Capitolo 1

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"È cominciato tutto dopo l'incidente... dovete credermi... dovete... mi credete, non è così?".
Il giovane uomo prese una lunga pausa in attesa di una risposta che non sarebbe mai arrivata.
Il ragazzo magro e dal volto scarno seduto davanti al freddo e lucido banco iniziò a scuotere ripetutamente la testa con gli occhi, spalancati mormorando parole che per le persone presenti risultavano incomprensibili:" è colpa loro... non ho fatto niente, sono stati loro e soltanto loro... è successo tutto dopo quel maledetto incidente... l'incidente".
...
Il ragazzo iniziò ad avere strane reazioni alla domanda che gli fu posta in seguito:"...puoi dirmi chi sono loro?". Il mal capitato cadde improvvisamente dalla sedia in preda a convulsioni e tremori ovunque, iniziò ad uscirgli sangue dal naso e una schiuma biancastra dalla bocca.
L'uomo alto e dal camice bianco fece pochi passi decisi attraverso la stanza buia fino al tavolo di metallo e con calma e tranquillitá disse:" portate il paziente 1b8jo7 nella stanza 374, piano b.7i4... è l'undicesima volta che reagisce così a questa domanda" prima di concludere la frase a bassa voce, seguita poi da un sospiro pieno di preoccupazione, rabbia e curiosità.
Il ragazzo venne scortato nella cella nominata poco prima dal dottore, la sua stanza da cinque mesi a questa parte.

Ed eccolo lì, in piedi, attaccato a quei due corpi possenti che non lo avrebbero lasciato andare fino al compimento del loro lavoro, che sarebbe giunto da lì a poco. Il ragazzo non sapeva se entrare o meno... la cella era sporca, il sudiciume copriva persino il soffitto... e le pareti intrise delle sue lacrime, del suo sangue... dei suoi scarabocchi fatti con il carboncino... e la sua candela, l'unica cosa che non lo faceva piombare nel buio più completo. Era strano che volesse in continuazione almeno una candela... l'impianto elettrico funzionava alla perfezione...diceva che la candela era l'unica cosa che gli teneva compagnia. La faceva cambiare ogni giorno e accendeva la luce solo quando i dottori e gli infermieri gli portavano del cibo o semplicemente quando andavano a controllare se fosse ancora vivo.

Il ragazzo andò a stendersi sul letto disfatto e sporco ripensando alla parola che persino i suoi genitori gli attribuirono: pazzo.
"...pazzo..." disse a bassa voce il ragazzo :" io non sono pazzo, so per certo che è colpa loro, io non ho fatto nulla... ho solo provato ad aiutare quelle povere persone".
Tentando di dimenticare il posto in cui si trovava iniziò a cantare una delle sue canzoni preferite continuando a pensare a quello schifoso termine... pazzia.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Mar 23, 2019 ⏰

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