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Clarisse non riusciva a scacciare dalla testa quel sorriso tirato che compariva in quasi tutte le foto. Continuava a chiedersi il motivo di quell'espressione seria, cosa poteva tormentare un uomo che aveva tutto?

"Tesoro, non hai fame?"

La ragazza sobbalzò, distolse lo sguardo dal manzo tagliuzzato più volte e si girò verso la madre.

"Scusatemi, ero sovrappensiero".

Appoggiò le mani sulle ginocchia e osservò con attenzione i suoi genitori. Il pranzo di domenica in famiglia non era cambiato, le cose erano rimaste identiche dal primo ricordo che aveva. Sua madre indossava , come sempre, il suo tailleur ornato di perle vistose, mentre suo padre era immerso nella lettura di un vecchio quotidiano.
Stavano tutti fingendo che le cose stessero andando bene. Nonostante tutto Clarisse adorava la sua famiglia: silenziosa e discreta al punto giusto. Eppure non capiva come due persone così distinte e personalità diverse, come lo erano i suoi genitori, avessero potuto vivere sotto lo stesso tetto per venticinque anni.

"Hai bisogno di soldi?"

La domanda arrivò inaspettata e spiazzò del tutto la ragazza. Il poco appetito che le era rimasto svanì del tutto.

"Andy, non è un argomento da trattare a tavola" mormorò con voce stridula la signora Mitchell.

"Al diavolo il tuo bon-ton e le tue arie da aristocratica, Mercy".

Clarisse si morse la guancia al suono fastidioso del giornale che sbatteva sul tavolo. Suo padre era stato sempre un uomo diretto, privo di ogni scrupolo e gentilezza. L'unico giorno in cui lo ha visto ridere era stato quando Meredith si era presentata in tuta all'apertura della sua mostra. Suo padre le aveva stretto la mano davanti a un centinaio di sguardi scettici, che scrutavano gli abiti inadatta per quell'occasione. Clarisse cercò di scacciare il suono di quella risata.

"No, papà" si intromise prima che i suoi genitori si mettessero a litigare. "Forse avrò finalmente il lavoro alla Fashion & Voyage Magazine di cui ti avevo parlato".

Alzò gli occhi, fiera di questa notizia. Suo padre la scrutò a lungo, fece un lieve cenno e riprese in mano il giornale.

"Era ora!"

Clarisse cercò di trattenere la delusione bevendo un sorso di vino rosso e cercando di pensare ad altro. Per quanto si impegnasse, sapeva che non sarebbe stata abbastanza per suo padre. Il loro rapporto si era incrinato quando lei aveva deciso di intraprendere fotografia, rifiutandosi di continuare la passione dei suoi genitori. La galleria d'arte era un posto che amava con tutto il suo cuore, ma non riusciva ad immaginarsi in quel luogo per tutta la sua vita.

"Siamo fieri di te, tesoro. Perché non mi hai avvisato per telefono? Avrei comprato la torta al cioccolato che ti piace tanto".

"Non è ancora niente di certo, mamma. Festeggeremo quando avrò il contratto in mano" rispose con pacatezza Clarisse.

"Non era quel posto in cui potevi entrare solo se fotografavi quel sciagurato figlio dei Price?" si intromise suo padre, senza scostare il giornale dalla sua visuale.

"Sì. Li conosci?"

"Io no, ma tua madre aveva un debole per quel Patrick".

Clarisse aggrottò la fronte, sorpresa per quell'ultima notizia. Conosceva la storia dei suoi genitori alla perfezione, aveva trovato sempre romantico il modo in cui si erano conosciuti e sposati. Sua madre, figlia di un avvocato e di una proprietaria terriera, aveva abbandonato tutto per sposare un giovane artista spagnolo. A quel tempo era stato uno scandalo, risolto con una dote cospicua e il ritiro dalla società di sua madre. L'unica cosa che il suo nonno aveva ottenuto in cambio era che i figli portassero il suo cognome. 
Sua madre, a quanto sosteneva, non si era mai pentita per la sua scelta: il mondo dell'élite le era troppo stretto.

"Davvero? Patrick non mi ha riconosciuta, però".

Entrambi i genitori le rivolsero uno sguardo sbigottito, prima di scambiarsi un'occhiata. La ragazza sospirò, capendo in che pasticcio si era cacciata.

"Sono stata a un gala di beneficienze dove ho avuto modo di scambiare alcune parole con il signor Price. E' un uomo...".

"Affascinante" concluse sua madre per lei.

Clarisse giocherellò nervosamente con il bordo del vestito, d'un tratto le posate d'argento erano diventate alquanto interessanti. Immaginò il volto di suo padre oscurarsi dalla rabbia e il suo labbro inferiore tremare, sua madre però, se l'era andata a cercare.

"Ma mai quanto te, Andy. Sei l'uomo che tutte le donne vorrebbero al suo fianco".

"E sono tuo, mia cara Mercy".

Clarisse cercò di nascondere il suo sorriso, potevano essere anche una stramba e mal accoppiata coppia, ma erano davvero adatti uno all'altro. 
La sua bellezza esteriore e interiore era dovuta ai loro geni. Mentre Clarisse ci rifletteva il suono del campanello spezzò l'atmosfera intima che si era creata.

"Vado io".

Non vedeva l'ora di alzarsi e uscire da quella stanza, era stato il pranzo più strano della sua vita e, a casa Mitchell, i pranzi della domenica avevano sempre qualcosa di particolare. 
Quando Clarisse aprì la porta non poteva certo immaginare di trovarsi di fronte a lui.

"Ciao, la tua coinquilina mi ha detto che potevo trovarti qua".



 

L'inferno degli innamoratiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora