5. Corazze

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" Alla fine non ci rimane che questa vita stupida, appesa a un filo, sorniona, che si prende gioco delle nostre insicurezze e dei timori che ci pervadono. L'unico atto che possiamo compiere è di amarla di un amore smisurato "
- Charles Bukowski

Il sole è ancora alto nel cielo. Mi guardo attorno e gli alberi sono ricoperti di foglie di un verde acceso e di piccoli fiori di svariati colori.

Una brezza tiepida soffia attorno a noi, quasi come se ci stesse abbracciando facendoci danzare.

" E quindi ti sei trasferito qui dall'Italia? " chiedo ad Hunter guardando il suo viso.

Il tempo è volato, abbiamo passato più di due ore a parlare di qualsiasi cosa ci passasse per la testa e sono stata molto bene con lui. Abbiamo cominciato con argomenti futili e molto tranquilli ed ora siamo arrivati a questo.

" Si, non ricordo nulla. Ero piccolo " mi risponde con tranquillità.

" Quanto piccolo? " gli chiedo istintivamente maledicendomi subito dopo. Sono stata troppo invadente, sto facendo domande decisamente personali ad un quasi sconosciuto.

" Sedici mesi " accavalla le gambe appoggiando la caviglia destra sul ginocchio sinistro e ruota leggermente il suo corpo verso di me.

Istintivamente abbasso lo sguardo sulle mie gambe. Annuisco leggermente mordendomi il labbro inferiore e resto in silenzio. " Sono nato in Italia, anche i miei genitori sono originari di lì " continua mentre sento il suo sguardo su di me.

Sono tentata di chiedergli il motivo di un trasferimento così impegnativo ma mi mordo la lingua e resto zitta, annuendo semplicemente in risposta.

" Dimmi qualcosa di te " alzo lo sguardo e incrocio il suo. Continua a guardarmi fisso negli occhi e non lascia cadere lo sguardo, dando a me questo compito.

Ancora una volta mi si gela il sangue nelle vene. Non voglio parlare di me. " Non c'è poi così tanto da dire " faccio spallucce cercando di essere evasiva e sperando che non faccia altre domande.

Purtroppo però i miei desideri non vengono esauriti. Hunter sistema il suo braccio lungo la panchina dietro di me e distoglie per qualche secondo lo sguardo calciando un sassolino per terra.

" Sai, credo di aver capito una cosa su di te " alzo lo sguardo su di lui nuovamente e faccio un piccolo sorriso.

" Ah si? E cosa? " chiedo curiosa della sua risposta.

" Tu hai una corazza protettiva attorno a te, non lasci entrare nessuno ". Probabilmente sentendo quelle parole da un'altra persona mi sarei infastidita. Insomma, neanche mi conosce e si permette di dire cose del genere su di me. Non so per quale motivo però, forse per il tono della sua voce, forse per il suo sguardo o forse per la verità di quelle parole non m'infastidisco, non mi arrabbio e non mi innervosisco. Faccio semplicemente un altro piccolo sorriso guardando davanti a me.

-

Sistemo il giubbotto e la borsa sulla poltrona in salotto e levo immediatamente le scarpe. Odio tenerle in casa.

Hunter mi ha riaccompagnata a casa e abbiamo parlato un altro po'. Mi ha chiesto delle mie passate relazioni ma non avevo un granché d'interessante da dirgli.

Quando invece gliel'ho chiesto io mi ha dato una risposta abbastanza esauriente. Mi ha raccontato di aver avuto diverse storie, ma solamente una davvero importante. Non mi ha detto il nome di questa ragazza, non mi ha detto per quanto tempo la loro storia sia durata. Mi ha semplicemente detto che lei gli ha spezzato il cuore.

Cercava di sorridere mentre lo diceva, cercava di apparire tranquillo. Ma non è stato molto difficile notare il dolore nei suoi occhi. Non era nostalgia, era solo tristezza.

Nonostante questo la nostra conversazione è stata piuttosto leggera e piacevole.

Mi siedo a tavola insieme a mio padre e mio fratello mentre mia nonna scola la pasta e la serve.

Interrompo il tintinnio delle forchette contro i piatti ed il brusio del telegiornale. " Sai papà, finalmente ho conosciuto una persona ". In questo mese non ho fatto altro che chiedere a mio padre di presentarmi qualcuno, lui conosce tutti e ripeto tutti qui.

Era una richiesta disperata ma io, ero disperata.

Si girano tutti verso di me e mio padre alza le sopracciglia incredulo. " Davvero? " mi chiede.

Annuisco. " Si chiama Hunter, non conosco il suo cognome ". Mio padre mi chiede di descriverlo ed io dico velocemente della sua statura e del colore nero dei suoi capelli rendendomi conto solo adesso di aver sbagliato a descriverlo a Rose la prima volta.

" Dio mio, ce l'ho sulla punta della lingua! " esclama per la milionesima volta. È cinque minuti che va avanti così. " Rienne ti giuro che ho capito chi è ma non riesco a ricordare il cognome. Conosco i suoi genitori, so anche dove abitano ma non riesco a ricordare il cognome ". Ridiamo tutti per lo sforzo che sta facendo mentre si massaggia le tempie e si mordicchia la punta della lingua pensando.

" Papá lascia stare " ridacchio guardandolo " suppongo che prima o poi lo scoprirò " gli faccio un piccolo sorriso e lui afferra nuovamente la sua forchetta appoggiando la testa sul suo pugno chiuso. Ha la faccia di un bimbo deluso e imbronciato mentre gioca con la pasta nel suo piatto. " Sono sicura che ti verrà in mente " lo rassicuro.

Il resto della cena passa come sempre e presto ci avviamo verso casa.

Quando rientro in camera mia controllo il telefono e trovo una chiamata persa da parte di Rose ed un messaggio di Hunter. " Buon appetito " è di quasi un'ora fa. Rispondo scusandomi per il ritardo e nel frattempo richiamo Rose.

" Ciao straniera " incredibilmente risponde al secondo squillo. " Tra poco devo andare a cena, è importante? " mi chiede mentre mi butto sul mio letto.

Scuoto la testa. " No, ho visto che mi avevi chiamata e così ti ho richiamata " faccio spallucce mentre gioco con una ciocca di capelli e mi guardo attorno in questa stanza talmente spoglia da mettere tristezza e malinconia.

Non c'è niente di me qua dentro, assolutamente niente.

" Ah giusto ti avevo chiamata io " fa una piccola pausa. " Ho ancora qualche minuto prima di dover scendere, chiacchieriamo un po'? " mi chiede mentre sento le voci di sua madre e sua sorella in sottofondo e poi lei che chiude la porta per non essere disturbata.

" Volentieri " rispondo distendendomi di schiena sul letto in modo da guardare l'alto soffitto pieno di macchie provocate dall'umidità. Questa villa è così vecchia che sono sicura che da qualche parte ci siano delle specie di celle o roba simile.

" Com'è andata a scuola? " domanda, come ogni singolo giorno.

" Bene, non c'è stato niente di speciale " chiudo gli occhi e respiro lentamente. " Te invece? ".

" Ho preso un'altra insufficienza in spagnolo. Io non riesco a capire come sia possibile " si lamenta. Continua a studiarlo però lo spagnolo proprio non le riesce.

Sorrido un po' nel sentire la sua voce lamentosa " Lo sai che posso aiutarti " ribadisco. Non vado esattamente bene a scuola ma lo spagnolo è l'unica cosa in cui eccello.

" Si lo so, prima o poi riusciremo a trovare del tempo per fare spagnolo. Comunque, il resto della giornata com'è stato? Tutto come al solito? ".

" In realtà è successa una cosa alquanto stravagante " rispondo capovolgendomi. Appoggio i gomiti sul letto e la testa tra le mani.

Sento la voce della madre di Rose in sottofondo chiamarla per avvisarla che la cena è pronta. Rose farfuglia un che " che palle " e poi sospira. " Rienne devo andare, appena ho finito ti richiamo e mi racconti tutto va bene? " mi dice di fretta e furia.

" Tranquilla, può aspettare " le rispondo sorridendo.

" Scusami, ci sentiamo dopo " e si congeda così, lasciandomi sola a rimuginare sulla stranezza della giornata appena trascorsa.

Each road takes to youWhere stories live. Discover now