UNO

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UNO

Il primo giorno di scuola era sempre stato il mio preferito. Svegliarmi presto la mattina per prepararmi bene. Scegliere con cura l'outfit da indossare, il trucco e l'acconciatura, fare con calma colazione mentre mamma ancora dorme e fremere nell'attesa di rivedere le facce dei compagni di corso dopo tre mesi, o almeno per le ragazze come me che preferivano chiudersi in casa durante le vacanze estive e sonnecchiare, piuttosto che uscire a divertirsi.

Quel primo giorno invece non era andato affatto così. Mi ero svegliata quindici minuti prima del suono della campanella e l'inizio delle lezioni, inoltre non avevo niente da mettere, dal momento che continuano a procrastinare il momento terribile, almeno per me, del bucato.

<<Mamma!>> urlai appena scattai a sedermi sul letto. <<Mamma, mi serve un passaggio! Sono in ritardo!>> gridai, ma non ebbi risposta. Buttai a terra le lenzuola e rotolai giù dal letto, attraversando il mare di vestiti sparsi sul pavimento in legno. Vicino al comodino, sul tappetino in feltro rosa, trovai il mio cellulare a pezzi. Il retro dello smartphone era aperto e la batteria giaceva a pochi centimetri di distanza. Feci un profondo respiro; a volte capitava che spegnessi la sveglia in questo modo, togliendo la batteria al cellulare e gettandolo sul pavimento.

Pregai mentalmente che mia madre fosse ancora a casa, magari in cucina a fare colazione, e non mi avesse sentita dal secondo piano. In quel momento la porta si spalancò e mio fratello Matthew fece capolino.

<<Accipicchia che discarica! >> commentò lui. <<Ora capisco perché non porti mai ragazzi a casa.>>

<<Zitto!>> Gli tirai la scatola dei Kleenex che tenevo sul comodino, affianco alla lampadina, ma lui l'afferrò al volo ridendo. 

<<Comunque mamma ed Eva sono già uscite, io parto ora per andare all'università.>> disse lui, sgretolando le mie speranze e confermando i miei dubbi: sarei dovuta andare a scuola a piedi e quasi sicuramente avrei ricevuto un'ora di punizione dopo le lezioni per il ritardo il primo giorno di scuola. Matthew notò la mia espressione rassegnata e mi rise in faccia. 

Lo spinsi di lato, cercando di buttarlo fuori dalla mia stanza. <<Se Eva non avesse preso la mia macchina, ora andrei fuori in giardino per inseguirti e tirarti sotto!>> scherzai. Adoravo minacciarlo di investirlo, soprattutto perché lui sapeva quanto male guidassi; per questo Eva, la mia sorellina minore di sedici anni, guidava la mia auto al posto mio. Purtroppo però, Eva tendeva anche ad andare a scuola con largo anticipo e senza aspettarmi.

<<Perché non chiedi un passaggio a Cameron? La sua macchina è ancora nel vialetto.>> disse Matt sogghignando, indicando dalla finestra alle mie spalle la casa affianco alla nostra. 

<<Cameron, chi? Cameron Dallas?>> chiesi mentre cercavo di chiudere la porta che mio fratello teneva aperta tranquillamente con un piede solo. <<Non ci parlo da tipo... mai!>> 

<<Sono sicuro che per lui non sarà un problema.>> disse, mentre finalmente riuscii a sbatterlo fuori. <<Ci vediamo sta sera!>> gridò da dietro alla porta.

Cinque minuti dopo uscii di casa con la felpa che pendeva da una parte, lo zaino che pendeva dall'altra, i capelli biondi spettinati e gli auricolari del cellulare attorcigliati intorno alle chiavi di casa. Trafficai con la serratura e mi avviai verso la strada principale, indecisa se chiedere un passaggio a Cameron Dallas o andare a piedi. Proprio in quel momento vidi uscire sulla veranda dei nostri vicini di casa un ragazzo dall'aria sciatta. I capelli castani appiattiti sulla fronte, gli occhiali da vista squadrati, un maglione giallo, che ricordava vagamente il colore della pipì di gatto, sopra una camicia in flanella rossa e, cosa sconvolgente, gli stessi mocassini in pelle che metteva sempre mio nonno ai piedi. Il mio cervello impiegò circa dieci secondi per elaborare il fatto che il ragazzo che avevo di fronte era Cameron Dallas, lo stesso che era considerato un playboy incallito nella mia scuola. Realizzai che dovevo assolutamente immortalare quel momento, così tirai fuori il cellulare e mi misi a filmarlo mentre si guardava furtivamente in torno e andava a nascondersi dietro a un cespuglio vicino allo steccato che divideva le nostre case. Iniziò a spogliarsi, buttando  terra il maglione, la camicia, i mocassini e gli occhiali. Da un sacco nero, che da lontano assomigliava alla pattumiera, tirò fuori una t-shirt nera, un paio di sneakers bianche e una giacca in pelle da motociclista. Arrossii per l'imbarazzo, non sapendo bene se fosse effettivamente una buona idea girare un video del ragazzo più popolare della scuola, mentre si denudava. Almeno si era tenuto addosso i pantaloni neri attillati e la scena era troppo esilarante da poter lasciar perdere. Mentre si spettinava i capelli con la mano e si spruzzava un po' di colonia dappertutto, mi vide con il cellulare in mano. I suoi occhi castani sgranarono quando incontrarono i miei dello stesso colore. Mi irrigidii. Puntò un dito verso la mia direzione, mentre io ero rimasta come un pezzo di marmo attonito in mezzo alla strada. Cameron scavalcò il cespuglio e si mise a correre verso di me urlando. <<Ehi!! Tu! Ferma dove sei. Non ti muovere, neanche di un centimetro!>>

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⏰ Ultimo aggiornamento: Nov 08, 2017 ⏰

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The boy next door || Cameron Dallas ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora