Open eyes.

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Capisco di essere in ospedale e che sto riprendendo coscienza. Per un attimo, avvolta nelle tenebre, mi sono sentita quasi al sicuro. Percepii come pesante qualsiasi parte del mio corpo, come se avessi dei blocchi di cemento alle braccia e alle gambe. Respiravo e mi muovevo a fatica, provando dolore ad ogni respiro. I miei grandi occhi verdi si posarono sulla figura pallida di mia madre. Era dimagrita, tanto. Aveva un'aria a metà tra felicità e stupore nel vedermi con gli occhi aperti.
"Finalmente ti sei svegliata, tesoro" mormorò, accarezzandomi delicatamente la testa.
Aveva gli occhi lucidi, pieni di lacrime e mi si spezzò il cuore nel vederla in quel modo. Tutto per colpa mia.
Schiusi le labbra per provare a parlarle, a dirle che le volevo bene, ma sentivo la gola secca. Lei lo capì, perché mi disse:"aspetta amore, aspetta!" Mentre prendeva una bicchiere di plastica e ci versava dentro dell'acqua. Mi accorsi in quel momento di essere collegata a una decina di macchine che monitoravano i miei parametri vitali.
Mia madre mi aiutò a bere, sorreggendomi la testa con una mano e tenendo il bicchiere con l'altra.
"Ti senti un po' meglio?" Mi domandò.
Annuii per non farla preoccupare, la verità è che stavo a pezzi.
Poco dopo arrivarono i dottori:"finalmente ti sei svegliata, Jane!" Esclamò un'infermiera sulla cinquantina. "Ti sono stata accanto per tutto questo tempo e ho pregato tanto per te"
"Eh hai dormito un bel po'" mi sorrise il dottore. "Quasi tre mesi" fece l'infermiera.
Tre mesi.
Novanta giorni.
Chissà quante cose sono cambiate in così tanto tempo.
"Tre mesi..." dissi ad alta voce.
"Già, è davvero tanto tempo. Per questo resterai ancora qui in ospedale. Dobbiamo farti tutti i controlli possibili, signorina. Poi potrai finalmente tornare a casa" fece il dottore, con un tono di voce pacato.
Leggevo una certa serenità e sicurezza di sè nel suo sguardo e mi tranquillizzai anche io.
Il dottore uscì dalla stanza, scomparendo dietro la soglia della porta. Ad oltrepassarla, pochi minuti dopo fu mio fratello Ethan.
Aveva i lunghi capelli scuri raccolti in una coda, si era fatto crescere la barba, indossava lo smalto e aveva un bellissimo cappotto rosso che gli donava davvero tanto.
Ma la cosa che più mi impressionava erano i suoi occhi scuri, che si posarono su di me e mi guardarono con gioia, ma anche con un po' di apprensione.
Si avvicinò a me, sedendosi sulla sedia di plastica accanto al mio letto e mi prese per la mano, ancora collegata ai tubicini che servivano ad idratarmi.
"Ciao, Jane" mi salutò.
"Ciao" ricambiai il suo saluto sorridendogli e cercando di muovere le mani. A poco a poco, i miei muscoli stavano rispondendo ai vari stimoli.
"Mi hai fatto prendere uno spavento..."
"Mi dispiace" dissi. "Sono stata una stupida a mettermi alla guida, ma io non stavo bene e..."
"Hey hey, non preoccuparti, Jane. È successo, non si può fare più niente per tornare indietro" disse, spostandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio:"ora l'importante è che tu stia bene e che sia tornata tra noi, va bene?" Mi domandò.
Sorrisi a quelle parole e annuii.
Sapevo che lui mi era stato vicino per tutto quel tempo, insieme ai miei genitori e che si era preso cura di me per tre lunghi mesi, dunque sapeva bene chi dei miei amici era venuto lì in ospedale per farmi visita.
"Damiano. Lui dov'è?" Gli chiesi.

Give me Love-Damiano David//ManeskinDove le storie prendono vita. Scoprilo ora