«Odette» mi chiamò. «Voglio fare una torta alle mandorle da portare questa sera a casa di Lorenzo» disse con una voce insolitamente dolce, come se avesse dovuto chiedermi un favore da un momento all'altro.
«Ma mi mancano le uova..» continuò.
Avevo da subito intuito quel che dovevo fare. Annuì sorridendo, la guardai negli occhi stanchi con aria rassicuratrice, come a dirle: «Tranquilla mamma, ci penso io». Saltai sul super motorino cadente a pezzi che mi attendeva nel cortile malandato dietro casa, quello che pochi giorni prima avevo verniciato riuscendo a renderlo quasi bello.
Sfrecciai in mezzo alla strada dove macchine, motorini, camion e furgoncini dei gelati affollavano la città e mi diressi verso il supermercato più vicino.
«Le uova, le uova.. dove siete?» sussurrai infantilmente tra me e me.
«Qua no, là nemmeno, boh». Mi guardai intorno e vidi qualche metro più a destra un'anziana signora dall’aria di sapere dove fosse ciò che cercavo..
«Mi scusi, sa dirmi dove posso trovare le uova?» Osai. Ma l’anziana all’apparenza così gentile si rivelò una vecchia sulle sue e facilmente irritabile; fece in tempo a lanciarmi un'occhiata minacciosa prima di indicarmi con un gesto sforzato, appena accennato uno scaffale azzurrino al fondo del bancone di gelati.
«Molto gentile» ringraziai.
Sul ripiano più in alto scorgevo una serie ci confezioni bianche con la scritta rossa. Subito realizzai di essere troppo bassa per arrivarci senza far cadere qualcosa e farmi riconoscere con uno dei miei soliti disastri.
Mi voltai e notai poco più in là uno scalotto, di quelli piccolini con solo un paio di scalini; erano sufficienti per abbrancare quattro uova senza troppi danni.
Mi guardai i piedi.
Lo sentivo traballare sotto le gambe, non riuscivo a mantenere l‘equilibrio. Stavo per cadere con tanto di frastuono e un minimo di scompiglio successivo assicurati. Mi stavo preparando a un’epica figura di merda, sgridata per aver importunato i clienti e magari anche uscire senza aver comprato niente.
Fortunatamente, inaspettatamente, nulla di tutto ciò accadde.
Improvvisamente mi sentii afferrare ai fianchi. Era un paio di mani forti, maschili probabilmente: mi trasmettevano una strana sensazione di calore mista a sicurezza.
Capii che qualche buon uomo mi aveva appena risparmiato una caduta più che certa, così mi voltai.
Era un giovane ragazzo, sui vent’anni, mediamente alto e magrolino. Il viso graziosamente incorniciato da corti e disordinati riccioli neri come il carbone ma lucidi quasi più di un bicchiere lavato con Prill. Un enorme paio di occhi color castagna mi fissavano sorridendo.
Lo guardai sorpresa e allo stesso tempo imbarazzata. Non riuscii a dir niente fuorchè un’enigmatico sorriso.