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Quando mi sveglio sento la testa pesante.
Apro lentamente gli occhi.

Dalla finestra sopra il letto entra una calda luce: deve essere mattina.

La mattina di Natale.

Giro la testa per guardarmi intorno.

Axel è seduto su una sedia accanto al letto, con gli occhi chiusi, la mano sulla mia.

Victor, invece, è seduto per terra, la testa appoggiata sul materasso e la mano sotto la mia.

Si sono addormentati vicino a me, mi hanno tenuto d'occhio tutta la notte.
Devono essere sfiniti.

Provo a mettermi seduta cercando di non svegliarli ma il loro trucchetto funziona.

Appena muovo la mano stretta fra le loro, si accorgono del movimento e si svegliano di soprassalto.

Guardano subito verso di me, con lo spavento in volto.

Si rilassano appena mi vedono sveglia e seduta.

- Dio Serenity. Ci hai spaventati a morte. - dice Victor, sospirando di sollievo.

Da quando lo conosco non capisco come sia il suo carattere.

A volte è dolce e premuroso, altre volte arrabbiato e scontroso.

Ma, se lo si conosce meglio, si capisce che è un ottimo amico, di quelli che ti aiuteranno sempre.

Sarebbe capace ad aiutarti a far sparire un cadavere se solo glielo chiedessi.

- Mi dispiace. - dico.

E stavolta sono sincera.

Li ho visti solo una volta così preoccupati: quando mi ero addormentata in palestra e Veronica ha svegliato mezza scuola per cercarmi, pensando che mi volessi ferire, o perfino suicidare, cosa che in effetti ho tentato poco tempo dopo.

- Sai che cosa ti é successo? - chiede Axel, il sollievo nella voce.

- So che, appena entrata in bagno, mi sono sentita male. Avevo freddo e la nausea. So che ho vomitato la cena di ieri e ricordo che qualcuno mi sollevava per portarmi a letto. Ricordo la luna dietro le nuvole, o forse era un sogno, non so. Poi vuoto totale.

I ragazzi si guardano.

Credo che neanche loro sappiano cosa pensare.
Nei loro occhi, però, leggo dell'indecisione.

- Che c'è? Che succede? - domando, guardando prima uno e poi l'altro.

Mi guardano imbarazzati.
Dopo un momento di silenzio, Axel prende coraggio e dice:

- Quando stavi male hai detto delle cose...

Cazzo.
Cosa diavolo avrò detto?

- Cosa? - domando.

- Hai detto "Ti voglio bene anch'io altezza"; - spiega Axel - Non sapevamo che cosa volessi dire. Poi mi sono ricordato che mi hai chiamato così, una volta. Ma non sapevo se dicessi realmente a me perché sembravi rivolgerti a qualcun'altro. E dal tono di voce era più affettuosa del solito così...

- Così vi chiedevate di chi stessi parlando. - lo interrompo.

Sospiro.
Non riesco a raccontare tutto, non ancora, ma è giusto che sappiano almeno l'essenziale.

Sono stata molto male di recente e ogni volta che aprivo gli occhi loro erano sempre lì, accanto a me.

Glielo devo.
Lo devo ad entrambi.

Faccio un profondo respiro e comincio a raccontare.

- Chiamavo William con quel nomignolo: altezza. William era mio fratello gemello. Mia madre diceva che lo avevano chiamato così, come il principe inglese, perché doveva proteggermi, essendo il maggiore. Così, mentre lui mi chiamava Angel, io lo chiamavo altezza. Quella frase che mi avete sentito dire... - mi stropiccio le mani, sospirando - è...è l'ultima frase che gli ho detto prima di vederlo bruciare nella macchina.

Never Give UpDove le storie prendono vita. Scoprilo ora