Il vicolo era buio e un indistinto odore di marcio aleggiava nell'aria. L'uomo l'aveva sbattuta contro il muro con tutto il suo peso e lei sentiva di non avere scampo. Ma doveva mantenere la mente lucida, doveva liberarsi. La sensazione indistinta di mani che le scorrevano sul corpo le rendevano ben chiaro il destino in cui sarebbe incorsa se non avesse agito in fretta. Lui era molto più grosso di lei, sapeva di non poterlo battere senza un'arma.
Si guardò freneticamente attorno, il sangue le esplodeva nelle orecchie, grida sorde le affioravano alle labbra. Alla fine vide un mattone messo in obliquo, che pareva volersi staccare da quel muro decrepito. Se solo fosse riuscita a tirarlo fuori, avrebbe avuto una speranza. Con le unghie iniziò a grattare via il sottile strato di calce secca che lo teneva attaccato, cercando di non farsi notare. Ignorò la vocina nella testa che le diceva di cedere al panico, che era tutto inutile e per lei era finita. Il suo assalitore sembrava una belva e Sara, quello era il nome della ragazza, aveva paura di lui. Vide qualcosa brillare al polso dell'uomo: un grosso orologio dal quadrante blu. Il mattone stava cedendo. Ignorò il dolore alle unghie con le quali aveva grattato via la calce e con tutte le sue forze tirò. La sua nuova arma venne via dal muro e il suo aggressore si rese conto troppo tardi della cosa. Sara lo colpì sul cranio, tramortendolo per il tempo necessario a scappare.
Corse per le vie senza vederle, oltrepassò i cartelli senza coglierne il significato. Correva con la disperazione di un animale braccato. Solo quando le gambe le cedettero si fermò. Si rese conto di essere ormai lontana dalla parte popolata della città, grazie alle stelle: senza l'inquinamento luminoso brillavano ostinate nel cielo, come se nulla oltre alla loro luce importasse. La ragazza si ritrovò a odiarle. Seduta a terra con il cuore a mille e il respiro tronco, cercò di calmarsi passandosi le mani tremanti fra i capelli rosso fuoco. Cosa avrebbe fatto adesso? Doveva andare a denunciare il suo assalitore alla polizia, ma con quali prove? Non c'erano testimoni o videocamere nel vicolo, ignorava il nome di quell'uomo e non avrebbe saputo darne una descrizione valida. Il buio e il panico le avevano offuscato la vista. Probabilmente non era la prima e non sarebbe stata l'ultima a venire aggredita a quel modo da quell' individuo. E questo la riempiva di frustrazione.
"Adesso però devo essere forte" pensò fra sé e sé. "Mi sono persa, ma devo trovare una fermata della metropolitana per tornare a casa". Era successo tutto per colpa del suo pessimo senso d'orientamento: era uscita sola quella sera da una discoteca, ma aveva preso la strada inversa a quella della fermata della metro, forse a causa di un Cosmopolitan di troppo, ritrovandosi in un quartiere desolato e sconosciuto. Aveva avuto la sensazione che qualcuno la seguisse, ma non si era fatto notare fino all'aggressione.
Faticava a orientarsi, ma si mise in cammino. Mentre cercava la strada giusta, una macchina che conosceva bene si fermò vicino a lei. Era una Volvo blu usata, quella del suo vicino di casa: un ex-pugile dall'aria tranquilla. Stefano, quello era il suo nome, abbassò il finestrino "Ehi Sara! Che ci fai qui tutta sola? Salta su, ti do uno strappo fino a casa. È pericoloso girare di notte in periferia."
La ragazza era troppo stanca per obbiettare. L'unica cosa che provava era il sollievo di vedersi di fronte un viso conosciuto. Mentre saliva in macchina, ascoltò distrattamente il suo chiacchiericcio sul perché girava da quelle parti. Qualcosa sull'andare a trovare un amico e il navigatore andato in palla. Si limitò a guardare con occhi vuoti le strade che scorrevano via.
Ora che l'adrenalina si era spenta, si sentiva solo esausta. Non notò nemmeno il fatto che il suo tranquillo vicino fosse di una bella stazza o che un grosso orologio dal quadrante blu gli brillasse innocente sotto il polsino della camicia.
STAI LEGGENDO
Stelle Ostinate
Short Story"Si rese conto di essere ormai lontana dalla parte popolata della città grazie alle stelle. Senza l'inquinamento luminoso, brillavano ostinate nel cielo, come se nulla importasse oltre alla loro luce. La ragazza si ritrovò ad odiarle"