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La mattina dopo mi sveglio alle 10:37, con una strana sensazione addosso.
Per un momento mi sembra una normale giornata di vacanza; poi ricordo tutto: la notte nel giardino, tutti che mi cercano, Veronica che dice troppo, IO che dico troppo.

Ieri notte ho rivelato più informazioni su di me di quanto abbia fatto nei due anni che ho vissuto qui.
Tra il verbo passato usato dal preside Rufius il giorno della rissa, le mie abilità nel combattere, le parole di Veronica sul passato dei miei genitori e io che svelo un possibile autolesionismo, sto cominciando a far cadere a pezzi il mio mondo sicuro.

La mia armatura.

Tutto é cominciato con il loro arrivo.
Tutto è cominciato da quando ho visto quegli occhi così simili ai suoi, che mi hanno mandato in tilt.

Ho fatto troppi errori.

In una sola settimana mi sono rovinata con le mie mani.

È ora di riprendere in mano la situazione.

Addio Veronica e le sue dannate regole.

Addio Rufius e la sua idea di deludere mamma e papà.

Addio Axel e i suoi occhi.

La Regina di Ghiaccio sta tornando.

Ha perso momentaneamente la via ma, adesso, rinasce dalle macerie più forte di prima.

Con questi pensieri in testa, mi preparo per andare nell'ufficio del preside.

Mi metto un maglione blu scuro e lungo sopra dei jeans neri e i miei amati stivaletti; poi mi dirigo verso la sala che ho visitato più spesso dal mio arrivo, senza contare la mia stanza, o l'infermeria.

Dopo aver percorso molto corridoi deserti, arrivo alla porta e sento delle voci provenire dall'interno.

Non distinguo le parole, sento solo dei frebili suoni.
Rufius ha insonorizzato la stanza.

Furbo il vecchietto.

Busso e aspetto che mi invitino ad entrare.
Una volta entrata nell'ufficio, osservo le persone all'interno.

Oltre al preside Rufius, c'è una donna.

Capelli biondi raccolti in un morbido chignon, sotto un cappellino nero.

Ha una carnagione molto chiara, in perfetto contrasto con il tubino nero, lungo fino al ginocchio.

A completare il look da perfetta donna in carriera delle décolleté nere in vernice, con un tacco non troppo alto.

Sul divanetto, al lato della stanza, un cappotto grigio scuro.

Sembra che esca da un funerale.
Ma i colori mi piacciono.

Sorpresa, decido di rompere il silenzio.

- Chiedo scusa. Se vuole ripasso più tardi signore.

La donna mi sorride.
Denti perfetti e bianchi come perle.
Non mi piace.

- No cara. - dice la donna. - Ti stavamo aspettando.

Sono confusa.

Che cosa vuole adesso questa donna da me?

- Chiudi la porta e siediti Serenity. - dice il preside.

Rufius sembra esausto.
Chissà se ha dormito, stanotte.

Decido di non obiettare e di sedermi.
Questa sensazione spiacevole non mi molla e, per esperienza, so che non finirà bene.

- Il tuo nome ha origine inglese, sai? - chiede la donna, sedendosi sulla sedia accanto alla mia.

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