Capitolo uno

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Italia, maggio 2016

"La legge Cirinnà, la quale regolamenta le unioni civili tra coppie dello stesso sesso, è entrata in vigore og-..."
"Puoi passarmi il sale, per favore?" disse il signore seduto a tavola, mentre premeva un tasto del telecomando per cambiare canale.
"Super offerte al supermercato Conad, aperto a orario continuato, in via..."
"Cá, rimetti il telegiornale, non è ancora finito."
"Tra due minuti cara, non voglio sentire certe notizie mentre sto mangiando."
Dario usò tutto l'autocontrollo possibile per non aprire bocca e ribattere contro le parole di suo padre. Voleva continuare a sentire il servizio sulle unioni civili (sebbene avesse già letto molti articoli quel giorno), invece continuò a mangiare in silenzio, cercando di fare più velocemente possibile, ascoltando le pubblicità dell'altro canale.
Finita la cena, aiutò un po' sua madre a ripulire, poi salì in camera sua e, dopo aver chiuso la porta, accese il suo computer. Andò sul sito web del quotidiano La Repubblica e iniziò a leggere altri articoli sulle unioni civili. Non riuscì a reprimere un sorriso, era così felice: anche lui ora aveva dei diritti, seppur ancora inferiori rispetto alle altre persone e ritenuti di serie B. Ma era contentissimo, e sarebbe uscito fuori di casa ad esprimere tutta la gioia che stava provando, se solo avesse potuto. Avrebbe festeggiato con il suo ragazzo e con i suoi amici LGBT+, se li avesse avuti. Poi sarebbe andato dai suoi amici etero, che sarebbero stati altrettanto contenti perché un loro amico aveva appena ottenuto dei diritti, se solo i suoi amici etero avessero saputo che lui era gay.
Dario era molto, molto fiero, del suo orientamento sessuale, ma era anche estremamente spaventato dalle persone intorno a lui, in primis dai suoi genitori, talmente omofobi da non sopportare un semplice servizio del telegiornale.
Non aveva mai fatto coming out con qualcuno, lui era, per tutti quelli che lo conoscevano, un ragazzo davvero riservato, che non rivelava il nome della ragazza a cui era interessato o con cui era fidanzato. In realtà, Dario non ne parlava perché non c'era nessuna ragazza. Le reazioni che i suoi cari potrebbero avere ad un suo coming out lo spaventavano talmente tanto che non lo aveva mai fatto con nessuno, se non a se stesso. Contrariamente a quanto si possa pensare dopo queste descrizioni, lui non aveva avuto nessun problema a capire e accettare la sua sessualità. Dario aveva capito di essere gay alla fine della seconda media, e con tutta la tranquillità del mondo lo aveva accettato.
"Ah, allora sono davvero gay."
Aveva pensato una cosa simile, dopo essersi informato un po' su internet. Ovviamente aveva passato del tempo a domandarsi se fosse vero o no, ma quando capì che le sue supposizioni erano giuste, lo accettò e si mise l'anima in pace. L'unico suo problema era ammetterlo agli altri. Forse ciò può sembrare una contraddizione, un ragazzo davvero orgoglioso del suo essere, che non aveva mai rivelato a nessuno ciò, per paura dei giudizi. Ma lui si sentiva come in trappola dalle persone che lo circondavano, e le parole gli morivano in gola ogni volta che provava ad aprire l'argomento; credeva di essere solo, sotto questo punto di vista, nonostante sapesse che molti ragazzi erano come lui in Italia, ma nella piccola realtà della sua città non aveva mai parlato (o conosciuto) qualcuno con cui poter parlare di ciò, qualcuno a cui dire tutto ciò che sentiva e che pensava. Dario, sedicenne nel 2016, dopo quasi quattro anni dal suo primo e unico coming out (a se stesso), non aveva delle persone con cui festeggiare la legalizzazione delle unioni civili, perciò stava seduto davanti al computer mentre guardava le foto del Colosseo illuminato dall'arcobaleno. E sorrideva. Ed era felice. Ma non poteva dirlo a nessuno.

Settembre 2016

Dario si trovava fuori il cancello della sua scuola, con lo zaino su una sola spalla, mentre parlava con parte del suo gruppo di amici di quanto sonno avesse e di quanto fosse stanco di tornare ogni anno in quell'edificio. Non che non gli piacesse studiare cose nuove (aveva voti discreti in, più o meno, tutte le materie), ma il suo umore peggiorava durante quei nove mesi di scuola, così come peggiorava il clima in casa (e le due cose erano strettamente collegate).
Entrò il classe subito dopo il suono della campanella, perché voleva essere sicuro di avere un posto decente. Dopo una camminata veloce, schiacciato tra i corpi degli altri studenti, arrivò nella sua classe e si sedette al terzo banco accanto la finestra. La classe era già piena per 3/4, infatti si sorprese di aver trovato quel posto libero. Dopo un paio di minuti entrò la professoressa, seguita da alcuni studenti ritardatari, tra cui una ragazza che Dario aveva visto a scuola negli anni passati, ma che non aveva mai fatto parte della sua classe. La ragazza fece due passi più veloci del normale ed arrivò a sedersi accanto a Dario, gli altri due che erano entrati insieme a lei furono costretti a sedersi al primo banco.
Mentre la professoressa iniziava l'appello, Dario si prese qualche secondo per osservare la ragazza nuova seduta accanto a lui: aveva i capelli biondi raccolti in una coda, portava una T-shirt nera e teneva gli occhi fissi sulla professoressa, che la chiamò poco dopo.
"Bianchi Virginia"
"Presente" mormorò, con non molta voglia.
Passarono due ore, e Dario non era ancora riuscito a conversare con la sua vicina di banco, dato che i professori iniziarono a spiegare il programma dell'anno appena iniziato e anche a dare una base per i nuovi argomenti. Durante la ricreazione, la ragazza si alzò subito e andò in corridoio per parlare con, probabilmente, le sue ex compagne di classe, mentre lui andò sulle scale di emergenza per incontrarsi con i suoi amici. Non riuscì a parlarle neanche l'ora successiva, perché come sempre il professore spiegò. Poi suonò l'ultima campanella, e Virginia posò lo zaino sul banco un attimo prima di metterselo in spalla. Dario diede un veloce sguardo allo zaino grigio della compagna, notando qualcosa messo al centro dello zaino: una spilletta rettangolare colorata come fosse un arcobaleno. Rosso-arancione-giallo-verde-blu-viola. Sì, i colori avevano sicuramente il significato che Dario pensava, quello di una bandiera gay. Poi si girò dietro, per prendere il suo zaino e metterselo in spalla, quando si voltò di nuovo vide Virginia avvicinarsi alla porta, dove poco dopo arrivò anche lui. Mentre erano in corridoio, Virginia, che era qualche passo più avanti di lui, si voltò indietro e rivolse a Dario un sorriso accennato per salutarlo, poi cambiò direzione e iniziò a scendere le scale.
Dario uscì da scuola un paio di minuti dopo e incontrò di nuovo i suoi amici fuori il cancello dell'edificio. Li salutò velocemente, e iniziarono a parlare del primo giorno di scuola.
"Avete anche voi la nuova prof di scienze? Porca troia, è proprio una stronza!" il linguaggio di Luca non era il più raffinato del mondo, fece un tiro dalla sua sigaretta e riprese a parlare "davvero, davvero una stronza. L'ho avuta per due ore oggi e non credo di aver mai avuto una prima impressione così brutta di un professore." Lo diceva ogni inizio anno, con ogni professore nuovo.
Dopo qualche minuto videro un ragazzo avvicinarsi verso di loro e salutarli con uno squillante "Ciao raga": era Marco, un altro ragazzo del loro gruppo, appena arrivato dall'edificio del liceo classico che frequentava, sull'altro lato della strada.
"Cristo, Marco! Ma come fai ad essere così attivo? Sei andato anche tu a scuola oggi, no?" chiese Luca, mentre buttava la sigaretta a terra per poi spegnerla con il piede. Neanche due minuti dopo subito se ne accese un'altra, porgendo il pacchetto verso gli altri ragazzi. Dario scosse la testa, "ho le mie, ma non posso ora", non gli piaceva fumare in pubblico, anche se sapeva che nessuno dei suoi familiari sarebbe passato davanti scuola a quell'ora.
Iniziarono a camminare verso la fermata del bus, che sarebbe passato tra una decina di minuti. La strada era praticamente vuota, dato che la maggior parte degli studenti era già arrivata alla fermata o andata a casa.
"Avete nuove persone in classe?" chiese Fabrizio.
"Mh mh" annuì Dario "una ragazza, è anche la mia vicina di banco, si chiama Virginia... Bianchi" esitò un attimo perché non era sicuro di ricordare il suo cognome, ma la risata di Marco dimostrò che aveva ragione.
"Virginia Bianchi? Oh madonna, credo che sia tipo... una lesbica o qualche cosa del genere. Attento a non farla contagiare tutte le fighe della tua classe" tutti risero, tranne Dario, che finse di farlo. Non si può essere contagiati, coglione. Pensò, ma non disse nulla. Ognuno prese il proprio autobus e tornarono a casa.
Arrivato a casa mangiò il panino che aveva scordato in cucina quella mattina (dimenticava sempre la merenda che ogni tanto sua madre gli faceva per la scuola) e salì su in camera, dato che a casa non c'era nessuno. Si buttò malamente sul letto e iniziò a cercare la sua nuova compagna di banco su Facebook e Instagram. Scoprì che non aveva Facebook, ma trovò il suo Ig e iniziò a spulciarlo un po'. C'erano vari selfie o foto con gli amici, ma lo colpì un suo post risalente a maggio: riguardava le unioni civili, anche se non c'era niente di esplicito riguardo il suo orientamento sessuale. Sorrise istintivamente, un po' sperava che il commento (inutile) di Marco fosse vero, così decise che il giorno dopo avrebbe provato a parlare con lei.

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Ciao! Wow, sto usando Wattpad dopo circa due anni (quasi tre), non pensavo di tornare su quest'app ahaha.
Questa è una mia nuova storia, anche se ci ho messo dentro un po' della mia vita. Parlo di un ragazzo, Dario, che si sente incompreso e solo pur avendo persone che lo circondano e che gli vogliono bene. Spero di aver creato un minimo di curiosità, specialmente per il tema, che interessa molti ragazzi/e.
E niente, grazie per essere arrivati a leggere fino a qui <3

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⏰ Ultimo aggiornamento: Dec 27, 2017 ⏰

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