f i f t y - n i n e

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Erano ormai le undici e mezza passate e ancora Harry non era arrivato.
Controllai per l'ennesima volta il cellulare, ma non trovai alcun suo messaggio, perciò decisi di aspettare ancora una decina di minuti, prima di escludere eventuali ritardi che, come avevo scoperto, erano parte della sua indole.

La televisione non fu affatto di aiuto per distrarmi e così, per i seguenti minuti, rimasi seduta sul letto con il cellulare stretto nella mano e lo sguardo perso.
Più trascorreva il tempo, più la mia mente spaziava e si veicolava verso pensieri decisamente poco rassicuranti, influenzati dalle emozioni ancora fresche che quella notte di una settimana prima mi aveva fatto vivere.
Sospirai, sbloccando di nuovo il telefono.

Era ormai mezzanotte.
Trenta minuti di ritardo mi parvero un lasso di tempo decisamente giustificabile per cominciare a preoccuparsi, perciò decisi di chiamarlo e accertarmi che non gli fosse accaduto nulla.
Trattenni il respiro, contando nella mente gli squilli del suo cellulare, che suonava libero.

Stavo per riattaccare quando finalmente Harry rispose.
La sua voce mi giunse all'orecchio più forte del solito e subito dopo sentii la risata aperta e contagiosa di Zack giungere in lontananza.
Sgranai gli occhi e il respiro mi si incastrò in gola nel sentire la voce di Harry all'altro capo del telefono.
Era ubriaco.

Harry's pov.

Stephen fermò la macchina di fronte ad una villetta che, a giudicare dalle luci, dalla musica e dagli schiamazzi, identificai subito come il posto in cui stava avendo luogo la festa di cui ci aveva parlato Eddie.

«Niente?» Sussurrò Zack, chinando lo sguardo sul mio cellulare.

Scossi il capo. «Neanche una tacca.»

«Sei sicuro che non la vuoi chiamare col mio?» Si offrì di nuovo e gli occhi di Eddie ci fulminarono dal sedile anteriore.

«Ragazzi, davvero...» Sbuffò esasperato. «Solo per stanotte, ve lo chiedo per favore.»

«Va bene, va bene! Va bene!» Sbottai io, rassegnandomi.
Oltre al danno, ebbi anche la beffa del cellulare che, senza una valida motivazione, aveva deciso di non avere campo. E vallo a capire perché.
Mi infilai il telefono in tasca e aprii la portiera.

Poco dopo ci ritrovammo di fronte ad una porta di legno massiccio.
Era enorme.
«Ma chi cazzo ci vive qui? Il nipote di Obama?» Commentò Zack, alzando il capo così da poter vedere la fine del portone.

«Fate parlare me.» Sorrise Eddie, mettendosi in testa al gruppo.
Poco dopo una ragazza venne ad aprirci.
«Sei la festeggiata?» Le domandò, scoccandole un sorriso divertito.

«Mmm, non lo so. Voi chi siete?» Rispose lei e la sua voce, unita agli occhi socchiusi, le conferì un modo di fare vigile e indagatore, ma allo stesso tempo provocante e giocoso.

Eddie si impettì, alzando fieramente il capo. «Siamo il regalo!»

Sgranai gli occhi, incapace di credere alle mie orecchie. Come poteva pensare che ci avrebbe lasciati entrare dopo quella penosa risposta? Ci avrebbe cacciati tutti e cinque, altro che festa e divertimento.
«Dai, scherzo... siamo imbucati.» Si corresse, dopo che la ragazza, ridendo apertamente per via della quantità di alcool che sicuramente aveva in circolo, gli aveva risposto che la festeggiata non era momentaneamente disponibile.

«Imbucati, eh?» Ripeté lei, scivolando lo sguardo su Jordan. Alzò le sopracciglia con aria vagamente compiaciuta, squadrandolo da capo a piè e mi sentii più sollevato.
Era cosa già fatta, praticamente.

Jordan, infatti, colse al volo l'occasione e le sorrise, strizzandole poi l'occhio. «Siamo noi imbucati l'anima della festa. Dovresti saperlo, dolcezza...» Commentò, sorridendole ancora con fare civettuolo.

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