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Sono appena le 16:30 del pomeriggio, eppure, nonostante l'imminente venuta del Crepuscolo, nella piccola città di Cosenza, ha inizio in questo momento la rinascita, popolazione delle strade, che costituiscono la complicatamente composta rete stradale del luogo.
Donne ed uomini, anziani e giovani si precipitano, chi frettolosamente, chi controvoglia per la via.
Una donna, dall'altro lato del vetro che mi tiene riparata dal freddo invernale, rapisce il mio sguardo a sua insaputa.
È seduta su di una panchina in ferro battuto e chissà di quale legno, del quale le poche assi rimaste spezzate frammentate e non costituiscono la seduta.
La donna vestita da un nobile ed allo stesso tempo semplice abito azzurrino sorride e controlla smaniosamente lo schermo del suo telefono cellulare, probabilmente alla ricerca di una sorta di avvertimento da parte di qualcuno che sta aspettando da un po'.
Dopo 30 minuti di attenta osservazione, vedo lo sguardo: Prima preoccupato, turbato e rattristato della donna mutare alla vista di un giovane che con fare sconsolato le si avvicina.
Dalle sue labbra carnose e rosee si intravede un sorriso accompagnato da un'espressione felice e di totale sollievo che velocemente cangia in una nuova differente manifestazione di emozioni: L'ovale della fanciulla poco precedentemente candido e puro sì è in questo momento trasformato in un cerchio rosso di rabbia, dai bordi smussati dalle mascelle contratte, occhi lucidi di lacrime salate e labbra strette fra loro come ad imprigionare crudeli parole che violentemente fuoriescono dalla piccola fessura che man mano si allarga tra i bordi della bocca della donna.
La giovane urla arrabbiata, rivolgendosi verso l'uomo che ha aspettato per tutto questo tempo:" tu mi rendi felice e triste allo stesso tempo, non posso più tenermi saldamente aggrappata a quei soli momenti di allegria che mi provochi, per non precipitare in quelli che ogni giorno mi sconsolano!"
- che coraggio deve avere in quel corpicino minuto quella donna- è il primo pensiero che mi balena in mente.
La donna nel frattempo si asciuga le lacrime che oramai le rigano le guance da almeno qualche minuto, " gira i tacchi"e si lascia alle spalle l'uomo dalle gote anche lui squarciate da lacrime saporite di tristezza e fallimento.
La donna è attualmente molto distante dall'uomo: Lo spettacolo è finito.
Mi dirigo verso il mio letto e mi tuffo nelle sue morbide profumate vesti: Rosse, arancioni, gialle e bianche; chiudo gli occhi e sospiro profondamente.
Nella mia mente si fa impietosamente spazio, come una tempesta, il cambiamento espressivo avvenuto dal primo istante in cui la donna ha visto quello che probabilmente era il suo amante, al terzo secondo che lo ha osservato: Prima incantata da quella che probabilmente alla sua vista pareva una visione celeste, poi irritata, arrabbiata e furiosa.
Quell'uomo la rendeva dunque felice nonostante quelli che il discorso della fanciulla definiva " frequenti qui pro quo" da lui commessi nel passato.
Le domande che quindi si stanno addentrando nel mio inteletto, pargono ovvie!:" La donna era felice, non del tutto, ma lo era! Nonostante ciò aveva rinunciato a ciò che le procurava almeno parte della gioia che desiderava, perciò:Vale la pena rischiare? Avrebbe potuto non trovare più qualcuno che la rendesse del tutto soddisfatta, o peggio ancora non sarebbe riuscita a trovare una persona che la appagasse neanche quanto lo faceva l'uomo che lei stessa aveva precedentemente mandato via. Giusto? Oppure bisogna essere fiduciosi nel futuro? Lanciarsi a capofitto nell'incertezza, sperare che questa sia generosa e ti accompagni naufrago su di un'isola anziché lasciarti affogare? E vale la pena sperare di risvegliarsi su di una nuova isola? Aprire gli occhi su una riva che per quanto tu conosca potrebbe benissimo essere l'orlo del paradiso quanto quello dell'inferno?

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jan 03, 2018 ⏰

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