Avete mai pensato a cosa significhi per voi, in concreto, la parola amicizia?
Io me lo sono chiesta tante volte.
Puntualmente, mi sono sempre risposta in modo diverso. In base alla circostanza, allo stato d'animo in cui ero, all'età che avevo.
Parecchi anni fa, consideravo amico qualsiasi persona con cui a scuola scambiavo una parola, un suggerimento per una verifica, un sorriso complice durante un'interrogazione alla lavagna, o facevo un gioco all'intervallo.
Poi, ho cominciato a fare una distinzione tra compagni di classe e amici.
Con i primi, il rapporto si limitava alla convivenza scolastica.
Con i secondi (pochi), invece, c'era una continuazione anche fuori. Ritrovandoci a giocare in cortile, facendo merenda insieme, facendoci regali di compleanno. Dopo qualche anno, inoltre, scambiandoci saltuari sms col telefonino. All'epoca, non avevamo mica Whatsapp.
Era tutto più semplice, facile e nessun problema sembrava insormontabile.
Nessuno mi ha mai fatto pesare le differenze evidenti che c'erano fra me e loro.
Anzi.
A volte ero io a comandare e "prendere in giro" gli altri!
Però, si sa. Crescendo tutto si complica.
Durante l'adolescenza più inoltrata, ragazzi e ragazze cominciano ad avere altri interessi, piuttosto che giocare a nascondino per le vie del paesello.
Uscire, fare shopping, andare in discoteca. Tutte cose che io non potevo (e forse neanche volevo) fare.
Ma, anche nonostante questo, non mi sono mai sentita diversa. O infelice.
Certo, cominciavo a percepire il senso di solitudine che, ahimè, era inevitabilmente in agguato.
Tuttavia, non potevo pretendere che le stesse persone con cui fino a qualche anno prima trascorrevo le sere d'estate sulle panchine dell'oratorio, abbandonassero le loro passioni, le esperienze, le nuove conoscenze, solo per restare con me.
Così, ad un certo punto, ci siamo persi di vista. Sapevo che, prima o poi, sarebbe successo. Infatti, non ne ho mai fatto loro una colpa.
Anche io, in qualche modo, col tempo, sono riuscita a coltivare ed inseguire la mia grande passione, che poi è diventata molto più di questo.
La musica.
Ma questa, è un'altra storia.
Quindi, riprendiamo. Non ne ho mai fatto un dramma.
Insomma, ammetto che ho sempre cercato di mascherare il solo pensiero che, a volte, mi attanagliava.
Non volevo assolutamente che qualcuno della mia famiglia potesse intravedere in me uno spiraglio di tristezza per questo genere di motivi.
Non avrei sopportato domande o compassione.
Devo dire che, adesso, le cose sono un po' cambiate.
Nessuno è più bravo di me ad instaurare amicizie... a distanza.
Eh già, la maggior parte della gente a cui voglio più bene, sta a chilometri da me (chi più, chi meno).
L'unica persona importante che ho vicino è la mia migliore amica, praticamente una seconda sorella. Pure lei, però, merita un capitolo a sé.
Come dicevo, riesco a parlare e confidarmi meglio attraverso messaggi con queste persone lontane, piuttosto che a parole con chi ho attorno.
Assurdo, vero?
Eppure è così.
Ho imparato che l'amicizia non sempre è sinonimo di vedersi per uscire.
Bensì, è il sapersi ascoltare, è fiducia.
Percepire la presenza di qualcuno, anche da lontano.
Desiderarla accanto a tal punto da immaginare, leggendo un suo messaggio, di sentire la sua voce nelle orecchie invece che la tua.
Sono arrivata, quindi, alla conclusione che amicizia significa consapevolezza.
Neppure il tempo passato divisi, le giornate intere senza sentirsi, le abitudini diverse, la paura di perdersi, gli ostacoli che la vita ci pone, le differenze fisiche, umane, caratteriali o di qualsiasi altro tipo, potranno mai e poi mai annullare la cosa più essenziale: l'affetto che si prova reciprocamente. Sapere che, qualunque cosa accada, tu ci sarai e lei ci sarà.