Capitolo 37

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37. Relativism

Qual è il limite che la mente umana è disposta a superare? Fino a dove l'umanità si spinge per raggiungere i propri scopi? Cos'è giusto e cosa sbagliato, cos'è bianco e cos'è nero? Perché ciò che io penso sia giusto per un'altra persona è sbagliat...

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Qual è il limite che la mente umana è disposta a superare? Fino a dove l'umanità si spinge per raggiungere i propri scopi? Cos'è giusto e cosa sbagliato, cos'è bianco e cos'è nero? Perché ciò che io penso sia giusto per un'altra persona è sbagliato?
Relativismo.
Tutto è relativo, e questo è fonte di guerra e conflitti, di incomprensioni e dispiaceri.
Ognuno dovrebbe imparare ad accettare le opinioni altrui, senza criticare o giudicare, ma ovviamente ciò non avviene. L'uomo sembra tanto grande e potente, ma poi si perde in un bicchier d'acqua e tutta la sua grandezza svanisce a causa dell'incapacità di guardare il mondo in modo oggettivo.

C'era qualcuno che mi chiamava costantemente con un numero sconosciuto e finalmente il giorno prima aveva parlato.

"Ciò che stai facendo è sbagliato." erano state le uniche parole che si era degnato di pronunciare. Parole che mi avevano raggelato il cuore e confuso la mente. Chi poteva avere interesse nel chiamarmi insistentemente e dirmi una cosa del genere? Cosa stavo sbagliando e, soprattutto, perché a questa persona sembrava importare così tanto?

«Ehi» Alex mi accarezzò i capelli. «a che pensi?» mi sorrise.
Eravamo sdraiati sul letto della sua stanza, io con la testa poggiata sul suo petto e lui con la mano intorno al mio fianco.

Non gli avevo detto nulla e niente avevo intenzione di dirgli. Non volevo farlo preoccupare inutilmente, forse era solo uno scherzo di cattivo gusto e io mi stavo facendo inutili viaggi mentali.

«Nulla in particolare» alzai le spalle e cominciai a giocherellare con il braccialetto che Alex portava sempre al polso. Avevo notato che tendeva ad indossarlo spesso solo quando aveva dormito a casa mia e, appena si era svegliato, aveva immediatamente indossato il bracciale che aveva tolto la sera prima. Era uno di quei semplici bracciali d'argento che, per lui sembrava avere un enorme significato.

«Ti piace?» con un cenno della testa indicò l'accessorio con cui stavo giocherellando.
«Sì» annuii con un sorriso.
«Me l'ha regalato mia mamma»
Cercai il suo sguardo e il cuore si spezzò quando vidi quell'espressione sofferente, piena di dolore.

«Adoro quando mi parli di lei» ammisi.
Era bello, mi faceva sentire parte della sua vita e il pensiero che lui si fidasse di me, a tal punto da raccontarmi di lei, mi rendeva felice.

«Io con te adoro parlare di tutto» mi stampò un bacio sulle labbra.
«Allora anche il temibile Alexander Blake ha un lato dolce» sorrisi.
«Non dire così» si passò una mano tra i capelli, imbarazzato. Non capivo perché i maschi avessero paura di mostrarsi sensibili. Insomma, siamo tutti esseri umani e ognuno ha i propri punti di forza e le proprie fragilità, non ha senso nascondersi.

«Oh sì invece, sei un dolcetto al cioccolato» con l'indice gli toccai la punta del naso.
«Katy, smettila» si stava spazientendo. Ciò mi spinse a non smettere.
«Un cioccolatino» mi misi a sedere come se avessi avuto un'illuminazione improvvisa. «Alex the dark chocolate» provai a trattenere le risate, cosa impossibile a causa della sua espressione inorridita. «Dai, ho aggiunto anche "dark" per dare di più l'impressione del cattivo ragazzo» Misi il broncio perché lui non capiva mai la mia genialità.

«Quando hai finito di prendermi in giro avvertimi, grazie» sembrava seriamente arrabbiato. Non pensavo se la sarebbe presa così tanto e, quando vidi la sua espressione irritata, pensai di avere veramente esagerato. Forse avevo toccato un tasto dolente, cosa molto probabile dato che sembrava averne molti.

Mi avvicinai a lui e gli misi una mano sulla spalla.
«Ehi, te la sei...» non ebbi nemmeno il tempo di finire la frase che mi ritrovai sdraiata di schiena.
«Adesso ti faccio vedere come so essere dolce» si posizionò tra le mie gambe e avvicinò il suo viso al mio.

Mi sentii il fiato mancare e non riuscivo a pronunciare nemmeno una parola. Il cuore batteva a mille, in attesa del bacio tanto aspettato. Era arrivato il momento e, quella volta, sarebbe stata anche migliore della prima perché sarebbe stato con lui.
Fece sfiorare le nostre labbra e la mia bocca era già pronta ad accogliere la sua, ma le sue labbra cambiarono direzione.

«Alex» mugolai, disapprovando la sua scelta.

«Sshh, amore, lascia fare a me» sussurrò a pochi millimetri dal mio orecchio.
Sentii la sua lingua accarezzare la pelle del mio collo e alzai ulteriormente la testa per facilitargli il lavoro. Era una dolce tortura fatta di morsi e baci; una tortura che incendiava il corpo e inebriava la mente. Avrebbe lasciato di sicuro qualche segno, ma non mi importava, lui poteva fare tutto, ormai ero sua.

«Baciami, ti prego» non ero più in me, tutto ciò che dicevo o facevo era fuori da ogni mio controllo.

«Aspettavo solo che me lo chiedessi» la voce roca, piena di desiderio.

Le sue labbra premettero contro le mie con foga che, senza opporre resistenza, gli concedettero un permesso che non doveva più chiedere. Ogni volta era un'emozione diversa. Il mio corpo non avrebbe mai smesso di rispondere allo stesso modo ad ogni suo tocco. La passione aveva la meglio e la razionalità svaniva, lasciando spazio solo al nostro desiderio. Desiderio di essere amanti, di essere accettati, di cancellare un passato troppo oscuro per entrambi.

Le sue mani erano ovunque, la sua bocca era lentamente arrivata alla pancia, che la maglia lasciava scoperta. Mi guardò, quasi come se cercasse un'approvazione. Non potei fare altro che annuire, in attesa del piacere che di lì a poco sarebbe arrivato.

I nostri piani furono interrotti, quasi come ogni volta. Qualcuno aprì la porta ed entrambi scattammo a sedere. Quando vidi la persona che era entrata, avrei tanto voluto possedere il potere dell'invisibilità o meglio, il potere di poter cancellare la memoria alle persone.

«Ho interrotto qualcosa?» il signor Blake ci guardò con la sua solita inespressività che mi metteva i brividi.
«Anche se non avessi interrotto qualcosa, tu dai sempre fastidio» Alex si mise sulla difensiva, come ogni volta in cui lui e suo padre erano nella stessa stanza.

I due cercavano sempre di evitare ogni contatto. Quando il padre era in casa Alex usciva, mentre se Alex era già in casa il padre si rinchiudeva nel suo studio. Mai un pranzo insieme, mai una cena in famiglia.

«Ti devo parlare» disse quasi come se fosse stato un ordine. «In privato» aggiunse guardando la sottoscritta.

Capii di essere di troppo e feci per alzarmi, ma il braccio di Alex mi bloccò, avvicinandomi ancora di più a sé.
«Lei rimane, non c'è niente che tu non possa dirmi in sua presenza» guardò il padre con uno sguardo che non ammetteva repliche e, se non l'avessi conosciuto, mi sarei veramente preoccupata del tono che aveva utilizzato.

- Roselinde è in città. - quelle semplici parole bastarono per far svanire tutti i colori dal viso di Alex.

«Cazzo» diede un pungo al comodino, facendomi sobbalzare. Quello sguardo non riuscivo a riconoscerlo. Era un Alex che non avrei mai voluto vedere.
Non l'avevo mai visto così, tranne quella volta a Natale in cui il padre aveva nominato la madre.
Non avevo idea di chi potesse essere questa Roselinde, né avevo idea del perché il suo ritorno avesse provocato la rabbia di Alex. Ipotizzai che fosse qualcuno di importante, che aveva a che fare sia con Alex che col padre, qualcuno proveniente dal passato del mio ragazzo.

«Katy, è meglio che tu vada via» il padre di Alex mi guardò e quella volta fu lui a non ammettere obiezioni.

Lo guardai infastidita e mi rivolsi al mio ragazzo «Alex, tutto bene? - gli chiesi preoccupata, ma non ricevetti risposta alla mia domanda.

«Fa come ti ha detto mio padre»
Erano bastate sette parole per mandare in frantumi tutta la felicità che avevo provato fino a quel momento ed era bastato un solo nome per mandare a puttane tutte le belle parole che mi aveva detto Alex.

Uscii dalla stanza umiliata, con delle lacrime agli occhi che non avrei mai e poi mai versato per una sciocchezza del genere. Ciò che però non sapevo era che da lì a qualche giorno ne avrei versate molte di più per un qualcosa di molto più grave.

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