CU-CU'

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Giro la chiave di casa, abbasso la maniglia, e prima ancora di varcare la porta lo sento.
Sento che c'è qualcuno ad attendermi.
Dovrei essere spaventata all'idea, visto che abito sola, e che l'unica copia delle chiavi la ha solo mia madre, che vive a circa dodici ore d'aereo da qui.
Ma invece non è così.
Non ho paura. Non devo averne, o la darò loro vinta.
Chissà perché non desiderano altro che vedere i nostri volti spaventati e inorriditi.
Forse è una vendetta per mantenere vivo il ricordo di ciò che loro stessi provavano.
Faccio i primi passi al buio più totale, poi avvicino la mano all'interruttore.
Quando la luce illumina la stanza, con stupore, non trovo nessuno di fronte a me.
Eppure so che è in casa, ma non posso permettermi il lusso di vagare con lo sguardo.
Cammino con cura e senza esitazione verso le scale ed è lì che lo percepisco.
I brividi mi pervadono nonostante io non sia minimamente spaventata, ma è sempre così quando provano a toccarmi.
È come una folata di vento gelido improvvisa.
Cerco di non fermarmi, anche se il mio corpo lo vorrebbe.
Se sapesse che so della sua presenza, non esisterebbe un solo istante a farsi avanti, e nel peggiore dei casi, a rimanere.
«Tu mi senti non è vero?» domanda una voce tetra alle mie spalle, riconosco il timbro femminile, e... Quasi giovanile.
Lo ammetto.
Sono curiosa di sapere quale aspetto ha, ma non posso, non devo fermarmi o capirà.
«Non posso essermi sbagliata. Avevano detto che eri tu!» borbotta a sé stessa furibonda.
Maledizione! Chi le ha parlato di me?
Mi ero assicurata di non dover più rivivere tutto questo.
Ho perfino cambiato lavoro, città, amici, l'intera vita!
«Sei Shiva, giusto?» rimango per un attimo interdetta al suono del mio nome.
Riprendo subito a salire gradino per gradino, ma ormai è tardi.
La mia esitazione mi ha smentito.
«Lo sapevo! Sapevo di non essermi sbagliata! Non è stato facile, ma finalmente ti ho trovata, Shiva Breeland!».
La sua voce ora è gioiosa, ricca di eccitazione e quasi dolce.
Sento di nuovo quella folata gelida che mi costringe a tremare ed eccola, di fronte a me.
«Oh accidenti! Scusa. Scordavo che può dare fastidio. Io comunque sono Wanda. Wanda Mainor, piacere» dice sorridendo mentre allunga in mia direzione la mano sottile e pallida.
Letteralmente bianca.
Beh, questo è un buon segno. Se fosse stata rossa, non saprei che avrei fatto.
Una ragazza esile e bassina.
Un'adolescente dai lunghi capelli chiari e ondulati. Occhi vitrei, che sicuramente vagano tra quello che potrebbe essere stato un celeste o un verde in vita.
«Ah giusto! Scordavo anche che non possiamo toccarvi» ritrae la mano, e si avvicina ancora di più.
Già, quella di fronte a me, non è una semplice ragazzina.
«Beh, visto che non parli, vado dritta al sodo. Ho bisogno del tuo aiuto. Come potrai ben capire, in queste condizioni mi è impossibile tutto».
Sorride malinconica, alza la mano all'altezza degli occhi e fissa il mio volto oltre il palmo semitrasparente.
«Allora? Pensi di dire qualcosa?».
Merda! Come ho fatto a finire in una situazione simile?

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