
«E non di poco!» – commentò Neven – «Abbiamo difronte una Divinità! Riesco a percepire la stessa scintilla che percepisco nella Divina Athena!»
«Esatto umani! Il mio nome è Phobos, Dio della Paura!» – disse l'incappucciato, togliendosi il mantello che né celava l'aspetto.
Era protetto da un'armatura di un rosso scuro prevalentemente, decorata con delle figure curve di un rosso più chiaro ma sempre intenso. I lunghi capelli di color castano chiaro, quasi grigio, avvolgevano un volto delicato, che nonostante fosse angelico riusciva ad incutere timore solo al vederlo, insieme al nero sguardo agghiacciante. Il Cosmo che lo avvolgeva era quanto di più malvagio e potente Gyon avesse mai percepito.
«Fai davvero paura, sei proprio brutto!»
«Come osi?»
Accanto a lui, comparve quello che sembrava essere il suo gemello, fisicamente opposto. I capelli scuri, gli occhi chiari, l'armatura di sfondo rosso molto chiaro e le stesse decorazioni però in rosso scuro. Il Cosmo era invece molto simile, e un infinito terrore per lo scontro assalì i tre Cavalieri.
«Un altro?» – chiese, quasi disperato, Equos
«Tu invece devi essere Deimos!» – constatò Neven, ignorando lo sconforto di Equos per l'immane sfida che li attendeva.
«Come osi dare tanta confidenza ad una Divinità?» – chiese inorridito Phobos.
«È ormai vicino all'Ade, lascia peccare l'umano quanto desidera, ciò potrà solo inasprire il destino che lo attende!»
«Questo è tutto da vedere!» – rispose a tono Neven, per niente intimorito dalle Divinità del terrore.
Prese Gyon dal braccio e lo lanciò contro i due nemici, poi lanciò uno dei suoi colpi micidiali.
«Starlight Extinction!»
Il colpo s'infranse sulla barriera che proteggeva le due divinità, che scoppiarono in una stucchevole quanto grossa risata.
«Hai solo disintegrato il tuo piccolo compagno a causa del contraccolpo con la barriera!» – commentò divertito Phobos.
«Non direi!» – replicò soddisfatto Neven, vedendo che la sua idea aveva funzionato.
Gyon, infatti, era stato teletrasportato aldilà del blocco delle due divinità, ancora ignare del fatto.
Il giovane Cavaliere di Bronzo era appena riapparso dietro i due figli di Ares, impugnando una spada dorata. Era la spada della Bilancia di Equos. Evidentemente Neven l'aveva presa dal compagno e gliel'aveva affidata. Così Gyon pensando di dover attaccare usando la spada, si fece un passo verso le due divinità.
«No! Va avanti!» – gli urlò Neven
Gyon fermandosi di colpo, seguì l'ordine del generale e iniziò ad percorrere le scale alla fine della sala.
Phobos e Deimos si accorsero di Gyon troppo tardi, infatti, i colpi lanciatigli contro, distrussero l'accesso alle scale, senza ferirlo poiché lo aveva già attraversato.
«Sporco umano!» – sprezzante e infuriato Phobos, si diresse a grande velocità verso Neven, e prima che il dorato potesse ergere il suo muro di cristallo, il Dio l'aveva già scaraventato a terra, colpendolo ripetutamente al torace, il tutto in pochissimi istanti. Equos stava per intervenire, ma fu anch'egli travolto dalla furia divina, stavolta di Deimos.
«Ti truciderò a mani nude, come si addice a dei sporchi blasfemi come voi!» – ringhiò Phobos
«Di voi non rimarrà altro che polvere di ossa!» – aggiunse Deimos
Le divinità stavano pestando letteralmente i due dorati, con colpi devastanti che impedivano loro ogni tentativo di difesa. I loro volti erano riempiti di sangue, così come le loro armature erano crepate in molti punti. Le divinità smisero di pestarli, indietreggiarono di alcuni passi e alzarono entrambe le braccia in alto, con le mani aperte verso l'interno. Tra le mani di entrambi, si generò un'imponente sfera rossa.
«È giunta l'ora della vostra morte!» – esclamò Deimos
«Ripeto, non direi!» – disse Neven, mentre tutte le ferite gli si rimarginavano, emanando una luce dorata.
I due Dei rimasero impassibili difronte alle capacità rigenerative del dorato, che ancora era a terra.
«Vediamo come ti rigenererai quando sarai polvere!» – gli rispose Phobos lanciando la sua sfera insieme al fratello.
L'esplosione fu dirompente ma qualche istante prima Neven ed Equos si teletrasportarono a qualche metro dietro le spalle delle divinità, avvolti in un muro di cristallo. Neven curò il dorato compagno, avvolgendolo in una specie di crisalide di luce, che in meno che non si dica, lo guarì. Le due divinità si girarono subito dopo l'esplosione, accorgendosi del teletrasporto di Neven.
«E così puoi curare anche gli altri, oltre che te stesso! Poco male!» – commentò Phobos
«Significa che dovremo essere più veloci!» – aggiunse Deimos
«Non né avrete la possibilità stavolta! Starcores Collapse!» – esclamò Neven.
Le due Divinità erano circondate da una moltitudine di punti luminosi che improvvisamente s'ingrandirono. Disegnavano nello spazio la costellazione dell'Ariete, poi così come si erano ingrandite collassarono, trasformandosi in supernove e una gigantesca esplosione di luce li travolse.
«Rozan Hyakuryūha!» – Equos, appena ripresosi, scagliò una delle sue mosse più potenti, forse la più potente in assoluto.
L'esplosione che si generò dalla confluenza dei due colpi fu micidiale e la gigantesca sala né fu devastata. Le macerie erano dappertutto, eppure le due Divinità apparvero illese non appena il polverone si diradò.
«Non penserete davvero di poterci sconfiggere così?» – sembrava piuttosto divertito Deimos nel pronunciare quelle parole.
«No ma le vostre Hauberks sì! Per quanto superiori a quelle dei comuni Berserkers, non possono resistere alla potenza di quei colpi!» – esclamò Neven anticipando di qualche istante la formazione di numerose crepe nelle Armature delle divinità. Le crepe più importanti ruppero le furiose Armature, cogliendo di sorpresa i due fratelli.
«È impossibile che un semplice umano possa esser arrivato a tanto!» – stupefatto e furioso Deimos, fissava con i suoi occhi gelidi i dorati mentre il fratello passava già ai fatti.
Phobos, infatti, era già pronto al contrattacco. Il suo Cosmo era ai limiti estremi e sia Neven sia Equos, erano esterrefatti dalla potenza del nemico.
«Tremate difronte il potere di un Dio! Last Nightmare» – puntando il suo dito contro i Cavalieri Phobos lanciò il suo colpo.
I due dorati caddero al suolo, sprofondati in un sonno profondo, in cui avrebbero dovuto affrontare le loro peggiori paure.

Gyon nel frattempo era giunto alla fine della scalinata trovandosi difronte una delle più grandi prigioni mai esistite. Un lungo, quasi infinito, un corridoio separava due file di grandi celle. Non riusciva a vederne la fine. La situazione già scoraggiante, iniziò a farsi più pesante man mano che rifletteva sul modo di trovare e liberare il Dio senza l'aiuto di Neven. Grazie allo stratagemma del dorato era riuscito a scappare uno scontro, che per quanto non gli piacesse ammetterlo, non avrebbe potuto vincere. Tuttavia la missione era più importante, nonostante non né comprendesse a pieno le ragioni. Grazie alla concessione di Equos aveva la spada dorata della Bilancia in mano. Capì che doveva usarla per liberare Efesto, tuttavia si chiedeva se ciò bastasse, considerando che neanche il Dio stesso riuscisse a liberarsi con le sue forze. Avanzava lungo il corridoio a piena velocità, esaminando le varie celle che incontrava. Avevano delle sbarre nere, grandi quanto lui, separate da spazi così miseri che era difficile capire chi ci fosse dentro. Poi pensò "Ma come lo riconosco Efesto? Non l'ho mai visto!"
Iniziò ad urlare il nome del Dio a squarciagola, ma il silenzio che seguì alle sue urla non fece altro che scoraggiarlo.
Continuò a correre sperando di trovare una cella diversa dalle altre. D'altronde quella di un Dio doveva avere qualcosa di speciale per contenerlo. Per quanto spesse potessero essere quelle sbarre, non avrebbero potuto adempiere tale compito. O almeno è ciò che si ripeteva per darsi coraggio. All'improvviso la strada gli fu sbarrata. Nuovamente le due divinità erano comparse dal nulla.
«Se vuoi siete qui, significa che... » – commentò Gyon incredulo.
«Sembri sperduto umano! Ecco che succede quando si manda un ragazzino a fare il lavoro che neanche un uomo potrebbe compie...»
Deimos fu interrotto dal Ryusei ken lanciato da Gyon, che tuttavia s'infranse senza colpire il bersaglio.
«Tu! Come osi, anche solo pensare di colpire un Dio?» – Deimos era furioso.
«Non ho paura di te!» – esclamò a gran voce, anche se dall'espressione e dall'atteggiamento non né sembrava molto convinto, indietreggiò, infatti, di qualche passo.
Deimos subito gli lanciò contro una grande sfera rossa di puro Cosmo. L'esplosione fu devastante tuttavia Gyon riuscì a rimanerne illeso, parando il colpo del Dio con la spada della Bilancia, che però rimase crepata.
"Che faccio adesso? La spada della Bilancia non reggerà un altro colpo di quelli! E non ha dovuto neanche sforzarsi! Non voglio immaginare di cosa è capace se si concentra! E come se non bastasse, sono in due!"
Deimos lanciò un'altra sfera, ridendo quasi come se giocasse, sicuramente era divertito nell'incutere timore. Stavolta la sfera era persino più potente e Gyon sapeva che stavolta sarebbe stata più dura. L'esplosione, infatti, distrusse le celle vicine, uccidendo persino gli occupanti. Gyon era a terra, con l'armatura in frantumi, la spada della Bilancia seppur più crepata di prima, era ancora integra. Il Cavaliere riuscì ad alzarsi, con estrema fatica, impugnò la spada e si scagliò contro Deimos, che alzando due dita verso di lui, lo paralizzò. Non riusciva muovere un muscolo, rimasto immobile con la spada puntata verso il Dio dagli occhi gelidi.
"Che succede? Non riesco a muovermi! Gli basta puntarmi contro due dita per paralizzarmi così?" – Gyon era frustrato dall'evidente superiorità dell'avversario, che sembrava quasi che si prendesse gioco di lui.
«Terrifying Massacre»
Com'era accaduto ai due dorati prima di lui, cadde a terra privo di sensi, sprofondando in una tortura che di lì a poco lo avrebbe portato alla morte. Le due divinità aspettarono in silenzio qualche secondo.
«Ecco! Il suo cuore si è fermato!» – esclamò Phobos che era rimasto in disparte stavolta – «Possiamo andare!»
Sicuri della morte dell'avversario, i figli di Ares scomparvero.

Tre piani più su, quattro Cavalieri d'Oro erano alle prese con il Dio della Guerra. L'esplosione della sfera di Cosmo lanciata da Ares, in seguito all'Om di Amida devastò tutta la sala tranne che intorno al Dio e all'interno del Kān, che proteggeva i quattro dorati e dietro di loro, Athena e Armonia. Polluce senza perdere tempo si scagliò contro il Dio, lanciando la sua Galaxian Explosion, che tuttavia s'infranse sulla barriera eretta da Ares, ritornando qualche istante dopo indietro a piena potenza. Il Cavaliere cadde a terra, colpito dal suo stesso attacco.
"Come con Poseidon, tutti gli attacchi tornando indietro" – pensò rialzandosi.
«Nessun mortale può colpire un Dio! Chi tenta nell'impresa, pagherà per con la sua stessa mano!» – disse divertito Ares.
«Beh allora punisci questo peccatore!» – esclamò Giasone che da dietro Amida si portò avanti superando Polluce.
«Siamo Cavalieri, e nonostante il nostro avversario sia un Dio, abbiamo l'obbligo di combattere uno contro uno! Perciò lasciatelo a me, voi andate!» – continuò poi il Sagittario.
I compagni increduli nel sentire quelle parole, erano molto titubanti nell'accettare questa situazione, e Athena ancor più di loro, non voleva che Giasone si sacrificasse.
«No Giasone, non... » – la Dea fu interrotta da un gesto del Cavaliere, che sorridente sembrava tranquillo e sicuro della propria scelta.
«Va bene così, divina Athena! Se non dovessi farcela, voglio che sappia che servirla è stato l'onore più grande della mia vita!»
«Credete che io vi lasci andare via vivi da qui! Seppur il vostro amico, qui, crede di potermi tenere a bada!» – esclamò Ares quasi infastidito dalla scena – «non lascerete questa sala, se non per andare nell'Ade!
Il Dio scattò verso i nemici, e Giasone grazie ai suoi pronti riflessi, l'intercettò scagliandosi contro il Dio e in breve istante spiccarono il volo, sfondando il tetto della sala. In cielo, sopra l'isola, si scontravano a inaudita velocità, venendo visti da tutti i Berserkers e Cavalieri che combattevano all'entrata e dento il Palazzo. Sembravano due comete, una dorata e una rossa, che si scontravano ripetutamente e sistematicamente la dorata veniva respinta. Il combattimento fisico era il prediletto del Dio che, infatti, riusciva a schivare e a respingere i fulminei colpi di Giasone. Quando distanti, durante le piccole pause dalla lotta, si riuscivano a distinguere bene, venendo riconosciuti dai rispettivi alleati che si erano fermati per guardare lo scontro.
I tre dorati insieme ad Athena, preoccupata, e Armonia fissarono il combattimento finché Ippolito non li raggiunse.
«Che è successo?» – chiese il giovane figlio di Teseo
«Giasone sta combattendo da solo con Ares, non so quanto tempo potrà guadagnare!» – rispose Polluce
«Neven sta già cercando Efesto, presto lo libererà e potremo andarcene!» – spiegò poi Ippolito aggiornando Polluce e gli altri sulla situazione – «Ma che sta facendo la divina Athena?» – chiese quindi ai dorati
Athena aveva fatto qualche passo più avanti e stava espandendo il proprio Cosmo. Richiamò a sé il proprio scettro e spiegando le esili braccia, come se fossero ali, avvolse l'intero Palazzo con il proprio Cosmo, come in un enorme e affettuoso abbraccio.
«Divina Athena?» – fecero incuriositi i Cavalieri
«Sta vegliando sui Cavalieri che stanno combattendo al Palazzo di mio padre! Sento il suo potente Cosmo che li protegge, li supporta, l'incoraggia a resistere e a combattere!» – intervenne Armonia ancora seduta a terra.
«Quindi che facciamo adesso?» – chiese Ippolito
«Possiamo arrostire altri Berserkers, quantomeno!» – esclamò Keren che richiamò a sé centinaia di fuochi fatui – Sekishiki Kasai no Ame! (lett. Pioggia di fuoco del sekishiki)
Dal suo dito puntato verso l'alto, migliaia di fiamme azzurre si sparpagliarono per il cielo, per poi ricadere sulla terra come gocce di pioggia.
«Che stai facendo?» – chiese Ippolito
«Brucio vivi i Berserkers! Il mio Sekishiki Kasai no Ame crea piccole fiamme azzurre che raggiungono i miei avversari per estrargli l'anima e una volta fatto posso usare il Sekishiki Konsoha per assorbirne l'energia e farle esplodere in un sol colpo! Così potrei riuscire quantomeno a ferire Ares!»
«Carina! Sadica quasi quanto noi!» – commentò Phobos che apparì, sempre insieme al fratello, pochi metri da Athena.
Alzando il bracco verso il cielo creò un'onda d'urto che estinse i fuochi fatui di Keren, annullando così la sua tecnica.
Indossavano ancora le loro Hauberks che per il fatto che fossero danneggiate in più punti, suscitarono la curiosità dei Cavalieri. Stavolta gli Dei fratelli tenevano in mano una splendida spada, in tono con le armature.
«Athena! Che squallida Dea!» – sprezzante Deimos era raccapricciato dal desiderio di Athena di proteggere i propri Cavalieri con il suo potere.
«Sei uno spreco di potere!» – aggiunse Phobos, poco prima di infilzare la Dea con la sua spada.
Amida, che già si era mosso, non fece in tempo a proteggere Athena dalla spada del Dio, però riuscì a bloccare il calcio che stava scagliando contro il corpo ferito della Dea.
«Noto con piacere che non siete protetti dalla barriera contro gli attacchi fisici, ma solo contro quelli di Cosmo!» – commentò Amida
«Come se così potessi sconfiggermi!» – rispose Phobos che si liberò dalla presa del Cavaliere, lanciandolo a parecchi metri di distanza, utilizzando la gamba che Amida gli aveva bloccato.
Il Cavaliere, rimasto illeso dalla contromossa del Dio, atterrò tranquillamente dopo aver eseguito due capriole in aria per mettersi nella giusta posizione. Keren si teletrasportò in fretta accanto alla Dea, portando poi il corpo ferito ad Armonia, affidandola alle sue cure e alla protezione di Ippolito.
Polluce sbucò alle spalle di Deimos, rimasto poco più indietro rispetto al fratello, calciando il Dio sui cavi poplitei (parte posteriore del ginocchio).
«Su da bravo, inginocchiati!»
«Come osi!» – gli urlò contro Deimos che, infuriato per l'affronto subito, come una furia si rialzò in un attimo travolgendo Polluce con la sua ira.
Il Cavaliere non ebbe il tempo di difendersi che il Dio lo aveva già colpito più di cinquanta volte.
Keren si teletrasportò, in mezzo ai due figli di Ares, cingendo la vita di Deimos con le sue gambe. Era pronto per il suo Acubens, tuttavia, prima che potesse eseguirlo, il Dio riuscì a liberarsi facilmente colpendolo con il gomito in pieno viso. Ciò dette il tempo a Polluce di colpirlo alla schiena, così Keren, usando ancora il suo teletrasporto, portò i due dorati compagni vicino a Ippolito e Armonia che stavano cercando di guarire Athena. Nonostante i colpi messi a segno dai Cavalieri sia Phobos che Deimos, rimasero completamente illesi.
«Perché non ci porti molto lontani da qui?» – chiese Ippolito a Keren
«Perché ci seguirebbero! Il loro teletrasporto è molto probabilmente superiore al mio!»
Armonia si alzò in piedi dirigendosi verso i fratelli.
«Basta così, fratelli miei!» – la figlia di Ares s'interpose tra i Cavalieri e gli Dei – «Questi sono uomini valorosi che non fanno altro che proteggere la loro Dea e il mondo intero!»
«Armonia!» – rispose Deimos, alzando il braccio puntandolo verso di lei, così come fece anche Phobos.
«Non sei bene accetta, traditrice!» – dissero entrambi lanciando ognuno una sfera di energia.
«Kān!» – la barriera di Amida non fece in tempo a proteggere anche Armonia, che rimase brutalmente uccisa dalla sconsiderata crudeltà dei fratelli. Di lei solo brandelli rimasero e indignati per l'orrida scena, i Cavalieri furibondi tremavano per la rabbia.
«E voi vi fate chiamare Dei?» – urlò Keren
«È arrivato il momento di vedere quanto è potente quella tecnica!» – esclamò Polluce, che tra i tre sembrava essere il più furibondo.
«Intendi forse?» – chiese Keren
«Esatto! «Ma Athena...!» – intervenne Amida subito interrotto da Poluce.
«Lo so, Athena ci ha proibito di usarla fin da quando Neven l'ha ideata, ma sono pronto ad accettare le conseguenze della sua collera pur di sconfiggere questi due!» – continuò infuriato Polluce
«Che cosa confabulate?» – chiese sarcastico Phobos
«La vostra dipartita!» – rispose Keren
I tre Cavalieri si affiancarono l'uno all'altro. Polluce al centro, Amida a destra e Keren a sinistra. Polluce si mise con un ginocchio a terra, congiungendo i polsi e aprendo le mani dirette verso i nemici, quasi descrivendo un calice. I due suoi compagni, rimasti in piedi, si misero poco meno di un passo dietro di lui, con le schiene rivolte una contro l'altra, separate dallo spazio occupato in parte da Polluce. Posizionarono le braccia specularmente, rivolte sempre contro i nemici.
Presa posizione, iniziarono a bruciare tutto il loro Cosmo espandendolo fino ai limiti estremi dell'Universo.
«Che Cosmi miseri!» – ridacchiò Deimos
Le due Divinità erano divertite da quello che secondo loro era un tentativo inutile, poi accorgendosi che il Cosmo emanato dai tre dorati, non accennava ad arrestarsi, forse capirono che era il momento di preoccuparsi.
«Cosa? Com'è possibile che abbiano un Cosmo del genere?» – lo stupore di Phobos sembrava quasi paura e Polluce non mancò l'occasione di farlo notare.
«Ma guardate ragazzi, stiamo facendo tremare di Paura, il Dio della Paura!»
«In nome di Athena!» – urlò Amida
«Athena Exclamation!»
Insieme i tre lanciarono un'onda di pura luce che tutto travolse, l'esplosione interruppe tutte le battaglie che si svolgevano in quel momento, persino quella tra Giasone e Ares.

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