Prologo

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NdA: Alcuni degli avvenimenti riportati sono realmente accaduti, ma sono stati romanzati ai fini della storia

~ Prologo ~
 

Seoul 19 aprile 2007
 
Era tardi eppure non riusciva ad addormentarsi.
Continuava a rigirarsi nel letto senza riuscire a prendere sonno.
Una strana oppressione al cuore le impediva anche solo di chiudere gli occhi.
Era tardi.
 
Lanciò uno sguardo al quadrante luminoso della sveglia...avrebbero già dovuto essere tornati.
Suo fratello le aveva mandato un messaggio all’uscita dal lavoro.
 
“Stiamo tornando, non aspettarci. Vai a riposare.”
Lo aveva fatto, ma non ci riusciva.
 
Uno squillo ruppe il silenzio, poi un altro ancora.
In un istante si ritrovò in salotto.
Il cuore sembrava essersi fermato.
 
Alzò la cornetta e il suono di rumori concitati e indistinti le giunse all'orecchio, poi una voce a lei non famigliare parlò in modo asciutto e deciso.
“Yoojin sono Jihyuk, i ragazzi hanno avuto un incidente. Tuo fratello…è meglio se vieni.”
A quelle parole tutto attorno prese a farsi buio, mentre un freddo innaturale s’impadronì di lei.
 
Non sapeva quanto tempo fosse rimasta ferma accanto al telefono, non sapeva nemmeno come avesse fatto a raggiungere l’ospedale.
Al dormitorio non aveva avvisato nessuno.
Il primo ricordo lucido dopo la chiamata fu l’odore acre e pungente di antisettico, le luci e i suoni concitati del pronto soccorso.
Poi li vide.
Seduti lungo un corridoio.
Piangevano.
Erano solo in due.
Si avvicinò con il terrore nel cuore.
Perché il gentile e divertente ragazzone che la trattava come una bambola di porcellana se ne stava con la testa reclinata all’indietro, mentre le lacrime correvano sul suo viso?
Perché il ragazzo tutt’ossa, che con falsa sfacciataggine e malizia la prendeva sempre scherzosamente in giro, se ne stava piegato su sé stesso mentre un pianto convulso gli scuoteva il corpo?
Dov’erano gli altri?
Quando gli fu quasi accanto sentì una voce famigliare venire dalla porta accanto ai due ragazzi.
Volse lo sguardo e lo vide.
Il suo adorato fratellone se ne stava disteso su di una brandina. Il volto semi nascosto dalle garze. Al suo ingresso un uomo che non ricordava di conoscere la chiamò e il ragazzo con un gemito di dolore volse leggermente il capo verso di lei.
I suoi capelli chiari sempre in ordine erano scompigliati e incrostati di sangue. Pallido, gli occhi gonfi, sembrava solo un’imitazione del suo adorato fratello.
“Yoojin…”
Fu al suono della sua voce che reagì per la prima volta dalla telefonata e i suoi occhi si riempirono di lacrime. Si avvicinò e afferrò la mano che lui le stava allungando.
“Oppa…” il ragazzo cercò di sorriderle, ma le labbra si piegarono in una smorfia.
“E’ meglio di quel che sembra.” disse cercando di rassicurarla.
“Che…che è successo?”
“La macchina è finita fuori strada, ma ancora non se ne conosce la causa.”
l’uomo le rispose anticipando il fratello.
“Si sa qualcosa di Kyuhyun?”chiese il fratello all’uomo.
Kyuhyun…
Una nuova ondata di gelo s’impadronì di lei e quel dolore al petto aumentò fino a toglierle il respiro. Aspettò che l’uomo dicesse qualcosa, ma rimase in silenzio.
Subito dopo le voci concitate dei due ragazzi al di fuori della porta attirarono la loro attenzione.
“Kyuhyunha! Kyuhyunha!”
Lasciò la mano del fratello e corse fuori.  Nell’istante in cui raggiunse la porta la barella circondata da medici ed infermieri le passò davanti. Riuscì a vedere solo il suo viso per un istante, ma le bastò per imprimere quell’immagine nella sua mente.
Una maschera per l’ossigeno gli nascondeva parte del volto esangue. Non si muoveva e Yoojin si sentì come se qualcosa le morisse dentro.
“Non vi può sentire è privo di conoscenza.”
La voce di una donna accanto ai ragazzi cercava d’impedirgli di ostacolare il passaggio della barella.
Yoojin uscì nel corridoio seguendolo con lo sguardo finché delle porte scorrevoli non si richiusero nascondendolo alla sua vista. Sentì la stessa donna di poco prima parlare con l’uomo che era nella stanza di suo fratello.
“Non so dirvi molto, ma le sue condizioni sono davvero critiche.”
Kyuhyun…
Tutto si fece improvvisamente buio e il freddo sempre più intenso…poi, più nulla.
 
 
L’intervento era durato ore interminabili, ora era in coma e le sue condizioni erano ancora instabili, ma ora almeno i medici avevano detto che c’erano delle possibilità.
Erano passate più di 24 ore da quando era entrata in ospedale, ma nonostante tutti cercassero di convincerla ad andare a riposarsi, Yoojin non ne voleva neppure sentir parlare.
Faceva ripetutamente la spola fra la camera di suo fratello e la sala d’attesa al di fuori del reparto di rianimazione. Solo quando il dolore e la preoccupazione iniziavano a prendere il sopravvento sul suo autocontrollo si andava a rifugiare nella cappella. Dopo l’ennesima visita alla sala deserta in attesa di notizie che non accennavano ad arrivare, vi si era rifugiata nuovamente.
Erano passati pochi minuti, quando la porta si aprì e fece il suo ingresso Hyukjae.
 
Malgrado fra i quattro fosse quello che aveva riportato le lesioni meno gravi, il suo viso era così sfigurato dal dolore e dall’ansia da destare più di una preoccupazione.
Le si avvicinò, le sedette accanto e senza dire una sola parola l’abbracciò.
 Rimase così, fermo per qualche istante poi la lasciò e fissò il crocifisso di fronte a loro.
 
“Ce la farà vero?” la sua voce fu appena un sussurro.
Yoojin si chiese se la domanda fosse rivolta a lei o a quel qualcuno di più grande.
“Ce la farà lo so. Kyuhyun è un osso duro e non si farà spezzare.”
Il ragazzo iniziò a scuotere il capo in segno d’assenso mordendosi l’interno della guancia, mentre i suoi occhi presero a brillare. Infine prese un grosso respiro e si volse a guardarla tentando un sorriso.
“Leeteuk hyung mi ha mandato a cercarti. Il padre di Kyuhyun vorrebbe convincere la moglie a mangiare, prima che rischi di collassare, ma non vuole lasciarlo da solo. Stasera arriva la sorella, ma al momento non c’è nessuno che possa sostituirla, così avrebbe chiesto se potessi farlo tu finché non l’avrà costretta a mangiare un po’.”
Il suo cuore ebbe un sussulto.
Non vi era attimo in cui l’immagine di Kyuhyun poco prima dell’intervento non le fosse davanti e per quanto desiderasse vederlo, non sapeva se ne sarebbe stata in grado. L’espressione del suo viso dovette essere alquanto evidente perché Hyuk capì subito.
“Se non te la senti Yoojin non sei obbligata, troveremo…”
“No, è tutto ok. Vado io.” gli mise una mano sopra la spalla sorridendogli e rassicurandolo.
“Voglio accertarmi di persona che il nostro Kyu, non ci faccia scherzi e costringerlo a riprendersi al più presto.”
Comprendendo che il suo era un modo per aiutarsi ad affrontare la situazione, il ragazzo la prese per mano.
“Sì, fallo rigare dritto come fai con tutti noi.”
 
Dopo essersi opposta a muoversi dal capezzale del figlio per ore, la donna si lasciò convincere quando seppe che lei avrebbe preso il suo posto. Si erano incontrate pochissime volte, ma entrambe avevano provato una forte simpatia l’una verso l’altra.
“Kyuhyun, mi parla sempre di te, dice che ti prendi cura di loro. So di lasciarlo in buone mani.”
Le afferrò entrambe le mani e le strinse nelle proprie per qualche istante, poi il marito l’afferrò per le spalle sospingendola lungo il corridoio.
Yoojin rimase ferma sulla porta per qualche istante, il capo e le spalle ricurve. Poi si fece coraggio ed entrò.
La stanza era incredibilmente fredda, semibuia.
Il silenzio irreale era rotto solo dai ritmici suoni degli apparecchi e dal respiratore a cui Kyuhyun era attaccato. Avanzò lentamente fino alla sedia posta accanto al letto fermandosi poi accanto ad essa, ma non si sedette.
Non riusciva a trovare la forza di alzare lo sguardo su di lui.
I suoi occhi si posarono sulla mano adagiata lungo il fianco.
Allungò il braccio e vi poggiò la sua…era, così fredda.
Gli occhi iniziarono ad inumidirsi mentre le lacrime non tardarono a rigarle il viso. L’afferrò con entrambe le mani cercando di trasmettergli il proprio calore.
“Devi lottare...” sussurrò continuando a fissare le loro mani unite. “...non puoi arrenderti così, non ora. Non ora che tuo padre ha lottato per salvare la tua voce. La tua famiglia ha bisogno di te, i ragazzi hanno bisogno di te…” alzò il viso e questa volta lo guardò.
Se il giorno prima le era sembrato pallido, ora a stento riusciva a riconoscere il Kyuhyun sfrontato e impertinente che conosceva. Gli occhi chiusi, le labbra violacee leggermente dischiuse dal tubo della respirazione.
“...io ho bisogno di te.”
Avvicinò una mano al suo viso e gli scostò un ciocca di capelli dalla fronte accarezzandola dolcemente.
“Per quanto ti abbia detestato all’inizio, per quanto non posso più fare a meno di averti attorno. Ho odiato l’idea di qualcuno che si unisse al gruppo raccogliendo ciò che gli altri ragazzi avevano faticosamente guadagnato.” Yoojin non si rese nemmeno conto di parlargli come se lui la stesse ascoltando.
Odiava quel silenzio, quei suoni e così facendo li zittiva permettendole anche di togliersi una spina dal cuore.
“Poi sei arrivato tu. La tua aria sicura e decisa sembrava davvero voler dimostrare che eri un duro, ma mi è bastata un’occhiata per capire che era solo una farsa. Mi è bastata anche per capire che avrei finito con l’innamorarmi di te.”
Lasciò quella frase in sospeso, come se si aspettasse che lui scoppiasse a ridere prendendosi gioco di lei.
“Voglio che tu lo sappia un giorno, quindi…quindi…”non riuscì a terminare perché scoppiò in lacrime.
Continuò a piangere per qualche minuto senza smettere per un istante di accarezzare la sua fronte con il pollice. Quando finalmente riuscì a calmarsi fece una cosa di cui si stupì pure lei.
Si chinò su di lui e posò le labbra sulle sue, anche quelle erano così terribilmente fredde. Si mosse lievemente spostandosi verso il suo orecchio.
“Ti amo.” sussurrò prima di rialzarsi.
Scostò la sedia più vicino al letto poi afferrò nuovamente la mano fra le sue e si mise a pregare.

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