Tre lettere per Silvana: lettera #1, ossia la notte priva di Luna e stelle.

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Silvana, mio ossigeno......no, non potevo far finta di niente. Non potevo semplicemente ascoltare il tuo invito a non essere più nulla nella tua vita. Non potevo uscire adesso dai tuoi giorni, adesso che quei giorni sono al tempo stesso tuoi quanto miei, ora che i tuoi divani profumano non più di te, ma di noi, e portano ben impregnato l'odore dei miei vorrei.Non potevo far finta di niente, Silvana. Hai paura, io ti capisco perfettamente perché ho appena mangiato un kilo della stessa fottuta paura che hai ingoiato, e che adesso vomiterai, in questa notte fredda senza Luna. Fa più freddo quando non c'è la Luna, perché non ci si sente solo gelidi, ma anche persi. Fa freddo anche d'estate, quando la Luna non c'è: è il buio il vero gelo della vita. E se ci pensi, c'è questo buio tra noi, che ci fa vivere nel freddo, che ci fa sentire persi.Io lo so, e lo sapevi anche tu: se fossimo andati oltre il confine di un semplice amore, se avessimo tentato insieme di scalare l'aria verso le nuvole, per un attimo avremmo potuto guardare ogni cosa dall'alto, insieme. Ma il prezzo da pagare non immaginavamo fosse così grande. Il prezzo pagato è immenso, ora che sei distante. Perché, vedi mia dolce Silvana, questa notte solo la musica è la mia puttana, e non ci sei tu, inginocchiata a pochi passi da me, mentre ti osservo bendata e nuda, come la mia stessa paura. Ho addosso la stessa camicia di quella sera, amore mio. Ho addosso la stessa camicia di quella sera in cui il tuo vestito rosso è scivolato giù dai tuoi fianchi bruni, e hai accettato di buon grado di farti legare i polsi, di farti mordere il labbro inferiore fino al dolore, ma senza parlare, senza gridare, senza proferire parola. Mi hai guardato perché avevo il tuo sangue sulle mie labbra, ed i miei occhi nei tuoi occhi, e il tuo viso tra le mie mani, e tu tra le tue mani solo una corda spessa e dura, e seppur prigioniera non avevi paura.Eri una donna, ed io ero un uomo... ed era anche vero il contrario: io ero la femmina e tu il mastino, e fingendo di lasciarti dominare, mi tenevi vicino, e mi tenevi schiavo. In quel momento abbiamo capito che avremmo potuto continuare. Ho sganciato il tuo reggiseno, ed il tuo giovane seno non si è mosso, così l'ho lasciato lì, con il pizzo nero appoggiato ai tuoi capezzoli, e ti ho bendata, e con un colpo leggero dietro le ginocchia, ti ho fatta cadere ai miei piedi. Ricordo che ti spaventasti quando udisti scattare il mio coltello, e sentisti la lama, che avevo affilata sulla pietra poche ore prima, sentisti la lama accostarsi ai tuoi fianchi, tagliarti gli slip, e lasciarti così: con un reggiseno appeso ai capezzoli, occhi bendati, inginocchiata, con tacchi inutili ai piedi. Eri padrona dei miei pensieri, schiava dei miei voleri, compagna dei miei desideri, amica di ieri e madre di domani.Io e te eravamo tutto: non me ne fregava un cazzo del fatto che ti eri fatta scopare da uomini squallidi, perché quegli uomini non ero io, e tu non potevi immaginare io sarei arrivato davvero. In fin dei conti, attorno al mio uccello avevano messo le labbra mille puttane, e ti saresti potuta lamentare anche tu. Avrei mai potuto perdere lo spettacolo di donna che sei per le cose che avevi fatto mille anni prima di conoscermi? Così ti rimiravo, soffermandomi tra i tuoi seni e le tue gambe semichiuse, ed i peli neri che mi attiravano come una foresta attira un fuggitivo. Ero seduto a pochi passi da te, vestito con una camicia bianca ed un pantalone nero, con scarpe verniciate nere e calzini vinaccia. I miei gemelli con le mie iniziali erano sul davanzale della finestra da qualche minuto, e le maniche della camicia, appena arrotolate ai gomiti, lasciavano intravedere l'inchiostro nero che occupa il mio braccio sinistro. Tu lo conoscevi bene quel maledetto inchiostro, Silvana: sulla tua spalla c'ero io mentre ti tatuavano per la prima volta. Restammo a guardarci negli occhi per tutto il tempo in cui Fabrizio lavorò con la macchinetta ad ago per scrivere "Per mille anni.". Era il tempo che ci eravamo prefissi per conoscerci, prima di darci un bacio.Mi alzo, cammino verso la finestra, e passandoti accanto, colpisco il tuo seno. Tu ti mordi il labbro e fiati in silenzio, il reggiseno cade, i tuoi capezzoli turgidi si rivelano. Apro la finestra, prendo i gemelli in acciaio, gelidi come questa notte polare, poi chiudo la finestra e mi avvicino a te. Poso un gemello su un tuo seno, sfioro il tuo orecchio, il tuo collo, la tua spalla, il tuo sesso, i tuoi polpacci e mentre non lo aspetti ti bacio. Ti rianimi, ti riscaldi, dopo i timbri di ghiaccio dei miei gemelli freddi. Torno a sedermi. Tu sai che ti amo. Io so che mi ami. Io so che ormai hai capito che in questo gioco in cui dall'esterno tu appari come umiliata, sei tu che comandi. Se mi dicessi "Basta!", io mi fermerei, e tu andresti via, ed io perderei tutta la bellezza offerta da te, donna, ai miei occhi di misero uomo. Ho il potere di farti male, ma ho paura di fartene, e la libertà che mi offri è in realtà un inganno. Quanto ingannatrice è la vita, che mentre ti illude di avere tra le mani il controllo perfetto delle cose, ti prende e ti sbatte in faccia la realtà: sei solo schiavo della tua illusione di comando. Io, vestito come un capo, come un manager, come sempre mi vesto mentre vado ogni giorno al bar, a prendere un caffè, a terrorizzare qualcuno ogni mattina con una telefonata intimidatoria. Io, vestito come ogni giorno, con una Beretta sotto l'ascella ed un Victorinox in tasca, pronto a carezzarti o ucciderti, parlandoti al tempo stesso di vita eterna e citandoti la Bibbia. Io, sempre io, adesso guardandoti la fica e i fianchi, ormai definitivamente conscio di essere tua preda in questa guerra che non si combatte. Quanto ingannatrice è la vita: come mi inganna con te, come inganna i nostri cuori ed il nostro amore, così inganna ogni giorno le mie ore. E mentre credo di essere colui che fa guadagnare soldi ad impiegati e operai, colui che sostiene famiglie e tiene gente lontana dai guai, sono solo un creatore di illusioni, sono solo un bugiardo che si professa amico per vendere ad altri il tuo lavoro ed il tuo sudore. E dai soldi così presi, a chi lavora per me regalo solo uno spicciolo e un sorriso, e molta gente è felice, solo perché grazie a me non devi affrontare le sue paure. Mentre tu, avanti a me adesso, stai affrontando le tue paure, e mi stai mettendo innanzi alle mie.E tu, mia splendida Silvana, avanti a me continui a sfidarmi. Mi parli, quando io ormai ero lì a contemplarti come croce in una chiesa, come fiamma in un sabba."Amore, frustami.""Non ho voglia di farti del male.""Ti prego... ti prego. Frustami, colpiscimi. Ti prego.""Sono io a decidere.""Sei tu a decidere, ma se io fossi te, adesso, ascolterei la tua schiava che ti chiede dolore. Fammi male, fammi sentire che mi ami. Ti prego... trova il coraggio per colpirmi, per amarmi, per farmi capire che non sono un'illusione.", ed io mi alzo, vengo verso te e mi inginocchio innanzi a te, ma tu non lo puoi vedere, non lo puoi sapere. Siamo entrambi inginocchiati, entrambi umiliati, ed entrambi legati: tu hai una corda ai polsi, io ho manette invisibili alle mani. Ti guardo negli occhi, quelli che hai al di là della benda rosso fuoco. Ci stiamo guardando l'anima."Ti sto guardando l'anima.""Siamo buddhisti: non abbiamo anima.""Tu puoi essere quel che vuoi, ma io sono solo me stesso, sono solo Francesco. Non ho più bisogno di definizioni, di caselle, di nomi. Ogni volta che mi avvicino all'Universo, i nomi si fanno lontani, le regole si disciolgono come pioggia nel mare, e non esiste più il confine della religione.""Mi stai guardando l'anima, allora...", e mentre lei finisce di parlare, con la punta incallita delle mie dita le schiaffeggio forte dannatamente il capezzolo destro. Non se l'aspettava, ma fiata appena e mi ringrazia. Le bacio il capezzolo sinistro, poi la colpisco con uno schiaffo a mano piena il seno, e poi ancora, e mentre mi ringrazia mi alzo, le passo dietro, e la carezzo come un padrone accarezza un cane."Mi senti tua?""Si. Ma so che proprio adesso che ti sento così mia, adesso che sei fortemente qui, proprio adesso che ci sei, proprio adesso posso perderti.""Si, lo sento anche io, ma non capisco perché.""Perché adesso la tua paura di me, la tua paura di te, è nulla. L'unico motivo che ci lega è questa esplorazione. Quando smetteremo, ci guarderemo, e potremo dirci addio, o ripetere lo stesso gioco.""Non voglio ripetermi.""Farebbe schifo anche a me.", e mi slaccio la cinta, togliendomela. Il suono della fibbia lo distingui nettamente, lo riconosci. Me lo dici."Ti sei tolto la cinta per soffocarmi?""Mi ritieni così squallido?""Credevo fosse elegante soffocare la propria femmina con la cinta.""Alzati! Con calma, ti aiuto.", e ti sostengo mentre ti alzi: da troppo tempo sei inginocchiata. Traballi un po' sui tacchi, ridi, sei felice anche se pare strano a chi ci osserva da un'altra dimensione. Ora sei in piedi, avanti a me, con i tacchi, perfettamente alta appena 2 o 3 centimetri meno di me."Io sono un tipo passionale, Silvana.""Cazzo, lo so! Perché me lo dici?", e ti afferro il collo con la mano destra e con il braccio sinistro ti tengo stretta lungo la parte bassa della tua schiena. La tua voce prova ad uscire, ma è un soffio appena. Conto fino a 3, poi fino a 5, e ti lascio."Non riesco ad ucciderti.""Non voglio morire.", dici prendendo fiato. Questo colpo è stato forte, perché non potevi parlare, non potevi dirmi di fermarmi, e pur sapendo che non ti avrei fatto male, hai sofferto: lo si vede dalle tue vene, spaventate e pulsanti. Basta un colpo di vento improvviso, e la paura ci riprende. Ogni gesto inaspettato è qualcosa che non sappiamo affrontare, e per un attimo almeno ci mette innanzi a ciò che davvero siamo: siamo tutto, ma ogni volta che ce ne dimentichiamo, diventiamo niente."Toccami tra le gambe, amore.", e mi avvicino a te: sei bagnata, umida."Ho voglia che tu mi prenda, adesso.", ed io ti prendo in braccio, nuda e legata, e ti siedo sulla mia scrivania. Passo la mia cinta sotto le tue ascelle, attorno alla tua schiena, e ne faccio redini che impugno con la mano sinistra, mentre con la destra ho fatto cadere giù i miei pantaloni. Mi avvicino a te, ti apro le gambe, e sono dentro te, facilmente. Mi conosci, facciamo l'amore da tanto, da mesi, da anni. Da molto più di quanto noi ricordiamo, ma stavolta è diverso. Io sto guardando i tuoi occhi aperti nascosti dalla benda rossa, e tu stai sentendo me come mi sentivi mille anni fa: come una pietra contro una finestra. Con violenza, tirando verso me il tuo corpo ogni volta con la cinta, e con la mano destra stringendoti il fianco sinistro, a volte tenendoti appiccicata al mio viso con i denti sulle mie labbra, ed a volte mi mordi tu e mi tieni a te.Dopo pochi istanti stai godendo. Ti sento fremere, e non faccio altro se non lasciarti scuotere. Stai di colpo sudando, stai cambiando colore. Ti appoggi a me: io in piedi, tu seduta sulla mia scrivania, legata, bendata, colpita, umiliata, eppure in grado di starmi sulla schiena, respirando piano, senza comandarmi, eppure possedendomi. Passa qualche minuto così. Ti percepisco: sei viva."Aiutami a scendere. Voglio sentirti in bocca. Voglio berti.", e ti faccio scendere, ti sciolgo i polsi, e poi ti tolgo la benda. Tu sei lì che mi guardi e sorridi forte, mi schiocchi un bacio dolce, ed io mi siedo dove un attimo fa c'era il tuo culo. Tu resti in piedi, ti inclini sul mio cazzo e lo prendi avidamente, restando in piedi sui tacchi."In ginocchio sono brave tutte.", dici maliziosa. Anche se sei appena stata umiliata, bendata, legata, schiavizzata, scopata brutalmente, sei ancora tu che conduci il gioco, e sei ancora tu a decidere quando finirà. Sono carico, e lo sai che durerà poco, forse nemmeno un minuto. Vengo tra le tue labbra. Tu sei impassibile, mi guardi. Ad un certo punto ritiri le labbra, ti avvicini ai miei occhi con la tua bocca, e vedo la tua gola ingoiare. Ti appoggi a me, e ci guardiamo."Siamo questo?", mi chiedi."Siamo questo?", ti chiedo."Cosa siamo, Francesco?""Non lo so, Silvana. Non lo so. Siamo stati la pioggia quando pioveva e non eravamo insieme, e siamo stati l'asfalto sotto le ruote della moto. Siamo stati le sere avanti alla TV, le notti a letto a dormire... siamo stati quelli che facevano l'amore a teatro e al tempo stesso quelli che si baciavano da restare senza fiato, eppure siamo anche questo.""Siamo anche questo.""Siamo l'illusione di possederci, Silvana.""Siamo l'illusione di amarci, allora. Siamo due corpi che si combattono, due ruoli che fanno la loro scena a teatro. Siamo amanti, siamo organismi per la riproduzione, siamo...""Siamo organismi per la riproduzione, e per il resto siamo Francesco e Silvana.""Facciamo un figlio, allora. Facciamolo, viviamo insieme questa emozione. Facciamo durare il nostro amore il tempo necessario per regalare questa emozione di esplorare anche a qualcuno che ancora non vediamo.""Ci amiamo già da mille anni, Silvana, ed adesso abbiamo scoperto cosa significhi aprire la porta della nostra libertà.""Avremmo dovuto fare un figlio mille anni fa.", mi dici."Avremmo dovuto fare un figlio mille anni fa.", ti dico.Hai il viso che emana luce, e sei felice. Io amo vederti così, e sono felice anche io. Ora non ho più voglia di essere Francesco, almeno con te: ora sono fuso con te, sono parte di te. E tu di me. Ora che siamo una cosa sola, ora è difficile fare un passo che non ci faccia allontanare. Più vicini di così non ci potremo mai trovare."Facciamo l'amore, facciamo un figlio, e per 9 mesi non pensiamo a nulla. Pensiamo solo a goderci i suoi passi dentro me. Fa' quel che vuoi, dormi nel tuo studio o sul divano, gioca con i bambini del secondo piano. Facciamo un figlio, e fra 9 mesi tienimi la mano mentre nascerà.", mi dici."E poi?""E poi godiamoci il suo amore, i suoi sorrisi, e guardiamoci io e te: mi racconterai le cose che non mi hai detto per 9 mesi, quando non eri sul mio ventre, ed io ti dirò le mie, e fra un anno ci rivediamo qui, nudi, a far l'amore schiacciati contro i vetri del balcone, a luci spente, guardando in basso la città che scorre come il ghiaccio nelle tue vene.""Perché ami me?", ti chiedo."Perché io e te siamo la stessa cosa, da mille anni e per mille anni sempre e ancora.", ed io ci penso un attimo. Decido."Facciamo un figlio. Adesso.", e tu cammini verso il letto. Io mi spoglio mentre ti guardo camminare. Una volta lì, mi aspetti, ed io dopo pochi istanti ti sono dentro, ed occhi negli occhi disegniamo insieme il volto del futuro.Poi viene il sonno, poi la notte scorre e viene il giorno. Tu sei in ogni cosa intorno, ma non sei nel mio letto: ti sei alzata presto. Ed io, proprio adesso che ho per una notte scisso il bene dal male, sino a poter distinguere nettamente il confine del bianco e del nero, proprio adesso che so che posso capire ogni cosa in ogni dove, voglio rituffarmi nella mia follia come mi rituffo sotto queste coperte calde. Fuori il Sole è freddo, tu sarai in auto nel traffico, con la miscela di noi due insieme che prende forma in te.No, non posso uscire dalla tua vita ora.Non posso uscire dalla tua vita, perché io e te siamo la stessa cosa.Staremo insieme, in silenzio, amandoci di un amore intenso, immacolato, come un vaso decorato sbattuto con violenza sul pavimento affinché torni molecola vergine in ogni suo frammento.Così io ti amo, mia Silvana.

I frammenti verginiWhere stories live. Discover now