LARVA MISTICA

51 5 8
                                    

Ciao Talula.

Ta-lu-la.

Lo sai com'è, svegliarsi ogni notte tra le braccia del proprio uomo? Di un vero uomo.

Uno di quelli con le spalle grandi, che se non stai attento ti abbracciano e ti tolgono il fiato, soffocandoti fin sotto al naso. Però, con le mani sui fianchi, puoi sentire le costole, i muscoli della gabbia toracica che si estendono e contraggono nel sonno profondo.

Lo sai, com'è?

Ti svegli mai la notte, Talula?

Che cosa fai quando ti ritrovi da sola, nelle ore più azzurre, lì alla casa nel bosco? Quando apri gli occhi e vedi l'ombra dei tigli e delle querce secolari entrare dalle finestre per specchiarsi sul muro, lì difronte.

Non hai freddo, lì da sola nei letti grandi, che profumano ancora di fieno, come quelli dei nostri nonni, un giorno, sebbene loro se ne siano andati da tempo?

Soffia il vento, tra gli spifferi ai lati delle finestre, oltre le tegole fissate male, e ti entra dentro, ti arriva alle ossa.

A volte lo sento io stessa, quel brivido freddo che ti raggela i piedi, dalle piante ai talloni.

Ma io ho qualcuno su cui strofinarli, quei piedi; che li accenda anche a distanza, come un cerino.

Abbiamo comprato un letto grande, Talula, sorella; perché nei miei sogni c'eri anche tu, perché nel mio cuore c'è posto per questa grande famiglia, che in fondo siamo io, te e lui.

Ma tu sei una solitaria, vecchio lupo del bosco. Anima affine alle vecchie ascendenze dell'uomo. Sei un pettirosso impavido, uccelletto che ti si potrebbe prendere e stritolarti con una sola mano, fino a sentire le ossa frangersi, flettere sotto le dita brutali come bastoncini legnosi, lische di pesce senza più carne attaccata attorno.

Sono un uccellino, Talula, nelle mani del mio uomo, sotto le sue spalle magiche, sotto un torace caldo che brucia anche nell'inconsapevolezza di bambino addormentato.

Aspetto che vengano a prendermi.

Son sveglia, di notte, ora, a scrivere parole mentali mentre aspetto che vengano a prendermi, che mi portino lontano, i vecchi signori oscuri, padroni di tutti gli equilibri del mondo.

Hanno neri mantelli, neri sudari, quando vengono a togliere la luce in quelle persone (in)felici per cui il sole ha brillato troppo, per troppo a lungo, come me.

Forse è per questo che hai scelto la notte, il bosco, e le ombre.

Ma devo fare silenzio, Talula, o il mio uomo magnifico si sveglierà per difendermi, perirà per una luce di cui ho goduto solo io.

Non è stato tanto, il bene che ho dato. Ed è giusto che, a chi ha ricevuto troppo da questo mondo, un giorno venga tolto. Sono pronta ad andarmene e sento comunque un canto gioioso; è una banda, un'orchestra di piatti e tromboni, coi tamburi a far eco al mio rito di passaggio.

Ho i passi leggeri, sul pavimento.

Che in fondo sono solo una vecchia.

Sono il guscio della donna che sono stata, il presagio della madre che avrei potuto essere; compagna, in un letto vuoto, dello spirito mistico che incorpora l'imperituro ricordo del mio uomo. 

Larva MisticaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora