Alexander.

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Steso sul letto a pancia in giù, ormai da ore, si chiedeva cosa non andasse il lui.
"Perché sono nato così?" Pensò. "Perché Dio mi ha fatto questo. Non penso di meritarmelo."
Una lacrima scese sul suo viso senza che lui riuscisse a trattenerla e a quella ne seguirono molte altre.
Qualcuno bussò alla porta e il ragazzo si asciugò le lacrime in fretta;
"avanti" brontolò poi affondando la faccia nel cuscino, per nascondere l'incrinazione della voce causata dalle lacrime.
Una testa bionda fece capolino dall'uscio, e Alexander si sentì morire.
Jace, il suo migliore amico, la causa di tutto il dolore di Alec.

"Hey fratello ti va di..."
"Va via Jace, non mi sento bene." Rispose tirando su col naso.
"Che hai?" Chiese preoccupato quello.

Alec avrebbe voluto dirglielo. Avrebbe voluto dirgli che la causa era lui.
Alec era gay.
E lo sapeva bene, perché era abbastanza convinto di essere innamorato di Jace. Il suo migliore amico. Il suo fratello adottivo. Il sole dietro cui era solito nascondersi.
Alec si sentiva uno schifo.
Si chiedeva perché proprio lui doveva essere nato così, non riusciva a ad accettare di essere un mostro.
Alec si sentiva uno schifo proprio perché tra tutti i ragazzi del mondo, il suo cuore aveva scelto proprio Jace.

"Jace, non farti pregare" così dicendo, Alec sospirò e il biondo uscì dalla stanza senza proferire parola.

Erano momenti in cui Alexander avrebbe voluto picchiare forte la testa contro il muro, ma qualcosa lo fermava. Un istinto, che gli diceva vh che qualsiasi cosa cercasse di fare, lui sarebbe rimasto sempre così.
E i suoi istinti non sbagliavano mai.

Ogni volta che pensava alla testa bionda del suo amico, ogni volta che guardava il suo fratellino Max considerarlo un idolo, un esempio da seguire, ogni volta che i suoi genitori gli parlavano con il loro classico tono freddo e distaccato, lui  si sentiva come se li stesse deludendo. "DURA LEX SED LEX" e i Lightwood erano nati per rispettarla.

Da quando aveva scoperto di essere gay, Alec aveva sperato, sperava che un giorno lui sarebbe cambiato, sarebbe diventato normale, per cui cercava di nascondere la sua diversità nell'attesa che un giorno qualche divinità a caso lo perdonasse per i peccati commessi-pur non sapendo quali fossero- e lo avrebbe liberato da quella punizione, ma ormai era passato così tanto tempo che aveva smesso di sperare, e si era rassegnato.

Alec alzò il busto dal letto, tirò su un'ultima volta col naso e ricacciò le lacrime. Aveva bisogno di sfogarsi. Si sentiva oppresso e schiavo e col tempo si era autoconvinto che "l'amore non era altro che una, distrazione": questo era il suo mantra, lo ripeteva ogniqualvolta i suoi sentimenti cercavano di prendere il sopravvento su quell'Alexander ligio alle regole e privo di autostima, perché l'amore rende deboli.
Anche suo fratello lo aveva detto: "Amare significa distruggere, ed essere amati significa essere distrutti".
Ma allora perché provava quelle sensazioni quando vedeva Jace? Alec era un maniaco del controllo e non poter controllare i suoi sentimenti era ciò che lo spaventava di più al mondo, oltre al fatto di essere scoperto.

Se fosse stato scoperto, sarebbe stata la fine. Varie volte gli era passata per la testa l'idea di confessare a qualcuno tutti i suoi segreti ma con gli anni di addestramento e duro lavoro, e soprattutto l'influenza di Jace, aveva imparato a comportarsi da esemplare Shadowhuters, rispettando la legge non scritta del "non fidarsi mai di nessuno".
Se qualcuno, anche per sbaglio avesse saputo della sua omosessualità, sarebbe stato disconosciuto come Shadowhuter e lui non poteva permetterselo; se non era uno Shadowhunter allora non era niente. Per non parlare della reazione che avrebbero avuto i suoi genitori che, orgogliosi com'erano dell'Immacolata immagine dei Lightwood, certamente non avrebbero nemmeno avuto il coraggio di guardarlo negli occhi. E dato che aveva paura di ammettere anche a sé stesso ciò che era, si considerava anche vigliacco.
Un altro aggettivo da aggiungere al suo fascicolo mentale di autocommiserazione.

Non poteva andare avanti così. Non con la "stupenda faccia da schiaffi" di Jace che si ritrovava davanti ogni giorno, che gli ricordava che tipo di persona era, e che tipo di persona non avrebbe mai potuto essere.
Doveva trovare una soluzione, al più presto altrimenti si sarebbe ritrovato una ferita d'arma da taglio autoinflitta per disperazione prima che potesse rendersene conto.
Il suo cuore gli provocava delle fitte dolorose, i suoi occhi bruciavano incessantemente a causa di tutte le lacrime versate ma ciò che più che gli faceva male era la solitudine. Si sentiva inglobato in una bolla di isolamento che gli faceva sì da protezione, ma gli impediva anche di vivere. E lui aveva troppa paura di uscire dalla sua villa, sebbene non la sopportasse più. Se solo ci fosse stato qualcun'altro nella bolla con lui, tutto sarebbe stato più sopportabile...
Con questi pensieri Alec si addormentò con le guance ancora bagnate da amare lacrime, nell'attesa di un nuovo giorno che per Alec si prospettava triste e vuoto proprio come la sua vita.

Stupid Nephilim ~Malec~ prequelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora