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Mi reco difronte al mio armadietto, voltandomi di tanto in tanto nel sentirmi continuamente osservata.
Deglutisco, osservando di sottecchi i corridoi della scuola, consapevole dell'affidabilità riconosciuta al mio istinto. 
Decido di pensare ad altro, riponendo i libri sui piccoli ripiani metallici e controllando l'orario su un foglio plastificato situato sull'anta.
Sollevo gli occhi al cielo nel leggere il cognome del mio insegnante di educazione fisica: quell'uomo mi detesta, sentimento reciproco per quanto riguarda la sua materia alquanto inutile è svolta in modo superficiale.
Se sapesse cosa sono in grado di fare penso che cambierebbe mestiere, altro che giri di campo e interminabili partite di pallavolo.
Però, per come stanno le cose al momento, purtroppo dovrò continuare a fingere di essere una normale ragazza umana, che non riesce a correre per dieci minuti di fila senza che i suoi polmoni brucino chiedendo pietà.

Mi reco in palestra sbuffando ogni due per tre, dopo essermi rapidamente cambiata la maglia nello spogliatoio.
<<Crystal, in ritardo come al solito>> mi schernisce immediatamente l'insegnante, non appena varco la soglia.
<<Qualche problema Lucas?>> domando ironicamente, con gli occhi ancora assonnati già sollevati al cielo.
<<Non puoi chiamarmi per nome, non sono un tuo amichetto>>
<<Se è per questo neanche lei può, quindi gradirei essere chiamata con il mio cognome>> ribatto stizzita, raggiungendo i miei compagni lungo la linea bianca che delimita l'area.
<<Ragazzi, spostiamoci in giardino per una partita e lei signorina "Overseas", per non aver tenuto la bocca chiusa, resterà qui a fare venti giri di campo>> grida, calcando il tono di voce sul mio cognome.
Senza attendere oltre comincio a correre, accorgendomi solo dopo di averne bisogno per sfogare la rabbia repressa, che da tempo mi impedisco di sfogare. È così complicato trattenere un'emozione così forte dentro di me, senza che la magia venga fuori creando disordini, ma sono costretta a farlo, per me, per la mia famiglia e per il mio popolo.

In quel preciso momento un'ombra pare sfrecciare accanto a me, quindi arresto i miei passi, voltandomi rapidamente con il cuore a mille e il fiato corto, non per la corsa, ma per la continua sensazione di ansia che mi tormenta.
Alle mie spalle non vedo nulla, ma questo non basta a calmarmi, anzi provoca in me sempre più angoscia.
Riprendo la corsa diminuendo notevolmente la velocità a causa dei continui pensieri, che mi tormentano fino alla fine dell'ora. Quando la campanella suona, mi affretto ad uscire dalla palestra e cambiarmi, immettendomi fra i corridoi sempre più stranita, sempre più agitata.

Trascorro il resto della giornata in preda all'agitazione, sudando freddo al minimo suono e lanciando occhiatacce a chiunque si ostini a guardarmi. 
Quando la campanella dell'ultima ora suona simboleggiando libertà, mi affretto a raggiungere l'uscita, stremata dalla giornata appena trascorsa e nauseata dal continuo stato di allerta, che non mi ha permesso di rasserenarmi neanche un istante. Ad ogni passo mi convinco sempre più di aver bisogno di un bel bagno caldo, abiti più comodi e il mio soffice letto, sul quale oggi purtroppo non riuscirò a prendere sonno. 

<<Sono a casa!>> grido, appurando di essere sola, quando neanche una voce subentra in quel fastidioso silenzio. Raggiungo la mia camera lanciando lo zaino sul materasso e prendo dall'armadio dei semplici pantaloncini, una canottiera bianca e l'intimo pulito: perfetti per poltrire tutto il giorno sul mio letto, con una pila di libri in cui immergermi. 
Soddisfatta dai miei pensieri, entro in bagno,  tentando di levarmi la felpa e imprecando contro me stessa per la continua agitazione, che non mi consente di svolgere neanche un'azione così semplice. 
<<Credevo che sarei impazzita gradatamente, ma a quanto pare la fortuna non gira mai dalla mia parte>> borbotto accaldata, realizzando poi, di essermi incastrata nella felpa.
<<Ecco, ci mancava solo questa cazzo!>> esclamo, tirandola con tutte le mie forze con il fiato corto. 
<<Serve una mano?>>
Mi immobilizzo immediatamente e, smettendo di agitarmi come un'anguilla, osservo pietrificata, oltre gli spiragli fra le lunghe ciocche dei miei capelli, due gambe proprio difronte a me.  Il ragazzo si avvicina ed io indietreggio istintivamente, andando a sbattere contro la porta del bagno ed emettendo un sibilo di dolore, quando la maniglia preme contro la mia schiena provocandomi dolore. 
Dopo qualche attimo di agitazione, riesco perlomeno a riabbassare la felpa, ritrovandomi a guardare lo sconosciuto, con la massa di capelli sparsi sul viso, completamente rosso a causa della precedente battaglia con i miei abiti. Mi risveglio dallo stato di trance dopo poco, realizzando con rabbia e timore, la reale presenza di un completo sconosciuto nel mio bagno. 
Tento di capire cosa stia succedendo, ma un attimo dopo, sto correndo come una pazza verso la cucina, brandendo una padella in mano, come se fosse un'arma letale. 
<<Non osare avvicinarti o giuro che te la sbatto in testa>> alzo la voce, puntandogliela contro con aria minacciosa. 
<<Calma ragazzina, sono venuto in pace>>
<<In pace un cazzo! Ero in bagno, maniaco>> mi avvicino, colpendolo sulla spalla con la padella.
<<Sei fuori di testa per caso?>>
Ora urla anche lui e in un nano secondo prende la padella dalle mie mani, lanciandola sul divano.
<<Stai tranquilla, non ti voglio fare niente, devo solo parlarti>> abbassa il tono di voce, provando ad avvicinarsi per calmarmi. Non gli do il tempo di aggiungere altro, che sto sopra di lui, facendolo cadere sul divano e tirandogli uno schiaffo in pieno volto. 
<<Non ti permetterò di uccidermi>> mormoro, sferrandogli stavolta un pugno sullo zigomo e venendo bloccata per il polso, quando mi preparo a dargliene un altro. 
<<Ringrazia di essere femmina>> mormora rabbioso, per poi ribaltare la situazione e bloccarmi i polsi sopra la testa. Gli tiro subito una ginocchiata nello stomaco e mi libero dalla sua presa, afferrando nuovamente la padella, caduta sul pavimento dopo l'impatto. 

<<Calmati!>> sbuffa il ragazzo dai capelli bianchi, tastandosi lo zigomo con aria assorta. 
<<Come faccio a calmarmi, se uno sconosciuto è appena entrato in casa mia? Scommetto che sei tu che mi perseguiti da tutto il giorno>> parlo rapidamente in preda all'ansia, mentre mi guarda sempre con il sopracciglio inarcato. 
<<Ora mi lasci parlare? Non ho alcuna intenzione di farti del male, né di essere colpito con quella>> mi guarda di sbieco, osservando l'arnese fra le mie mani.
<<Ti do dieci secondi per dirmi chi sei e cosa vuoi da me e non credere che io sia stupida, so bene cosa sei venuto a fare>> ribatto stizzita, arretrando di qualche passo al pensiero che mi abbiano già scoperta.
<<Non ho idea di cosa tu stia parlando, ma non ha importanza>>
La sua confusione è sincera, quindi lo osservo stranita, non comprendendo cos'altro possa averlo portato fin qui. 
<<Lascia che mi presenti: non me ne hai ancora dato occasione, eri troppo impegnata a minacciarmi>> mi rivolge un'occhiataccia, facendomi sollevare gli occhi al cielo.
<<E va bene, va bene, non vorrei che mi saltassi addosso di nuovo, almeno non in queste circostanze>> si riprende con un sorrisetto malizioso, ricevendo in risposta un pugno sul braccio.
<<Dimmi chi cazzo sei o giuro che ti ammazzo seriamente, ci metterei un istante, non avresti neanche il tempo di rendertene conto>> lo minaccio con espressione seria, stringendo i pugni lungo i fianchi pronta ad ogni evenienza.
<<Okay, okay, calma dolcezza. Mi chiamo Ryan, sono il custode degli Elementi e discendo da Aria e Fuoco, piacere di conoscerti>> sussurra con voce seria.
Lo guardo con stupore e incertezza, cercando di assimilare le sue parole, ma a dire il vero l'unica cosa a cui riesco a pensare, è a come recuperare la mia padella.

Spazio Autrice:
Spero che il libro vi stia piacendo, io mi sono divertita a scrivere questo capitolo (Sadica!).
Come state? Mi farebbe davvero piacere saperlo.
Se avete bisogno di sfogarvi o di un'amica io sono qui.
-Asia.

Elements: I PresceltiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora