Capitolo dieci.

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La luce fioca che penetrava dalla piccola finestra svegliò la bambina che giaceva sul letto a baldacchino. Velocemente balzò fuori dalle coperte che l'avvolgevano e, con passo felpato, raggiunse la cucina.
Fece una colazione abbondante dopodiché prese i vestiti preparati il giorno precedente e tornò nella sua camera.
Era una stanza buia, l'unica fonte di luce era la piccola finestra che si affacciava sulla piazza della città, sotto questa finestra si trovava il letto a baldacchino che Clove tanto amava, suo padre l'aveva costruito a mano proprio per lei.
Davanti al letto, c'era una scrivania dove la bambina teneva tutti i libri letti e tutte le cose a cui era interessata, la maggior parte della superficie era occupata da manuali d'istruzione all'uso delle armi.
L'arma preferita di Clove erano i coltelli: li maneggiava con molta maestria ed aveva una mira perfetta, qualche volta suo padre l'aveva portata a cacciare, aveva colpito due scoiattoli ed un uccello, i coltelli lanciati avevano tutti rigorosamente colpito il cuore degli animali.
Rapidamente si diresse verso il letto, allungò una mano sotto di esso ed estrasse una scatola di metallo.
L'aprì e iniziò a tirare fuori tutti i coltelli che, con molta gelosia, conservava.
Con molta cura li ripose nella giacca, dove,in precedenza, aveva cucito delle piccole tasche dove metterli con più comodità.
Aveva scelto i coltelli che definiva «i migliori» tra quelli che erano nella scatola.
Clove aveva altri coltelli, quelli che lei riteneva i migliori che possedeva, che teneva nascosti per usarli in un'occasione speciale.
Velocemente ripose alcune cose nel piccolo zainetto e silenziosamente uscì di casa.
Con passo svelto raggiunse il bosco, dove camminò fino a che non arrivò in un luogo a lei noto.
Era un posto che conosceva molto bene, dato che passava la maggior parte del suo tempo nel piccolo accampamento creatosi per stare da sola, con i suoi coltelli.

Passò l'intero pomeriggio ad allenarsi e, verso sera tornò in città.
Era abituata a passare davanti al forno poco prima che chiudesse e ad aspettare che la giovanissima Ethel la chiamasse.
Ethel era una ragazza che lavorava al forno, ogni pomeriggio vedeva Clove che passava davanti al forno ed ogni pomeriggio, prima della chiusura, la chiamava e le dava gli avanzi di cibo non venduto che sarebbero andati a male se li avesse tenuti.
Clove li accettava sempre molto volentieri e tornando a casa li riponeva di nascosto in cucina.
Ma quel giorno Ethel non si fece vedere.
Improvvisamente Clove sentì il rumore delle macchine dei pacificatori, si diresse nella piazza, vide da lontano un bambino, più o meno della sua stessa età, o forse più grande di qualche anno, era vicino a sua madre ed aveva il viso spaventato.
La madre era in lacrime, Clove non capiva: i pacificatori erano tutti davanti alla casa di quella donna, poi i sentì uno sparo.
La bambina, chiuse gli occhi di botto e un'attimo dopo venne trascinata in casa dalla madre che le urlava di entrare.

I giorni successivi non si parlò dell'accaduto, come ogni pomeriggio, Clove si recava nel bosco, ma non si fermava più al forno: aveva saputo che la sorella di Ethel era la donna che aveva visto in lacrime, giorni prima, con il figlio accanto, la donna che aveva perso suo marito.
Aveva saputo anche il nome di quel bambino: Cato.
A volte lo vedeva in giro e quando i loro sguardi si incrociavano, lei distoglieva subito il suo.
Nessuno sapeva, però, il motivo della morte di quell'uomo.

—Spazio autrice
Oggi ho deciso di fare un capitolo diverso dal solito.
Come avrete capito è un flashback e racconta di un periodo dell'infanzia di Clove, precisamente il periodo prima che andasse al centro di addestramento, mi sono immaginata come potrebbe essere stata la sua infanzia.
Spero che questa piccola variazione vi sia piaciuta, fatemi sapere se ne volete una su Cato (magari di quando era al campo di addestramento 😏)

It's a promise. [CLATO] [COMPLETATA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora