PER AMORE DI MIO FIGLIO

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Ti scrivo questa lettera, adorato figlio mio, per dirti che sei libero di essere te stesso. Ad un orfano non si negano cure amorevoli e attenzioni, mentre al figlio di un'assassina si.

Ho visto tuo padre cadere sotto la raffica dei miei colpi, ancora li odo. Che rumore fantastico, che profumo la polvere da sparo.

Mi hanno trovata lì impalata a godermi quell'uomo ancora caldo, crivellato e sporco di sangue ovunque. Mi hanno tenuta stretta, strattonata, presa a calci, ma non ho sentito dolore, solo gioia. Sentivo che dalla sua morte qualcosa di nuovo stava per nascere.

Di notte guardo la luna, sdraiata sulla mia brandina, a volte non si vede neppure quella.

Chissà dove sei, angelo mio. Mi piace immaginarti. Chissà che bel ragazzo sei diventato.

Sono vent'anni che non sento il rumore di un clacson, l'odore di un profumo alla moda, ma leggo i giornali,  quelli che Giannuzza mi passa dopo che le mie compagne di carcere li hanno aperti per riporre quattro miseri indumenti che chi le viene a trovare si preoccupa di far trovare loro puliti. Avranno deterso anche te dall'odore di una madre ingombrante che per lasciarti vivere ha preferito negarsi, che per saperti libero ha preferito finire i suoi giorni in una cella puzzolente, dove nemmeno il cibo ha più i suoi sapori netti e decisi. Ma si mangia : lo spezzatino con i piselli tutto sommato non è poi così male. La minestra serale,  umida di verdure marcite al sole di chissà quale orto fetido vicino a qualche autostrada inondata dai fumi pestilenziali di tubi di scappamento di auto...lasciamo perdere!

Ho letto su quel trafiletto,  con l'inchiostro sbavato dall'umidità di qualche fazzoletto sporco di muco,  che  negli ultimi anni qualcuno non ti costringe più a respirare aria pesante,  che lo smog  cittadino dei miei vent'anni, che ha falcidiato nasi e polmoni, si sta rarefacendo grazie all'acume di qualche mente illuminata che, a suon di grida,ha costretto qualche altra mente ottenebrata da vassallerie compiacenti a smetterla con il benzene e con gas repellenti che rendono grigia l'umanità.

Mi piace immaginarti  mentre bevo un caffè che mi ricorda la volta in cui tuo padre fiero della sua 128 Fiat mi disse baldanzoso : "Giulia, vieni che ti porto in città.  Ti offro un caffè seduta in un bar del centro".  Uscii dalla porta della mia casa sulla collina sperando di vedere la solita moto che ,quando sfrecciava a tutto gas, mi faceva svolazzare i capelli e invece vidi un esemplare di lamiera color amaranto che mi fece rivoltare lo stomaco.

Il caffè che Giannuzza mi prepara sa di buono, con quel po' di cremina schiumosa che fa tanto bar del centro...

ma mi basta voltare lo sguardo e la grata arrugginita mi rimanda una visione desolante.

Lo scatto felino di un gatto su di un tetto lontano mi rapisce lo sguardo.  Lo accarezzo con il pensiero ma, beato lui, è indifferente.

Tuo padre, la sera che mi chiese di sposarlo aveva addosso un buon profumo.  "Dove l'hai preso? " gli chiesi.

"Ti piace?" Mi rispose e non mi disse altro. Fra noi c'erano spesso lunghi silenzi vuoti di pensieri.

Ricordo ancora quel profumo. Lo porta anche una guardia carceraria dal volto scavato ma dagli occhi arguti che talvolta si perdono nel vuoto. Suo marito, mi raccontava in un momento di confidenza,  dimentiche dei nostri  ruoli, non lo usava più; né profumo né dopobarba...ed io desidero un uomo che mi faccia compagnia.  Sono giovane e i sensi sono spesso all'erta.

Il giorno in cui ammazzai tuo padre i poliziotti non ci misero molto ad arrivare a casa nostra.  Cinque minuti, forse meno. La natura ha creato asperità scoscese rimandando echi in ogni dove.  Confessai come una bambina con le dita nella marmellata,che con gli occhioni belli, cerca di nascondere il vasetto fra le pieghe dell'abito. La pistola, ancora calda, la tenevo in mano per il calcio e il grilletto ancora premuto dal mio indice  non voleva smettere di sparare. Tre colpi secchi . Decisi.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 11, 2016 ⏰

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