25. Il nostro Natale (pt.2)

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Scendo con Matt nella grande sala da pranzo che, dopo qualche istante di silenzio e perplessità per il mio arrivo, piomba in un caos di voci che mi fanno gli auguri e braccia che mi stringono in abbracci familiari.
Poi occupo quello che mia madre ha pianificato come il mio posto, tra Avan e mia nonna materna, e mangio il panettone (che preferisco al pandoro con la crema😏) parlando del più e del meno e di come sia andato quest'anno.

Avan fa finta di nulla, non sembra essersela presa per ieri sera e neanche essere troppo sorpreso della mia guarigione improvvisa.
È rigido, questo si.
Non mi sfiora.
Non posa la mano sulla mia coscia sotto il tavolo.
Non mi stuzzica nel suo solito modo.
Non mi sorride arrossendo per poi distogliere lo sguardo.
Sembra sia solo un mio amico, dimostro più confidenza Matt che con lui.

Alla fine del pranzo, son quasi le sette di sera, dopo che i parenti se ne sono andati e che mia madre inizia a tirare su i piatti per lavarli, non sopporto più l'indifferenza di Avan e mi rintano nella baracca in giardino, quella di cui la sola copia di chiavi ce l'ho io. Faccio un giro di chiavi e mi avvicino al bordo della piccola piscinetta calda. Mi sfilo le scarpe, alzo i pantaloni del pigiama fin sopra il ginocchio e immergo la parte scoperta delle mie gambe. Resto a mollo per un bel po' a riflettere in silenzio guardando le scie d'acqua che lasciano i miei piedi muovendosi.

Perché d'un tratto Avan è così freddo?
Se l'è presa davvero per ieri sera e sta mattina? Come al solito ho rovinato tutto con il mio egocentrismo smisurato. Fa bene a preferire una Chevrolet a me; in fin dei conti la sola cosa che ho fatto da quando sto con lui è creargli problemi inutili. Prima con Victoria, il giorno della festa in cui mi sono ubriacata a schifo, poi con i suoi genitori e con Laura ed ora, mi ha fatto il favore di accompagnarmi a casa in New Jersey e la sola cosa che sono riuscita a fare in questi due giorni è litigare per l'attenzione di mio padre.
Non lo merito proprio un ragazzo così. Non merito proprio un ragazzo.

Alzo la testa, qualcuno ha bussato alla casupola. Mi alzo, asciugo i piedi e mi avvicino alla porta.

Eli: -Chi è?- grido, fa che sia Avan.

Jen: -Sono io, Jenette!- risponde la voce della bionda, abbasso lo sguardo delusa.

Eli: -Che vuoi?- chiedo scazzata cercando con lo sguardo le chiavi per aprirle la porta e lasciarla entrare.

Jen: -Voglio darti il mio regalo di natale.- ribatte nuovamente battendo il pugno sul legno chiaro. Io recupero le chiavi e le apro la porta lasciandola passare.

Eli: -Il mio regalo per te e in camera mia, il pacco rosa.- borbotto facendo girare la chiave, la raggiungo sul tappeto dove si è seduta e mi sistemo davanti a lei.

Jen: -Tranquilla, lo ho già aperto... ottima idea quella gonna, davvero fantastica. Comunque ecco, questo è il mio regalo per te.-
Mi tende una busta con i manici chiusi da un nastro viola scuro, con un'occhiata diffidente la prendo, mi aiuto coi denti per spezzare i sue fiocchetti e infilo una mano dentro.
C'è un'altra busta più piccola con il logo della Victoria's Secret in argento su sfondo rosa, apro anche questa e infilo dentro la mano. Tocco qualcosa di morbido e liscio.

Jen: -Se ti stai chiedendo se il push up è troppo la risposta è no.- mi anticipa mentre tiro fuori la lingerie che Jenette mi ha regalato per natale.

Eli: -Perché il tuo regalo non mi sorprende?- sbuffo con un'occhiataccia.

Jen: -Perché era proprio quello che stavi aspettando, suvvia, non essere timida; so che è il regalo che ti è piaciuto di più di questo natale.- dice continuando a ignorare il mi dissenso.

Eli: -Non mi servirà gran ché, Avan si è stancato di me.- spiego rimettendo reggiseno, mutande e calze nella borsetta rosa.

Jen: -Come scusa?- domanda, io metto da parte le borsa.

Un mese per dirti "Ti amo"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora