Capitolo Tredici

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Non importava quanto suo padre fosse adirato con lei, Min Rin non avrebbe mutato opinione

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Non importava quanto suo padre fosse adirato con lei, Min Rin non avrebbe mutato opinione.

Min Won aveva scortato il Capo dei Ribelli, Goo Myung, nelle loro terre ai confini di Silla e Min Rin si era opposta con tutta se stessa. Era una scelta folle. Se qualcuno li avesse scoperti sarebbero stati accusati di tradimento. Suo padre le aveva risposto in modo piccato: non poteva credere di aver cresciuto una bambina senza cuore, che da codarda avrebbe protetto se stessa a discapito dei più deboli, di innocenti che non meritavano di finire dritti nella tana del lupo.

Non dovevano capire per forza i suoi motivi, ma avrebbe lottato pur di sostenere la propria idea. Per protesta si era chiusa nella sue stanze e aveva iniziato a digiunare. Sua madre l'aveva pregata più volte di consumare pasti consistenti, ma non le aveva dato ascolto. E suo padre – per punirla – non era andato a trovarla nemmeno una volta da quando avevano discusso.

Sarebbe stata egoista fino alla fine. Dopotutto, non vi era nulla al mondo che amasse più della famiglia e dell'appartenenza al rango delle Vere Ossa. Che male c'era nell'ostentare suo padre come Primo Ministro, sua sorella come Regina di Silla e suo fratello come il migliore tra i Hwarang. L'idea di perderli, e di perdersi, era inconcepibile.

Quella sera, stanca della punizione che si era autoinflitta, uscì di soppiatto dalle sue stanze. Alcuni ospiti onorabili avevano riempito la casa e nessuno si sarebbe accorto della sua fuga. Coperta da un mantello di seta rosa, su cui correvano intrecciati fiori in rilievo, si immerse fra le strade di Seorabeol, con l'intenzione di raggiungere la dimora del Generale Kim.

Suo padre l'aveva messa in guardia: sarebbe stato meglio non frequentare nessuno della famiglia Kim e della famiglia Choi, ma la curiosità non era scemata. Da quando Goo Myung aveva accennato alla presenza di un ragazzino al Palazzo della Consorte, che lo aveva colpito al fianco, e dopo aver visto Seung Hyun trascinato via nel corso della stessa notte, svenuto, non aveva fatto altro che pensarci.

Dubbiosa, si fermò davanti alla dimora del Generale. Seguì la scia del tramonto che batteva contro l'ingresso. Le grandi porte erano spalancate e da lì intuiva il profilo del cortile quadrato. Min Rin si aggrappò alle mura di confine e si affacciò. Il mantello le finì sulla fronte e dovette alzare il mento per non perdere nemmeno un movimento.

Colonne di polvere vorticavano in aria. Un soldato teneva una lunga spada appoggiata alla spalla. Una fascia marrone copriva la fronte, mentre i capelli cosparsi d'olio a stento se ne stavano ordinati. Le guance si gonfiarono in una risata limpida, avrebbe potuto celare il sole. Min Rin lo riconobbe. Era lo stesso ragazzo che aveva visto quella notte fuori dal Palazzo Reale.

Inginocchiato, sotto la sua ombra, vi era Seung Hyun che alzandosi a fatica si ripulì il mento da un rivolo di sangue. La coda di capelli nascondeva il viso. Il naso tondo, arricciato per il dolore, era delineato da inerpicature rosse.

Min Rin mozzò il fiato e puntò i piedi a terra. Lo trovò spaventoso, diverso. Quando Seung Hyun tornò dritto non riuscì nemmeno a sollevare la lama. Continuò a strisciare la mano sulle labbra, lì dove si era accumulata terra. Il soldato impugnò la spada, pronto a scaricare un nuovo fendente.

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