Avevo solo cinque anni quel giorno.
Avevo cinque anni ed ero incapace.
Lo ricordo come fosse ieri. Nonna era seduta affianco a me e scrutava ogni singolo movimento evitando il mio sguardo. Volevo spiegazioni, ma sapevo bene che non sarei stato in grado di capire una situazione così delicata.
Le avevo domandato più volte cosa ci facessimo in ospedale e lei ogni singola volta aveva raggirato la conversazione "hai freddo Yoongi?" e come da programma io scuotevo la testa.
A cinque anni non ero affatto consapevole e tutto ciò che mi veniva detto lo prendevo poco seriamente, mi sentivo come isolato dal mondo perchè il mio mondo era il nido familiare.
Accogliente
Inviolabile
Sicuro
Vivevo ogni giorno con spensieratezza, nonostante ora mi renda conto dei lunghi viaggi tra ospedale e casa, il viso stanco di mia madre segnato dalle lunghe nottate passate in bianco e i miei capricci che ampliavano il suo malessere.
Quel giorno presi la decisione che segnò la mia infanzia, una decisione così semplice che avebbe distrutto la mia bolla di serenità.
Guardai mia nonna, anche lei segnata dalla stanchezza "Ho un po' di fame" le dissi.
Frugò nel borsellino ed estrasse delle monetine "poco più avanti dovrebbe esserci un distributore di merendine" bisbigliò.
Era tutto così calmo in quel reparto che il minimo rumore sarebbe parso quasi fastidioso, ma nonostante ciò mi misi a zampettare contento.
Con tutta tranquillità scrutai ogni singola "prelibatezza" presente in quella macchinetta e nel momento in cui spostai lo sguardo vidi una piccola stanza con due letti, la porta era spalancata e la curiosità mi spinse a guardare chi vi fosse al suo interno.
Un signore girato di schiena stava facendo leva sul suo corpo per alzarsi, era magro, quasi scheletrico da poter addirittura constare il numero delle sue vertebre (non lo feci) e non indossava il classico camice, ma una semplice t-shirt bianca come se volesse dire "mi manca la mia quotidianità".
Afferrò la sedia a rotelle pochi centimetri più avanti e si sedette faticosamente emettendo un lungo sospiro finale. Non ricordo cosa pensai, ma nel momento in cui si girò feci molta fatica a riconoscere il volto di mio padre.
Mio padre ha La malattia di Von Hippel-Lindau (VHL), una sindrome cancerosa ereditaria nella quale gli individui affetti sono a rischio di sviluppare tumori in diversi organi, nel suo caso attaccarono principalmente i reni, ma negli anni a seguire si ripresentò attaccando altri organi vitali.
Tutt'ora combatte per contrastare ciò che lui definisce ironicamente "contrattempo" e ciò che gli ha permesso di sopravvivere è stata la sua forza di volontà e il suo animo gentile.
Vorrei che sapesse quanto sono fiera di lui perché ha sconfitto ciò che molti stupidamente bramano e vorrei solo dirvi una cosa, risaputa, ma di grande effetto: cominci da apprezzare qualcosa o qualcuno solo nel momento in cui stai per perderla.