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<<Crystal! Svegliati, devi andare a scuola>> la donna mi scuote delicatamente il braccio, facendomi sobbalzare sul letto dallo spavento. Mi porto le dita sulle tempie, nel tentativo di alleviare il solito dolore mattutino che le colpisce, irradiandosi verso la fronte. 
<<Già sveglia?>> mi domanda sorpresa, viste le innumerevoli litigate che ogni giorno dimorano fra queste quattro mura, a causa della mia pigrizia. 
<<Ho fatto un incubo stanotte e non sono più riuscita a prendere sonno>> le spiego, dirigendomi a piedi nudi verso l'armadio per scegliere i vestiti da indossare.
<<Capisco, cerca di non fare troppo tardi>>

Una volta uscita dalla stanza, raggiungo il bagno con gli abiti a braccetto, pronta ad immergermi nella vasca e bearmi del piacevole calore dell'acqua. Quando il mio corpo entra in contatto con l'elemento in questione, i miei occhi si chiudono automaticamente, inebriati dalla sensazione di quiete, che in altro modo non riesco a raggiungere. 
Il primo pensiero che però giunge alla mia mente, sono due iridi rosse fin troppo familiari, le quali scatenano in me emozioni contrastanti. Quelle che paiono predominare sonol'angoscia, il mistero e l'incertezza, che una creatura sconosciuta e forse perfino inesistente, provoca in me. 
Mi domando quindi perchè il mio interesse debba raggiungerlo, come se io non sapessi di dover stare alla larga da chi potrebbe farmi del male, avvicinarsi a me unicamente per i suoi sporchi comodi, per poi pugnalarmi alle spalle e gettarmi via senza alcun risentimento. Quante volte ho percepito certe intenzioni, quanta falsità ho scrutato negli occhi di chi apparentemente poteva sembrare un angelo e quanta amarezza ho provato nel conoscere il menefreghismo.  

Con il tempo ho imparato che l'unica mano pronta a tirarmi su era e sarà sempre la mia: quando ho cominciato a brancolare nel buio, senza scorgere alcuno spiraglio di luce, senza avere possibilità di fuga, immersa nella coltre di dolore che guida il mio cammino, facendomi procedere a tentoni. 

Sospiro intristita, rimproverandomi per i pensieri appena formulati, evitando di spingermi troppo oltre in ricordi che non sono ancora pronta ad affrontare. Bruciano silenti sulla mia pelle, scorrono e lentamente si irradiano lungo il mio corpo come una lenta tortura. 
Decido di uscire dalla vasca e avvolgermi con un telo color panna, per poi tamponare delicatamente la mia pelle in modo da eliminare ogni goccia presente. 
Indosso rapidamente gli indumenti scelti precedentemente e sciolgo la mia chioma color nero-argento dalla pinza, che fino a poco prima le impediva di calare libera lungo la mia schiena. 

<<Buongiorno>> mormoro, dopo aver raggiunto il piano inferiore. 
<<Buongiorno Crys! Bella l'impronta che hai sulla faccia, hai fatto a botte con il cuscino?>> mi domanda l'uomo, divertito.
<<Ovvio>> sollevo gli occhi al cielo, ormai abituata alla sua costante ironia. 
<<E chi ha vinto?>>
<<Ma io ovviamente, che domande sono?>> sto al gioco, posando le mani sul tavolo in attesa di una sua risposta. 
<<Beh, da quello che vedo io il segno te l'ha lasciato il cuscino>> ridacchia divertito. 
<<Era solo una tattica per fargli credere di avere la vittoria in pugno, poi l'ho sconfitto>> ribatto, dipingendo un'espressione modesta sul mio volto, per poi scoppiare a ridere insieme a lui.
La risata però man mano giunge al suo termine quando, osservando il suo volto sorridente, a quell'immagine si sovrappone quella di mio padre, mandando in fumo ogni traccia di ilarità. 
<<Povera me, sono entrambi pazzi>> la donna che ha deciso di prendersi cura di me in questi ultimi anni ci osserva scuotendo la testa con dissenso, lasciando però trapelare il suo divertimento dalle iridi scure. 

Sento l'amarezza borbottare nella mia mente alla ricerca di attenzioni quindi afferro rapidamente una mela dal cesto sul tavolo e, con lo zaino in spalla, esco di casa, colpita immediatamente dalla brezza primaverile. 
Immediatamente mi sfugge un sorriso nell'osservare le meraviglie che questa stagione riesce a generare: fiori di ogni genere e colore dipingono i prati circostanti, il verde vivido degli alberi viene illuminato dai raggi del sole, che chiari e luminosi colpiscono il mio volto, costringendomi a deviare lo sguardo. Cammino sempre con il sorriso fra le labbra, beandomi di quella sensazione, finché i malandati cancelli di quella prigione non compaiono difronte a me. 

Arriccio il naso infastidita, mentre il solito pensiero sfugge senza possibilità di ritorno: cosa darei per tornare nel mio mondo, questi esseri umani sono delle creature ripugnanti, con loro non posso essere me stessa.
Beh, non che tu possa esserlo in generale mia cara, devo ricordarti cos'hai combinato?
Sollevo gli occhi al cielo e sbuffo. Cosa c'è di male nel sperare che tutto si sistemi? Sono una sognatrice, che posso farci?
Sono costretta a vivere una vita non mia, e questo fa terribilmente male.

Elements: I PresceltiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora