Fuoco.

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Il  loro  amore  era  un  piano  scordato  che,  nonostante  tutto,  emetteva un  suono. Eppure  i  tasti  venivano  accarezzati  quasi  sempre  con  molta  grazia, venivano  abusati  da  quei  tocchi  eccessivamente  leggeri  e  privi  di decisione;  delicati  per  non  urtare  il  piano  il  quale,  stanco,  decise  di non  parlare  più.
Da  lui  non  si  udiva  più  alcun  suono,  era  zitto;  tutti  furono  straniti,  in quella  famiglia,  dal  broncio  dello  strumento. Lui  non  era  mai  stato  suonato:  era  stato  baciato  e  accarezzato,  ma le  dita  che  avevano  sfiorato  la  sua  superficie  bianca  e  nera  erano così  sottili  e  delicate  che  gli  provocano  il  prurito  di  chi  non  si  sente accettato;  pensavano  forse  che  si  sarebbe  rotto,  lui,  quel  piano  così saggio?
Ingrati.
Smettetela  di  soffiare  su  di  me  i  vostri  dolori  dovuti  alla  paura  di perdermi  e  dovermi  ripagare,  pensava;  il  nulla,  diceva.
La  piccola  premeva  il  do  e  usciva  un  si,  il  padre  puliva  i  tasti  ed  essi si  ribellavano  staccandosi  decisi:  una  follia,  si  pensava.
Un'ellissi  dopo,  scandita  dallo  strumento  offeso,  il  silenzio  della casa  venne  interrotto  da  un  boato  oscuro  come  un  la  estremamente grave  e  sinistro:  una  bomba.
Il  padre,  prima  nel  suo  studio,  corse  a  rifugiarsi  sotto  il  muro portante  del  palazzo;  la  madre  passò  dal  divano  al  tavolo  con estrema  rapidità,  portando  la  piccola  con  sé.
Il  piano,  sorpreso  da  un  rumore  così  egoista  e  presuntuoso,  sentì improvvisamente  del  calore  umano:  il  ragazzino  alto,  quello  da  cui non  ha  mai  ricevuto  neanche  uno  sguardo,  si  sedette  sullo  sgabello ricoperto  di  velluto  nero  e  cominciò  a  pestare  i  tasti  con  le  dita lunghe  e  tozze  ma  decise;  suonava  una  melodia  speranzosa  e decisa  sia  nelle  mani  dalle  nocche  nodose  e  rosse  -  all'inizio tremanti  –  che  dal  suono,  allegro  e  forte. Il  ragazzino  dai  capelli  rosso  fuoco,  simili  ad  esso  anche  per  la capigliatura,  si  guardava  attorno  con  gli  occhi  grandi  e  incerti  di  chi sta  correndo  verso  una  strada  tortuosa  ma  soddisfacente;  il  fuoco era  dentro  di  lui.
Gli  occhi  azzurri  vedevano,  ma  le  sue  orecchie  erano  saziate  solo dal  pianoforte  che,  capendo  le  sue  intenzioni,  aumentò  di  grazia  e volume  il  suono,  sempre  più  maestoso  e  profondo;  lo  strumento cantava,  ora:  sia  lui  che  il  ragazzino  coesistevano  e  collaboravano con  il  fine  della  felicità  reciproca,  generata  dalla  tristezza  di entrambi.
Il  giovane  cercava  di  non  sentire  i  postumi  dell'esplosione, suonando.
Loro  stavano  scrivendo  la  storia  in  caratteri  cubitali  e  precisamente vaghi  come  quelli  di  una  melodia  buttata  così,  su  due  piedi: genuinamente  onesta.
Improvvisamente  il  tetto  crollò  in  un  mi  acuto,  il  tavolo  si  ruppe  e dopo  non  ci  sarebbe  stato  altro  che  silenzio,  se  non  fosse  stato  per il  piano  e  il  ragazzino:  quest'ultimo  continuò  a  suonare  e  lo strumento  a  cantare  -  entrambi  sempre  più  forti  e  consapevoli  di loro  stessi;  improvvisamente  una  scala  di  do  cadde  in  forma  di mattoni  addosso  al  giovane  che,  privo  di  vita,  si  abbandonò  alla verità. Un  fracasso  di  tasti  premuti  senza  logica  comparve  e  persistette, una  volta  che  la  testa  rosa  e  la  capigliatura  rossa  usarono come  cuscino la  tastiera  che,  addolorata,  continuò  in  questo  triste  essere, scandito  dal  caso  e  dalle  lacrime  di  note  –  non  si  sa  se  di commozione  o  tristezza  –  del  piano,  che  aveva  finalmente  trovato qualcuno.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Dec 16, 2017 ⏰

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