Cap. 20

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Sono molto nervosa. Ancora non riesco a capacitarmi di cosa sia riuscito a fare, di cosa abbia avuto il coraggio di dirmi. Non ha avuto peli sulla lingua in quel momento e di certo non li avrò nemmeno io in una prossima occasione. Mi sono ritrovata a costruire armi delle quali non conoscevo neppure il nome, le fattezze, i materiali... e tutto ciò per aver seguito un suo ordine, per essermi sottomessa al suo "potere". Non dovevo dargliela vinta, nonostante sia un individuo più sicuro di me o con maggiore esperienza all' interno del villaggio, non mi importa. Saprò cosa fare, escogiterò qualcosa.
I minuti scorrono lentamente, accompagnati dal rumore fastidioso delle foglie mosse dal vento. Ho sempre trovato strano questo suono, un suono di qualcosa che si sta spezzando, che sta per essere sbriciolato dal tempo che avanza di secondo in secondo. Ed i fili di erba, qua è là di un giallo ocra, bruciati dal sole, qua è là floridi, verdi e rigogliosi. Stanno danzando a ritmo delle note musicali prodotte da quella gentile brezza che sfiora la mia pelle.
Intorno a me il silenzio, nessuno e niente. Solo io e queste stupide armi.
Dov'è finito Martijn? Sarà ancora dentro a quella casetta di legno? È da un po' che se ne sta lì. Forse dovrei... andare a controllare? Nel frattempo mi sono fermata, con gli utensili tra le mani sporche e ferite. Sto guardando la porta di legno di quella piccola costruzione, mentre la mia mente elabora sempre più pensieri e domande. Il mio istinto mi spinge ad andare a controllare, non è possibile che sia rimasto lì dentro per così tanto tempo. Non vorrei che mi avesse lasciata da sola. Ne sarebbe capace, lo so. Voglio evitare che accada, non voglio che mi venga fatto ciò. Sono una ragazza, non un oggetto da lasciare incustodito ai piedi di un albero.
La curiosità è troppa. I punti interrogativi nel mio cervello li sono altrettanto.
Lascio cadere a terra le lance e mi dirigo da lui, con la mano tesa in avanti, pronta ad afferrare la maniglia della porta.
Avverto una strana sicurezza mentre cammino. Come se fosse il mio corpo a ragionare e a condurmi. Mi lascio trasportare e faccio cigolare la porta, tirandola verso di me.
Filtra la luce all' interno della costruzione ed è visibile la polvere che fluttua. La stanza è piena zeppa di qualsiasi genere di cose: attrezzi, finimenti per cavalli, di tutto.
E Martijn.
Sdraiato su un' asse di legno, simile ad un tavolo. Ha gli occhi chiusi e le labbra socchiuse.
Sta dormendo.
La mia rabbia in questo momento è ineguagliabile a quella precedente. Percepisco una lieve scossa sul palmo delle mani, che si intensifica sempre più. Il mio respiro si fa profondo e poco alla volta realizzo ciò che sta accadendo davanti ai miei occhi.
Si è solamente servito di me.
Vorrei che James ne fosse al corrente. Non esiterò a parlargli. I patti erano chiari. Avrebbe dovuto insegnarmi, tra poco ci sarà la Luna Blu e non voglio deludere nessuno. Ho già passato troppi brutti momenti da quando sono qui.
Senza pensarci due volte, urlo il suo nome più forte che posso, in modo da svegliarlo. Non voglio sembrare la solita ragazzina sottomessa da tutti, priva di forza, insicura o debole. So di avere coraggio.
Il ragazzo, all' udire la mia voce, non sembra essersi spaventato dal tono.
Come se qualcuno, molto tempo fa, gli avesse sequestrato le emozioni. Apre dolcemente gli occhi e mi guarda. Tengo i pugni chiusi e la mascella serrata. Dopo poco Martijn si tira in piedi sbadigliando e stirando i muscoli delle braccia. Si sistema l' orlo della maglietta prima di parlare.
« Hai finito? » Domanda tranquillamente. È tutto normale per lui? Doveva andare così?
« Si, ho fatto. » Rispondo cercando di sottolineare il tono irritato della mia voce. Sembra però non comprendere quello che provo. Finge di non capire.
« Ottimo, mostramelo. » Continua subito dopo.
Non mi concede nemmeno il tempo di controbattere. Mi passa accanto, sorpassandomi, sfiorando la mia spalla e dirigendosi verso la porta.
Avrei voluto dirglielo. Avrei voluto dirgli tutto ciò che penso, ciò che in realtà non rivelo, ciò che in realtà le persone non conoscono di me. Probabilmente non mi conosco nemmeno io. Sono solo in grado di pensare. Penso, penso, penso troppo, immagino situazioni che non riuscirei mai a portare in vita, rifletto su cose che neanche concepisco. E non agisco. Mai.
È in questo istante che le mie mani, chiuse a pugno lungo i fianchi, si rilassano, si lasciano andare.
Lo seguo fuori da quell' ammasso di legna, ignara di ciò che mi attende all' esterno. Vuole vedere le armi che ho costruito. Vuole valutare il lavoro che sono riuscita a compiere in poco tempo, il lavoro di cui non conoscevo nulla.
Una lancia ed un coltello. Li prende tra le mani, uno alla volta. Li osserva scrupolosamente dopodiché, senza dire nulla, scaglia la prima contro la corteccia dell' albero poco distante. L'arma, non appena viene a contatto con il tronco, si spezza a metà. Solamente la punta rimane piantata.
Martijn rivolge il suo sguardo gelido verso di me.
« Dovrai lavorarci. » È tutto ciò che esce dalla sua bocca.
Parla Allison. Diglielo. Urla.
Non sopporto più tutta questa tensione, è troppa.
« Martijn, non so nulla di tutto questo, come credi che possa essere in grado di costruire una lancia? »
I suoi occhi si abbassano sul coltello che tiene ancora tra le mani e lo fa roteare tra le dita, senza timore di tagliarsi. Con un gesto rapido, scaglia pure questo contro lo stesso albero.
Esso si pianta perfettamente e rimane immobile sulla corteccia.
Sono stupita, non so se lo sia pure lui.
« Non era male. » Afferma sempre mantenendo il tono della sua voce calmo e basso.
Non riesco a rispondere subito. Le miriadi di informazioni mi bloccano, cercano di tenere la mia bocca sigillata ed i miei piedi fermi. Ma non ci riusciranno.
« In ogni caso, non sono qui per questo. James mi ha assegnata a te per - » « Per imparare a combattere. Lo so. » Mi interrompe girando gli occhi all' insù.
Infastidita continuo « Esatto. »
« Impara a costruirti una lancia come si deve e poi ne riparliamo. » Alza un poco la voce.
« Ci siamo passati tutti. Tocca a te ora. » Continua avvicinandosi a me sempre di più. « O preferisci diventare cibo per gli animali? » Ora si trova a pochi centimetri dal mio viso. I suoi occhi mi fanno venire i brividi, più di quanto possa farlo la frase che le sue labbra hanno appena scandito. E lo odio. Odio le dannate sensazioni che mi fa provare.
« Prima costruisci la tua arma e prima imparerai a cacciare. Non se ne parla di andare là fuori a mani vuote, ragazzina. »

|| SPAZIO AUTRICE ||

Ragazzi, scusate tanto l'assenza. Ho avuto dei problemi con la pubblicazione del capitolo e con la continuazione della storia. Spero di farmi perdonare con questo capitolo. Fatemi sapere se vi piace, ci tengo tanto.
Grazie come sempre per le visualizzazioni e le stelline.
Un bacio.

~ Valeee

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