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-Parlami di William.

Sono nell'ufficio di Amelia Hunter.

Molto elegante e chic, come il suo abbigliamento.

È la nostra ultima seduta prima delle vacanze di Natale.
Sono passate alcune settimane da quando mi sono dovuta trasferire in camera di Axel Ridley e Victor Sherry.

Le settimane più estenuanti della mia vita.

La signorina Hunter, durante le sedute in cui siamo sedute nel suo ufficio a guardarci, continua a chiedermi di William, a volte anche di Jake o di mamma e papà.

Ma non ha ancora sentito la mia voce.
E non la sentirà.

Stropiccio la manica del maglione nero che indosso.

Sento il bruciore sulle ferite aperte ma é una sensazione piacevole.
Sono di questa mattina.

Ogni volta che il sangue sgorga mi ricordo che è meglio delle fiamme.

Ogni volta che sento il bruciore delle ferite fresche mi ricordo che è ciò che merito, anche se non abbastanza.

Guardo il tappeto posato sul pavimento sotto la sedia su cui sono seduta.

Sembra persiano ma è di pessima fattura.
So di cosa parlo.

Avevamo un tappeto simile in salotto, preso da papà in una delle nostre vacanze.

Adoravo giocarci con William alla damigella in difficoltà, soccorsa dal bel principe dagli occhi azzurri, mentre Jake faceva il malvagio re che voleva sposare la meravigliosa fanciulla.

- Serenity. - dice una voce, lontana - Parlami.

No.
Non saprà nulla di me.
Non saprà mai cosa c'è nella mia testa.

Prima di tutto questo casino, prima del loro arrivo, stavo cominciando a stare bene.

Erano settimane che non mi ferivo, mangiavo più del solito, non avevo molti incubi.

Ma la vista di quegli occhi...ha cambiato tutto.

Quel colore, così raro da trovare in una persona.

Era nato con degli occhi meravigliosi, senza sapere come.

Erano rarissimi.

Tutti in famiglia li avevamo grigi, anche se io con qualche sfumatura simile alla sua.

Ma lui, il maggiore, era speciale.
Per me lo era.

Sento un sospiro provenire dalla sedia davanti a me.

- Vorrei che tenessi un diario. - dice la psicologa - A partire da queste vacanze, vorrei che scrivessi ciò che provi su un quadernino che mi porterai ad ogni seduta. - mi guarda con occhi dolci, ma non mi incanta. - Qualsiasi pensiero o emozione. Lo farai?

Annuisco, per niente convinta.

Non servirà a niente.

Non riesco a parlare di ciò che sento, figuriamoci scriverlo.
Sarà un perdita di tempo.

E non lo avrei fatto comunque.

- Puoi andare Serenity. Ci vediamo dopo le vacanze. Spero passerai un buon Natale qui e che il nuovo anno ti porti un po' di serenità.

Mi alzo ed esco senza guardarla, finalmente libera e sola.

Serenità.

Non so più cosa sia.

Una volta, da piccola, chiesi a mamma perchè decise di chiamarmi Serenity.
Lei disse che, appena nata, davo serenità a chiunque si occupasse di me.

Poi le chiesi perché avesse chiamato William così.

Lei mi rispose: "Lo abbiamo chiamato come il principe inglese. Lui è il maggiore e deve proteggere l'angelo di casa, come un principe."

Già consideravo William come un cavaliere, sempre pronto a proteggermi da chiunque volesse ferirmi, ma solo il fatto che anche mamma e papà lo considerassero come il mio protettore mi spronava ad amarlo ancora di più.

Uscita dall'ufficio della Hunter ho continuato a camminare e, senza accorgermene, sono finita nel giardino sul retro, davanti all'ingresso della piscina coperta.

Acqua.

Ho sempre amato l'acqua.

Amavo schizzare Jake quando non si era ancora buttato in mare.
Amavo nuotare fra i pesci insieme a William e papà, con Jake a giocare in spiaggia con la mamma.

Apro la porta ed entro.

Un'immensa distesa di acqua cristallina si estende davanti a me.

Si vede il riflesso del tramonto sulla superficie, trasformando quella distesa azzurra in un bagno di fiamme.

Fiamme.

Adoravo anche le fiamme nel camino, prima di quella notte.

Così calde, così rassicuranti.
Adoravo stare sul tappeto persiano del salotto, la sera di Natale, a vedere un film vicino al camino e all'albero pieno di regali.

Poi sono diventate il pericolo, la morte.

Mi tolgo le scarpe da ginnastica, rimanendo con leggins e maglione e mi metto in piedi sul bordo della piscina.

Guardo la superficie.

Così simile.
Un colore così simile al suo.

Voglio andare da lui, voglio sentire di nuovo il suo calore, quando mi stringeva fra le braccia, dicendomi che andava tutto bene, dopo che dei bambini avevano preso di mira Jake e io l'avevo protetto facendomi picchiare.

Rivoglio la mia famiglia.

Rivoglio la mia gioia.
La mia serenità.

Voglio tornare quella bambina spensierata che picchiava i maschietti invece di giocare con le bambole.

Voglio tornare quella ragazzina che si arrampicava sugli alberi per allenarsi invece che andare dietro ai ragazzi.

Non voglio diventare la donna che sto diventando.

Voglio dover proteggere di nuovo qualcuno.

Sento freddo.
Un bruciore improvviso su braccia e gambe.

I capelli mi fluttuano attorno al viso, mentre apro gli occhi e vedo azzurro.

Come i suoi occhi.
Sorrido.

Sento che il mio corpo ha bisogno di respirare ma io non voglio farlo.

Mi sento così leggera, così libera.

Sento l'eco di una voce sopra di me, oltre il liquido gelido che mi circonda.

Alzo gli occhi verso la luce del tramonto e vedo una scia nera.

Il mio campo visivo diventa scuro.

Percepisco entrare in gola qualcosa di fluido e l'ultima cosa che vedo prima di addormentarmi, sono i suoi occhi azzurri.

William.

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Salve readers.
Questo nuovo capitolo è piuttosto pesante perciò non credo abbia bisogno di parole superflue.

Spero vi piaccia!

Kiss Kiss
Areshadow 🖤

Never Give UpDove le storie prendono vita. Scoprilo ora