Capitolo 1

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Lui era seduto al tavolo con i suoi amici, intenti nel scambiarsi battute alquanto ambigue e infantili, e dire che erano il gruppo di ragazzi più ambiti dell'intera scuola. Non staccava lo sguardo dal telefono e cercava con lo sguardo una persona in particolare. Finché quella persona non entrò nel locale, quello di Thomas è uno sguardo quasi di sollievo, almeno finché non vede una piccola goccia d'acqua nera marcare il viso di porcellana dell'unica ragazza a cui avesse mai tenuto davvero. I loro sguardi si incrociarono e lei non disse nulla, ma lo uccise con il suo sguardo vuoto, triste ma accusatorio, quasi come a voler dire: "Tu, mi hai ridotta così". Cavolo se aveva ragione, lui lo sapeva. Sapeva di aver rotto l'unica di cui gli importasse davvero. Fu pervaso da un pensiero che quasi gli saliva dallo stomaco fino alla gola e gli inondava il cervello, e se si fosse alzato? Se avesse lasciato tutto per andarla ad abbracciare? Le labbra di Maia quasi imploravano un bacio, al che il pensiero si prolungò,
Vaffanculo la reputazione. Lui voleva lei. Voleva disperatamente un suo abbraccio, voleva sentire le lacrime di Maia sulla sua pelle. Voleva, ma che avrebbe pensato la gente? La sua reputazione sarebbe finita nel cesso. Così Thomas si trattenne, abbassò gli occhi vacui sullo schermo del telefono e fece finta di nulla. Ma la vide correre in bagno, le lacrime, nere proprio come quel trucco che non le serviva, scendevano sempre più velocemente. Giurava lui, di sentire quasi una risata nel suo pianto, come tante volte era successo quando la consolava dagli attacchi di panico. Era pazza quella ragazza, cavolo se lo era. Era completamente pazza e a lui piaceva. Era una di quelle che se gli moriva un parente al funerale faceva battute su quanto fosse bella quella sedia a rotelle che andava ormai sprecata. Una di quelle che era tutto pressoché comune. Comune lo sembrava però. Lei, lui, la loro storia sembrava comune finché non si guardava più da vicino. Molti l'avrebbero definita una storia d'amore, ma non lo era, non poteva esserlo. Quell'amore non era mai cominciato a essere realmente condiviso, allo stesso tempo però non era mai finito. Il loro amore era come una di quelle storie di cui gli scrittori scrivono una parte, un'idea, ma che poi non sanno come farla iniziare e finire, una storia mai scritta, ma spezzettata in piccoli kgratificanti bellissimi momenti che toglievano il fiato. Piccole dimostrazioni di un amore che a vista l'uno dell'altra non esisteva. Entrambi si credevano pazzi ma in realtà iniziava tutto come una favola, in cui il "felici e contenti" non esisteva.
C'era una volta un ragazzo, pieno delle sue sicurezze e certezze, e c'era una ragazza che un giorno arrivò e le distrusse tutte, come un castello di carte che se ne togli una crolla a pezzi. In realtà a farle crollare quelle sicurezze immaginarie non ci voleva poi tanto, le uniche certezze di Thomas in realtà non esistevano, la certezza che l'amore non esistesse era quella più solida. Maia invece di certezze ne aveva meno che nulla, di convinzioni ne aveva tante difficili da capire, come quella che le persone vanno e vengono e tutto va proprio come deve andare, forse anche questa convinzione combinata all'orgoglio ha messo del suo in quella situazione. Loro si amavano ma erano troppo per dirselo. Erano troppo tutto,
Troppo orgogliosi
Troppo convinti della loro
Troppo esausti
Quasi convinti che lottare non serviva a nulla, anche se dentro di loro lottavano così tanto l'una per l'altra. Era passato quasi un anno dall'ultima volta che si erano rivolti la parola, l'ultimo abbraccio Maia lo sentiva ancora a volte, le sue mani e le braccia che le cingevano la vita gli mancavano così tanto. Magari lei di sicurezze non ne aveva, ma quando era con lui improvvisamente le sembrava di essere sicura di tutto, o anche solo di loro due, loro due erano tutto.

Thomas si alzò in preda al panico, pallido in viso disse agli amici di aver bisogno di andare un attimo fuori, in realtà andava da lei.
Il bagno era barricato da sue amiche che lo guardavano male, anche loro lo sapevano che lui era stato tutto ciò che era servito a Maia per crollare e neanche gli bastava, mai.
- Fammi passare
-Perché dovrei farlo? Non le vedi che l'hai distrutta? Sarebbe meglio se tornassi al tuo cavolo di tavolo con gli amici a cui tieni tanto...

Il tempo non era bastato a farlo sentire in colpa quando Maia aprì a mala pena la porta lasciamo aperto uno spiraglio di speranza nel cuore di colui che forse davvero l'amava. Lui entró piano, ignorando gli sguardi delle altre, non gli importava ciò che pensavano di lui, Maia non lo pensava. Un piede davanti all'altro e in un silenzio tombale sentiva il suo cuore battere e le lacrime di lei scendere. Gli accarezzò il viso in modo delicato, quasi come facendo attenzione a non romperlo, e poi si guardarono. Si guardarono tanto e a lungo, come quasi se le parole non servissero perché quello bastava a capirsi, un passo avanti e lei cadde sul suo petto come fosse un cuscino, stremata chiuse gli occhi e muta si aggrappò alla sua ancora, che la mandava intanto sempre più giù. Dagli occhi chiusi e neri sgorgavano lacrime, lui guardava un punto fisso sulle mattonelle di quello squallido bagno, era quasi vuoto visto da fuori, nessuno poteva immaginare cosa ci fosse in quella sua testa. Passarono i secondi e magari anche i minuti, ma da quell'abbraccio non potevano scappare facilmente, racchiudeva così tante parole mai dette e così pochi gesti realmente accaduti. Poi Maia se ne tirò fuori boccheggiando, come se quella piccola ma grande manifestazione di esserci le avesse tolto il respiro, che poi glielo toglieva sempre il respiro. Sistemò i capelli dietro le orecchie e disse piano "grazie per la considerazione, Thomas" per poi uscire dalla stanza veloce, le lacrime ancora scorrevano quasi dense sul suo viso pallido. Thomas rimase immobile per qualche secondo, non lo chiamava mai per nome, aveva ormai appreso la consapevolezza di aver perso per sempre tutto ciò che sembrava avere un senso nella sua vita. Le sue sicurezza erano state scaraventare via da una ragazza a pezzi che cercava di rincollare perché non poteva sopportare di vederla così per colpa sua. L'aveva rotta. Eppure era stato così attento, e invece non era servito.
"Ed è tutta colpa mia."
O almeno questo pensavano entrambi mentre scappavo l'uno dall'altro pensando di essere impazziti, sapendo che comunque andasse, lontani non potevano starci.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Oct 30, 2017 ⏰

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